Il concetto di autorealizzazione è molto probabilmente uno tra i più utilizzati quando si cerca di descrivere il fine dell’agire umano e la relativa ricerca di senso. Abraham Maslow, nel suo testo “Verso una Psicologia dell’Essere” ha cercato di mettere in evidenza come la Psicologia avrebbe dovuto occuparsi molto più concretamente degli aspetti diversi da tutto ciò che è riconducibile alla psicopatologia.
Il rischio che lui individuava era infatti quello di rinunciare a dare la giusta valorizzazione a tutto ciò che è legato allo sviluppo psicologico e spirituale dell’uomo. Questo testo di Maslow risale agli ani Sessanta, ma i contenuti in esso presentati sono senza dubbio utili anche ai nostri giorni.
Vorrei pertanto riportare qualche frase che ho trovato piuttosto interessante, e che nell’ottica di un confronto sul tema dell’autorealizzazione potrebbe senza dubbio offrire qualche prezioso spunto di riflessione.
Si parla infatti molto spesso di autorealizzazione in ambito professionale, o più in generale quale elemento che descrive il pieno successo nella vita, basato per lo più sul maggior benessere possibile in ambito materiale ed affettivo.
L’inquietudine profonda che oscura il cuore di alcuni individui è però la testimonianza che, seppur molto più raramente, vi sono forme di autorealizzazione che non possono prescindere da un serio confronto con la parte più nobile e trascendente di sé stessi.
Autorealizzazione o adattamento?
“Ogni epoca, all’infuori della nostra, ha avuto un proprio modello, un proprio ideale. La nostra cultura li ha scartati tutti: il santo, l’eroe, il gentiluomo, il cavaliere, il mistico.
E quasi tutto ciò che ci è rimasto altro non è se non l’uomo ben adattato e privo di problemi, in realtà un surrogato estremamente pallido e dubbio.
Saremo forse presto in grado di impiegare, a nostra guida e modello, l’essere umano che pienamente si sviluppa e realizza se stesso, quello nel quale tutte le potenzialità giungono alla totale pienezza, quello la cui natura interiore si esprime liberamente, anziché venir deformata, repressa o negata”.
E i modelli scartati dalla cultura già al tempo di Maslow non hanno certamente fatto ritorno. Oggi è molto difficile definire con chiarezza quali sono i modelli che ispirano le persone senza scadere in banalità o luoghi comuni. Qualsiasi cambiamento culturale o sociale alla fine porta opportunità.
Non è scontato che conduca ad un miglioramento. Offre però sempre un’opportunità, se solo abbiamo il coraggio di coglierla. La nostra responsabilità non è quindi quella di giudicare i modelli che cambiano, ma quella di cogliere questa opportunità per trarne il meglio per noi stessi e per gli altri, diventando persone migliori, indipendentemente da quale sia l’atteggiamento generale verso i nuovi modelli.
Maslow non entra nel merito di questo, ma mette in evidenza un aspetto ancora più importante. La perdita dei modelli che un tempo erano considerati virtuosi non deve condurre ad esaltare la mera ricerca di adattamento ed il semplice evitamento dei problemi.
In altri termini, l’autore sembra affermare che l’autorealizzazione deve essere considerata come una meta il cui compimento vale il pagamento del prezzo di riuscire ad andare oltre la ricerca della serenità e del benessere ad ogni costo.
Essi infatti, se perseguiti all’esterno di un più generale scopo di vita non sarebbero affatto un valore, ma il disastroso risultato dell’allontanamento dell’uomo dalla possibilità di esprimere in pienezza il proprio potenziale.
Il disagio psichico delle persone sane
“L’approccio classico ai problemi della personalità considera i problemi in senso negativo. La lotta, il conflitto, la colpa, la cattiva coscienza, l’angoscia, la depressione, la frustrazione, la tensione, la vergogna, l’autopunizione, il senso di inferiorità o di indegnità, causano tutti dolore psichico, disturbano l’efficienza dell’azione, e sono incontrollabili.
Sono pertanto considerati automaticamente come patologici e indesiderabili, vengono ‘curati’ in modo da eliminarli il più presto possibile.
Ma tutti questi sintomi si riscontrano anche nelle persone sane, o nelle persone che stanno progredendo verso la salute. Supponete di non sentirvi colpevoli, mentre lo siete; supponete di aver raggiunto una felice stabilizzazione di forze, e di sentirvi integrati.
Forse l’adattamento e la stabilizzazione, pur essendo cose ottime nella misura in cui aboliscono il dolore, sono pure pessime in quanto in esse cessa lo sviluppo verso un ideale più elevato“.
Ed è con affermazioni come queste che Maslow invita il lettore a non limitarsi a considerare i sintomi psichici come semplici “problemi da risolvere”. E’ un aspetto su cui ha tanto insistito anche Roberto Assagioli, che ha dedicato un intero testo alla riflessione sul rapporto tra disturbi psichici e sviluppo interiore psico-spirituale.
Lo sviluppo verso un ideale più elevato può avere un prezzo, quello di dover rinunciare a quella tanto ricercata stabilità e integrazione con l’ambiente. Sono sempre stati gli ideali a dirigere la volontà della parte più bella e nobile dell’umanità, indipendentemente dal costo in termini di rinunce, sacrifici e dedizione richiesti.
Ciononostante buona parte dei modelli psicologici oggi dominanti insiste nel ridurre il benessere dell’uomo alla realizzazione di un ottimale equilibrio con l’ambiente. Sono modelli che spiegano perfettamente una fetta molto ampia della realtà psichica in generale, ma non sono in grado di rendere conto del comportamento degli individui in cui vi è un forte anelito ad una forma di piena autorealizzazione come quella descritta da Maslow.
Per questa ragione sono nate e si sono evolute nel tempo anche visioni della psicologia come quella Umanistica e poi quella Transpersonale. Vi è infatti la necessità di offrire un supporto psicologico pienamente rispettoso delle esigenze di natura psico-spirituale anche a persone che soffrono principalmente per il fatto che il loro anelito alla piena autorealizzazione incontra ostacoli che mettono a grande prova l’equilibrio interiore.
Esperienza Immaginativa e Autorealizzazione
Nel mio lavoro mi trovo ovviamente spesso ad ascoltare vissuti di sofferenza e disagio psicologico che non sembrano di per sé avere alcuna caratteristica clinicamente rilevante. Sono semplicemente manifestazioni di inquietudini interiori che si annidano nel cuore di persone che per tutti i restanti aspetti della loro vita sono perfettamente integrate, professionalmente e socialmente. La prudenza deve in ogni caso essere estrema in questi casi.
Di norma non incoraggio mai le persone ad intraprendere un percorso di tipo spirituale, persino se ne manifestano una grande inclinazione. Ciò può essere effettuato in sicurezza non prima di aver affrontato e sanato qui conflitti interiori che se ignorati potrebbero condurre al fenomeno del bypass spirituale, a cui abbiamo accennato in un precedente articolo.
Fortunatamente il metodo dell’Esperienza Immaginativa facilita il compito, perchè gli aspetti di trascendenza o transpersonalità emergono spontaneamente solamente quando l’inconscio della persona è pronto ad offrire alla coscienza questo tipo di realtà. Non esistono in questo caso né forzature né inibizioni imposte dall’operatore.
L’immaginario della persona è accolto nella sua integrità e piena libertà, con profondo rispetto e con uno sguardo attento alle necessità di trascendenza, conservando nel contempo una rigorosa attenzione alle eventuali dinamiche psichiche che possano nascondere qualche insidia avente rilevanza clinica.