Ananke: ineluttabilità del fato o opportunità di senso

Il concetto di Ananke come elemento di senso esistenziale che emerge dall'accettazione serena dell'ineluttabilità del fato
Ananke necessità e inevitabilità del fato
Ananke: necessità e inevitabilità del fato
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In queste pagine abbiamo già ampiamente accennato a qualche riflessione sul destino. Senza dubbio la cultura Greca è tra quelle che hanno maggiormente enfatizzato questo misterioso aspetto dell’esistenza umana. In questo ambito risulta particolarmente affascinante anche il concetto di Ananke.

Si tratta di un aspetto della cultura greca che dovrebbe ricevere grande interesse da parte della psicologia moderna. Esso rimane però pressoché sconosciuto all’interno della comunità psicologica, se non in qualche preziosa nicchia che ne propone un ritratto che suscita grande curiosità. Si veda ad esempio questo video riportato nel sito del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato dal compianto Prof. Aldo Carotenuto, dove la figura di Ananke viene considerata in rapporto al processo Junghiano di Individuazione.

Significato del termine Ananke

Nella letteratura greca il termine Ananke (Ἀνάγκη, Anánkē) assumeva il significato di “necessità, inevitabilità, costrizione” (Wikipedia, Ananke). Nella religione greca antica “è la dea del destino, della necessità inalterabile e del fato” (ibidem).

L’assunto di fondo è che esistono eventi che si manifestano semplicemente “per necessità”, contro i quali è del tutto inutile opporsi o sperare di modificarli. Come se nell’ordine universale delle cose, e parimenti nel “destino” particolare di ciascun essere umano, vi fossero aspetti dotati di una sovraordinata ragione di esistere e manifestarsi. E tutto questo, indipendentemente dalla nostra capacità di comprenderli o dalla nostra disponibilità ad accettarli.

Nella nostra moderna cultura “positivista”, autodefinita più razionale e realista, un concetto come questo farebbe sorridere molte persone. Eppure ci si rende facilmente conto di quanto sia del tutto ingenuo il punto di vista secondo il quale il corso del nostro destino sia completamente nelle nostre mani.

Fino a quando tutto procede secondo le nostre aspettative tendiamo a mantenere la convinzione di avere il pieno controllo degli eventi. Ma bastano anche solamente dei piccoli “incidenti di percorso” a sollevare il dubbio su quanto possa non essere particolarmente realistica questa convinzione.

Ananke, una riflessione psicologica

Ananke è dunque un concetto che esprime la consapevolezza che esistono avvenimenti, di varia natura, che si presentano nella nostra vita in maniera del tutto inevitabile e indipendente dalla nostra volontà. E’ certamente al di là di ogni dubbio che possiamo fare molto per determinare il nostro destino. Ed è addirittura doveroso impegnarsi costantemente per realizzare i propri scopi esistenziali.

Ma per quanto forte possa essere il nostro potere di autodeterminazione, non possiamo ritenerci al riparo da eventi o esperienze che possono condurci, anche forzatamente o addirittura nostro malgrado, ad orientare la luce della nostra consapevolezza verso aree della nostra esistenza che sarebbero altrimenti rimaste nell’oscurità dell’inconsapevolezza.

Potremmo dunque non incontrare mai la forza di Ananke lungo il nostro cammino esistenziale. Se però questo accade, sta a noi scegliere se accettare gli inevitabili cambiamenti come fonte di crescita psicologica e spirituale, oppure se maledire il giorno in cui hanno fatto la loro comparsa nella nostra vita.

Se consideriamo Ananke come il manifestarsi di eventi portatori di opportunità e di senso nella nostra vita, possiamo renderci conto che ciò che percepiamo come causa di sofferenza, di conflitto o di turbamento può essere nel tempo rielaborato ed accettato. Possiamo renderci conto che l’inevitabilità o l’ineluttabilità di determinati eventi nella nostra vita, alla fine può essere accolta come un elemento che ci pone a contatto con il nostro Daimon, secondo la definizione di James Hillman.

E così, ciò che è causa di dolore, se saggiamente rielaborato ed accettato, può divenire una fonte preziosa di realizzazione di sé, secondo una prospettiva spirituale molto più ampia rispetto a quanto può essere raggiunto attraversando la vita in una tanto desiderata condizione di stabilità e serenità.

Ananke, resistenza e resilienza

Oggi si parla spesso di resilienza, ma si tende a confondere questo concetto con quello più generico di resistenza. “Resistere agli eventi della vita” significa sostanzialmente impegnarsi a combattere contro tutto ciò che non è favorevole al nostro benessere. Si tratta naturalmente di un impegno doveroso, anche a favore delle persone verso cui abbiamo delle responsabilità. Ma come dovremmo comportarci quando il potere di Ananke si impone sulla nostra vita?

Ed è a questo punto che è più opportuno parlare di resilienza intesa come la capacità di rigenerare sé stessi, come la fenice che rinasce dalle proprie ceneri. La resilienza così definita nasce sulle fondamenta di un sincero sentimento di accettazione, che conduce a fare pace con la vita e con tutto ciò che percepiamo come fonte di dolore.

Questo tipo di crisi diviene quindi un’opportunità di espansione di coscienza e, non di rado, di sviluppo di una inaspettata consapevolezza spirituale relativa al senso della propria esistenza. Quando siamo davvero in grado di osservare le cose da una prospettiva di maggior integrazione ed elevazione, tutto ci appare dotato di senso. Persino la “necessità” ci appare caratterizzata da un senso profondo.

Il fattore “necessità” nella vita e nel lavoro psicologico

Ho avuto il privilegio di incontrare persone di grande saggezza, sia nella vita personale che nel lavoro di psicologo. Queste persone mi hanno dimostrato come sia possibile trovare nella proprie esistenza un equilibrio molto più stabile e una gioia molto più autentica imparando ad accettare Ananke piuttosto che a combatterla o maledirla.

E ciò è apparso tanto più vero quanto maggiore era la vicinanza a quella Junghiana condizione in cui i problemi non appaiono risolvibili, ma solamente superabili grazie ad una sopraggiunta elevazione di coscienza. Sta dunque a noi accogliere Ananke come una temibile fonte di sventura, o come il dispiegarsi di un fattore di “necessità” che ci può condurre a sviluppare le nostre migliori qualità spirituali, una volta risvegliati, temprati e illuminati da ciò che nella nostra vita si è imposto come fattore di ineluttabilità.

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