Non è raro che, in alcuni ambiti di intervento, venga richiesto o suggerito di tenere un diario psicologico, al fine di monitorare nel tempo l’evolversi di pensieri, emozioni, sentimenti e stati d’animo. Un diario finalizzato ad una seria autoanalisi psicologica o alla ricerca “spirituale” è uno strumento ben più prezioso di una semplice raccolta di pensieri quotidiani, come normalmente invece si presume.
Gestito correttamente, il diario psicologico consente di norma a chi lo compila (ma anche ad un eventuale terapeuta che lo legge) la disponibilità di materiale molto prezioso per l’acquisizione di consapevolezza di sé e per un concreto cambiamento interiore. Se ne fa ad esempio uso negli approcci cognitivo – comportamentali, dove l’obiettivo è quello di analizzare le caratteristiche e le modalità di insorgenza di pensieri disfunzionali, con il fine di conoscerli ed apprendere a sostituirli con altri maggiormente funzionali e utili al benessere psicologico. Meno noto è invece, come vedremo, il valore di questo strumento come mezzo di contatto e comunicazione con il proprio Sé più autentico ed elevato. Da questo punto di vista può essere infatti definito come Diario Psicologico Spirituale. Il termine “spirituale” non deve qui essere inteso come sinonimo generico di “religioso”, bensì come un qualcosa che ha a che fare con il nostro potenziale interiore nella sua più pura e nobile espressione.
Un diario psicologico può innanzitutto avere la funzione molto importante di “canale di sfogo” di energie aggressive e/o frustrazioni, nel momento in cui nessuna altra via è (o sembra) agibile. Mettere per iscritto i propri tormenti aiuta a definirli, ad accettarli e, con l’applicazione di volontà e saggezza, ad avviare un processo che porterà ad una loro trasformazione ed evoluzione. Dovrebbe infatti essere superfluo ricordare che non si tratta qui di trascrivere banalmente le proprie emozioni negative. A questa prima fase, nel tempo deve fare seguito una onesta riflessione sui moventi e sulle conseguenze (su di noi e sugli altri) di questi stati d’animo, con l’obiettivo di conoscerci sempre più approfonditamente e predisporre in noi condizioni di equilibrio e benessere.
Mediante un diario correttamente tenuto possiamo inoltre apprendere a dialogare più intimamente con noi stessi. Possiamo rivelarci a noi stessi. Spesso la nostra vita ci costringe ad operare scelte, a volte facili, altre volte più complesse. Ciò che spesso ignoriamo è che in noi possiamo trovare, con molta più facilità di quanto sembri, preziosissime indicazioni per affrontare la quotidianità con saggezza ed efficacia. Immaginando ad esempio di dialogare con un “vecchio saggio” (o con una figura simbolico-archetipica altrettanto evocativa) possiamo trascrivere le soluzioni che appaiono alla nostra mente, frutto dell’attivazione in noi di quel pensiero creativo e produttivo a cui di norma le persone fanno raramente ricorso. Dialogare con la nostra parte più saggia ci aiuta quindi ad osservare la realtà da prospettive diverse e con gli occhi di chi, sapendo assumere la giusta distanza emozionale, può operare scelte più evolutive e sagge.
Volendoci spingere ancora più in profondità, uno strumento di scrittura come il diario ci può condurre ad instaurare un dialogo non solo con la parte più saggia della nostra personalità, ma anche con il nostro Sé più elevato e nobile, assumendo dunque la funzione già accennata di “diario spirituale”. Oltre ad aiutarci a mettere in luce la situazione presente, questo tipo di esercizio ci aiuta ad orientare i nostri sforzi verso quel modello ideale futuro di noi stessi che abbiamo la possibilità di immaginare, descrivere, conoscere e, nel tempo, realizzare. Tutto deve avere quindi inizio dal trasferimento su un piano concreto (grazie al processo di scrittura) dei prodotti preziosi della nostra immaginazione creativa.
Le nostre intuizioni più limpide e genuine non di rado appaiono “come un fulmine a ciel sereno”, ed è sempre bene procedere ad annotarle il più presto possibile, in modo da poterle analizzare nel dettaglio anche in momenti successivi, scoprendovi particolari che non sempre appaiono evidenti fin dall’inizio. La medesima osservazione può valere anche per i sogni. Se gli psicoanalisti più tradizionali riconoscono nei sogni il prodotto dell’attività dell’inconscio personale, quelli che si riconoscono nella corrente Junghiana accettano normalmente anche l’esistenza di una simbolica archetipica di tipo collettivo, che va oltre l’individualità. Ma molte tradizioni spirituali, sia orientali che occidentali, hanno spesso insistito sul sogno come preziosa fonte di collegamento con ciò che è stato sovente definito “Anima”, “Sè spirituale”, “Sé transpersonale”, ecc.
La minuziosa trascrizione nel proprio diario psicologico delle immagini generatesi in noi durante lo stato di sogno può consentirci di classificarle come semplice prodotto dell’inconscio o di valorizzarle invece come autentiche ispirazioni, grazie all’uso di una saggia discriminazione e l’impiego della nostra sempre più acuta capacità di individuare velate analogie e sottili correlazioni.
Dal punto di vista pratico si tratta semplicemente di allenarsi ad essere il più possibile sinceri con se stessi e sciolti. I nostri pensieri fluiranno sempre più nitidamente e concretamente, offrendoci la possibilità di contare su un aiuto interiore che può guidarci con saggezza lungo le meravigliose strade della vita.