Stando ai dati riportati nel sito del Centers for Disease Control and Prevention, sei americani adulti su dieci soffrirebbero di qualche forma di patologia cronica. Il numero salirebbe addirittura a otto nelle persone anziane.
Il prof. Wayne Jonas, in un recentissimo articolo riportato sul sito “Psychology Today”, dal titolo “When Your Body Makes the Rules: Living With a Chronic Condition“, afferma l’importanza dell’essere consapevoli del fatto che una malattia cronica, oltre a richiedere adeguate cure fisiche, talvolta necessita di un adeguamento anche importante del proprio stile di vita. In un modo o nell’altro, a seconda del tipo di patologia cronica di cui si soffre, può essere necessario accettare una “nuova normalità” nella propria vita quotidiana.
“Anche se non posso muovermi e devo parlare attraverso un computer, nella mia mente sono libero”
Stephen Hawking
L’impatto di una patologia cronica sulla nostra vita
Le malattie croniche possono essere lievi o gravi, comuni o rare. Come afferma il prof. Jonas hanno però tutte un elemento in comune: hanno inevitabilmente un impatto sul corpo, sulla mente e sullo spirito.
Quando conviviamo con una patologia cronica, la nostra mente rischia di abbandonarsi a pensieri negativi: “E se non ci fossero miglioramenti? E se dovessi smettere di lavorare? Di quanto si ridurrà la qualità della mia vita?”.
In alcuni casi, come afferma l’autore, ci si può addirittura sentire nella condizione di rischiare di perdere progressivamente la propria identità. Ed è tutt’altro che facile mantenere la consapevolezza che la nostra esistenza non si limita alle possibilità espressive del nostro organismo fisico. Tutto ciò in cui ci sentiamo immersi, spesso è solamente tristezza, isolamento e solitudine.
Tendiamo a vivere tutto questo come un’ingiustizia e come una sorta di condanna, che ci allontanerà dalle persone e ci condurrà a perdere importanti opportunità nel presente e nel futuro.
Ricordatevi di guardare le stelle, e non i vostri piedi. Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.
Stephen Hawking
Aiutare sé stessi in presenza di una patologia cronica
Il prof. Jonas, sulla base della sua esperienza medica, offre prima di tutto il suggerimento di fare il possibile per mantenere alcune routine quotidiane non legate alla malattia. Alcune semplici abitudini che hanno sempre fatto parte della nostra vita possono costituire degli elementi di ancoraggio con quel mondo appartenente alla fase antecedente alla patologia cronica da cui ci si sente in qualche modo buttati fuori.
Sarebbe inoltre opportuno avvalersi di un tipo di assistenza medica (ed eventualmente psicologica) che possa essere in grado di incentivare le nostre capacità di accettazione della situazione e ci metta nella condizione di essere stimolati a pensare autonomamente ad alcune soluzioni.
Si tratta in sostanza di sentirsi incoraggiati a percorrere al via della resilienza. È davvero molto importante avere un supporto idoneo a creare le condizioni ideali per sviluppare pensieri di autoefficacia personale nell’affrontare la situazione.
La ricerca di aiuto e vicinanza da parte delle altre persone può costituire un prezioso aiuto. Va tuttavia tenuto in considerazione che i rapporti familiari e/o sociali possono contribuire a migliorare la visione che abbiamo di noi stessi e della situazione, ma possono contribuire anche a rafforzare una visione “pessimistica” della realtà.
Se le persone che fanno parte del proprio ambiente interpretano la situazione con “fatalismo” o in maniera giudicante, non sono certamente di grande aiuto. Diverso è invece il caso in cui risultano preziosi alleati sia nell’affrontare efficacemente la quotidianità, sia nell’aiutarle la persona a guardare alla vita con occhi diversi, orientandola verso la ricerca di quelle preziosità che l’esistenza può ancora offrire.
Il primo e fondamentale bisogno di chi si trova in una condizione di patologia cronica è senza dubbio la ricerca di una comprensione empatica da parte delle persone vicine. Sentirsi ascoltati, trovare comprensione e accoglienza, possono davvero fare la differenza nell’accompagnare una persona costretta dalle circostanze della vita a dover limitare le proprie aspettative.
È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi
Lucio Anneo Seneca
Nutrire la mente e lo spirito
È piuttosto interessante notare che il prof. Jonas offre come suggerimento quello di ricercare la propria forma di “resilienza spirituale“, basata sull’essere più che sul fare. Per alcuni individui possono essere notevolmente di aiuto alcune pratiche come la partecipazione ad attività spiritualmente gratificanti, o l’esercizio della meditazione.
Altre persone possono trarre significativo giovamento nell’assumere un atteggiamento introspettivo, quale fattore di sviluppo di una profondità e uno spessore personale di cui non si aveva consapevolezza in precedenza.
Nel corso della mia vita ho avuto la fortuna di conoscere persone portatrici di patologie di lungo corso, o addirittura invalidanti, la cui saggezza mi ha sempre sorpreso. E forse è proprio “grazie” ai limiti che la vita ha imposto loro che, nel tempo, sono riuscite a trasformare un vissuto doloroso in un prezioso distillato di saggezza da poter offrire agli altri.
Questo significa che vi è in noi, celata nelle profondità, la capacità di accedere a livelli di Significato dell’esistenza umana probabilmente insospettabili in precedenza. Anche le esperienze più difficili possono essere preziose opportunità di resilienza e trasformazione interiore.
Per quanto possa sembrare drammatico, a volte è proprio il dolore a scuotere il nostro animo verso la ricerca di quella velata bellezza della vita che rischierebbe di sfuggire alla nostra coscienza. A volte sono proprio gli ostacoli più importanti a riorientare il nostro sguardo verso quegli spazi di silenzio e di significato profondo così ben espressi dalle parole di Kant:
Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.
Immanuel Kant