Non è difficile rendersi conto che ognuno di noi potrebbe elencare una certa quantità di torti subiti nel corso della propria vita, o quantomeno di episodi definibili come tali secondo il proprio personalissimo punto di vista.
Già, perché non sembra per niente facile definire oggettivamente un “torto subito”. In linea di massima lo si può fare solo rapportando una determinata esperienza alla percezione che in maniera altamente soggettiva appartiene a ciascuno di noi.
Ognuno di noi reagisce ai torti subiti con una gamma di emozioni senza dubbio in parte culturalmente condivise, ma non meno legate anche ai propri specifici tratti di personalità.
Credo non sia difficile rendersi conto che rimuginare sui propri torti subiti richieda un dispendio notevole di energie psichiche, che potrebbero essere investite in attività molto più produttive. Più difficile è forse rendersi conto che in un modo o nell’altro siamo noi a decidere di voler rimanere aggrappati ad essi, con una forma di attaccamento che possiede qualche forma di vantaggio.
I vantaggi secondari dell’attaccamento ai torti subiti
L’attaccamento ai torti subiti ridesta di continuo e in senso negativo le nostre emozioni, ma ha il vantaggio secondario di deresponsabilizzarci. Fino a quando possiamo ritenere gli altri responsabili delle nostre difficoltà, dei nostri mancati successi o delle opportunità perdute, abbiamo una valida giustificazione per non decidere di spezzare le catene che ci tengono prigionieri del passato.
Non siamo disposti, in altri termini a riconoscere che spetta a noi stessi saper andare oltre e riguadagnare la libertà mentale rispetto a questo specifico blocco.
La pratica del distacco
Un modo per poter procedere in questa direzione è la pratica del distacco. Ciò non implica assolutamente far finta di niente, e nemmeno assumere un atteggiamento di illusoria indifferenza. Ciò che non è correttamente rielaborato, non può essere allontanato dalla nostra sfera psichica.
Continuerà ad agire, ma in maniera più subdola, intralciando la nostra serenità e il corretto uso in senso creativo delle nostre energie mentali.
Si tratta dunque prima di tutto di accettare che le cose sono andate diversamente da come avremmo desiderato. Si tratta di fare pace con le nostre emozioni, accettando il fatto che non possiamo più risolvere questo problema ma, come affermava Jung, lo possiamo comunque superare.
Un’immagine significativa, tanto cara a Roberto Assagioli per descrivere questo tipo di atteggiamento basato sul distacco, è quella dell’uomo che, dalla cima di un monte, osserva un temporale nella valle. Il temporale c’è, ma siamo nella posizione di poterlo osservare con distacco.
Torti subiti e perdono
La seconda modalità con cui possiamo intervenire sulla percezione dei torti subiti è la capacità di perdonare. Il perdono più autentico non è un banale gesto che si compie in favore di altre persone. Non è nemmeno un gesto di debolezza. E’ più propriamente un’azione di liberazione intrapresa a favore del proprio cuore.
Un antico aforisma (da alcuni attribuito al Buddha) afferma che dovremmo perdonare non perché gli altri lo meritano, ma perché noi meritiamo la pace.
Il gesto del perdono è in grado di metterci nella condizione di spezzare il circolo vizioso del “bisogno di punire”, per entrare nel circolo virtuoso dell’apertura a nuove energie creative.
Il perdono è, in un certo senso, un agente di liberazione e rinnovamento che spezza i vincoli dell’attaccamento ai torti subiti. Il perdono ci pone nella condizione di aprirci con saggezza a nuove opportunità di vita.