Difficoltà personali e formazione del carattere

Le difficoltà personali non sono necessariamente ostacoli da evitare. Esse possono semplicemente consolidare la forza del nostro carattere
Difficoltà personali e formazione del carattere
Difficoltà personali e formazione del carattere
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Tempi difficili creano uomini forti,
Uomini forti creano tempi facili,
Tempi facili creano uomini deboli,
Uomini deboli creano tempi difficili

Sheikh Rashid

Mi sono imbattuto causalmente nella citazione appena riportata, ed ha inevitabilmente innescato una serie di riflessioni parallele, relative al modo in cui il nostro carattere è inevitabilmente forgiato (o indebolito) dalle esperienze con cui ci confrontiamo.

Oggi si parla molto di resilienza. Siamo abbondantemente consapevoli di come dalle difficoltà possano nascere elementi di forza per il nostro carattere. Forse stiamo però sottovalutando quanto la mancanza di difficoltà possa condurre le persone all’assenza di opportunità di sviluppare intelligenza, tenacia, volontà, spirito di sacrificio, competitività, ecc.

A ben vedere non si tratta però di una questione nuova o inaspettata. Fra i tanti, sembra che questo concetto fosse ben chiaro anche a Carl G. Jung. Il celebre psichiatra svizzero affermava infatti che “l’uomo ha bisogno delle difficoltà: esse fanno parte della sua salute” (1).

Senza difficoltà, sarebbe dunque più difficile rendersi conto di possedere determinate qualità, da quelle più “pratiche”, fino a quelle più complesse e collocabili nell’area della crescita interiore e della trascendenza.

L’atteggiamento verso le nuove difficoltà personali

Oggi non abbiamo più la necessità di affrontare e risolvere molti dei problemi in cui erano impegnati i nostri nonni, e forse nemmeno buona parte di quelli in cui erano impegnati i nostri genitori. Forse sarebbe però più corretto riconoscere che i problemi non sono semplicemente scomparsi. Sono in buona parte diversi. E ad essersi modificato, in ogni caso, è anche l’atteggiamento che abbiamo verso di essi.

I nuovi problemi sono paradossalmente figli del progresso e del benessere. Questo perchè se da un lato il progresso della “tecnica” ci libera da una miriade di difficoltà, dall’altro indebolisce inevitabilmente tutte le funzioni psichiche che sarebbero state indispensabili per risolverle.

Molte persone sono oggi in grande difficoltà nella gestione di problemi che in passato erano molto meno diffusi, legati alla gestione di aspetti emozionali, relazionali e relativi alla realizzazione personale e professionale.

Ma forse è proprio la maggiore debolezza caratteriale che caratterizza l’uomo moderno ad essere alla base della difficoltà nell’affrontare con coraggio e saggezza le nuove complesse sfide che si pongono di fronte al moderno uomo tecnologico.

Le difficoltà del singolo individuo

La citazione riportata all’inizio sembra più che altro rivolgersi alla collettività. Sembra riguardare le generazioni più che il singolo individuo. Riflettendoci, il medesimo concetto è però facilmente applicabile anche alla vita individuale, pur con grandi variabilità soggettive.

Tempi difficili non sempre forgiano individui forti. A volte si. A volte creano però semplicemente una persona con un disagio psichico da cui non saprà risollevarsi. Di fronte a questa eventualità dovremmo quindi chiederci se siamo stati opportunamente esposti anche alle esperienze di vita più impegnative, quelle che richiedono l’apprendimento di adeguate capacità di risposta.

Sia a livello individuale che collettivo sembra che oggi si dia grande importanza al mantenere il più possibile le persone al riparo dalle difficoltà, o dalle cose spiacevoli e dolorose. Questa da molti è percepita come la soluzione al problema della fragilità emozionale sempre più diffusa oggi.

Ma per quanto possa apparire controintuitivo, non sembra essere questa la strada giusta da percorrere, se si desidera contribuire alla costruzione, sia a livello individuale che collettivo, di un buon livello di “antifragilità“.

Possibili riflessioni

Sostanzialmente, la riflessione su cui il presente articolo cerca di focalizzarsi è che non dovremmo mai semplicemente limitarci a maledire le difficoltà. Non dovremmo banalmente cercare di sbarazzarci di esse, o tentare di superarle al più presto e ad ogni costo.

Le difficoltà non sono necessariamente di intralcio alla nostra realizzazione personale o professionale. A volte possono addirittura essere il motore che ci traghetterà verso questi ambiti di sviluppo esistenziale. Possono essere il mezzo grazie al quale può emergere la nostra parte più tenace, volitiva, creativa e saggia.

In un percorso di consulenza e/o sostegno psicologico a volte si possono notare grandi progressi quando la persona comprende che è molto più saggio “accendere una lanterna” che “maledire l’oscurità” (Lao Tsu).

Quando riusciamo a realizzare che pur non essendoci la possibilità di modificare le circostanze è comunque possibile accogliere una particolare condizione come un’opportunità di crescita, allora vi sono i presupposti per rendersi conto che sono proprio i “tempi difficili” a creare donne e uomini più forti.

E in simili circostanze ci si rende addirittura conto del perchè in determinati ambiti della spiritualità orientale si ricorre persino alla “benedizione degli ostacoli”, quale esercizio di consapevolezza e di apertura alla meraviglia della vita, in qualunque forma essa si manifesti.


NOTE BIBLIOGRAFICHE

(1) – Da “La funzione trascendente”, ne La dinamica dell’inconscio, a cura di Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, Torino, 2015.

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