Il Dolore dell’Anima: Quando la tristezza cade in fondo al cuore…

La sofferenza interiore può talvolta assumere l'aspetto di un autentico Dolore dell'Anima. Esso sembra infatti pervadere le nostre emozioni allo scopo di far emergere in noi quanto di più autentico sia custodito nel nostro Sé.
Il Dolore dell’Anima: Quando la tristezza cade in fondo al cuore
Il Dolore dell’Anima: Quando la tristezza cade in fondo al cuore
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…E sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare
Un sottile dispiacere
[…]
Domandarsi perché quando cade la tristezza
In fondo al cuore
Come la neve non fa rumore
[…]
Parlar del più e del meno con un pescatore
Per ore ed ore
Per non sentir che dentro qualcosa muore

Lucio Battisti (Mogol) – Emozioni

Il dolore dell’anima a volte semplicemente si presenta così, come nei versi di questa famosa canzone di Battisti. Le cose sembrano andare bene, come di consueto. Le nostre giornate procedono con quella regolarità che dona sicurezza e spensieratezza. Poi un giorno, senza necessariamente una ragione precisa, qualcosa cambia. Ci accorgiamo dalle piccole cose che un sentimento cupo si sta facendo strada in noi.

Raccolti nei nostri pensieri, non sentiamo più la gioia di incontrare le altre persone. L’interesse per il presente e per il futuro si spegne gradualmente. Talvolta, magari guardando da una finestra, ci rendiamo conto che non stiamo guardando veramente.

Durante una passeggiata nel verde della primavera, possiamo prendere amaramente coscienza del fatto che non notiamo più nemmeno la bellezza dei fiori, il canto degli uccelli o il piacere del sole sulla pelle. I nostri pensieri, le nostre emozioni, un senso di vuoto… sono queste passeggere emozioni ad essere diventate ora la nostra più autentica compagnia.

E così il dolore dell’anima, semplicemente, cade in fondo al nostro cuore. Con delicatezza, senza far rumore. E torna a farsi strada in noi quel sentimento a cui ancora non sappiamo dare un nome. Ma riconosciamo il tocco di quella fredda mano, perchè ha accarezzato spesso le aree più sensibili delle nostre emozioni, fin dai primi ricordi dell’infanzia.

A volte è un vero e proprio malessere, un dolore interiore. A volte è solo uno stato di lieve deflessione del tono dell’umore, che tende però con facilità a seguire la sua via di minor resistenza. Tende cioè a scivolare verso aree di grigiore emozionale sempre più intenso. Se ci arrendiamo al suo invito, se consentiamo al dolore dell’anima di assumere il controllo, la tristezza può mutare facilmente in qualche forma depressiva.

“Il daimon, nel cuore, sembra contento,
perchè preferisce la malinconia alla disperazione.
C’è contatto”
(James Hillman)

La particolarità del Dolore dell’Anima

Col trascorrere dei giorni, delle settimane e dei mesi, ci rendiamo conto che sono tante le giornate in cui ci sentiamo avvolti da dense nubi. Forse troppe. Non sembra esservi traccia nemmeno di qualche raggio di quel sole interiore che in altri momenti abbiamo conosciuto. E tutto questo mentre le persone attorno a noi, tratte in inganno dalla nostra riservatezza e dalla nostra dignità, non sembrano scorgere alcuna traccia della nostra crisi. Vorremmo naturalmente poterci liberare da questo velo, visibile solo a noi, che separa la nostra vita da quella gioiosa serenità che ormai ci attende altrove. Vorremmo sentirci più leggeri, più felici, meno diversi, meno soli.

Ma oltre al quotidiano malessere si fa strada in noi anche un paradosso: qualcosa sembra inspiegabilmente opporre resistenza ad una facile soluzione. Un presagio, un’intuizione o una semplice vaga sensazione, suggerisce alla nostra coscienza che il nostro stato d’animo del momento non è il problema su cui focalizzarsi. Nel profondo del nostro cuore, anche nei momenti più bui, qualcosa ci invita a resistere. Qualcosa ci ordina di Vivere, anche se ci sentiamo morti dentro. Ma come vedremo, questo paradosso è del tutto apparente.

E’ senza dubbio opportuno chiarire che esperienze come queste non hanno a che fare con problematiche di tipo depressivo clinicamente rilevanti. Ciò che qui definiamo “dolore dell’Anima” è una condizione in cui non vi sono sintomi eccessivamente debilitanti. Le risorse dell’individuo, nonostante la seria difficoltà del momento, appaiono idonee al mantenimento di un funzionamento sociale, familiare e occupazionale dignitoso e responsabile.

Il livello di consapevolezza della persona rispetto a ciò che accade è del tutto adeguato a comprendere che la propria condizione ha molto probabilmente a che fare con un disagio di tipo esistenziale, e certamente non con una patologia. L’esito di questo processo è già presentito, o almeno in qualche modo intuito. Dovrà necessariamente essere una presa di coscienza più profonda sul senso della propria esistenza, sul proprio posto nel mondo e sulla natura della realtà che ci circonda.

Fare spazio alla solitudine

La capacità di accogliere e gestire momenti dell’Anima come quelli che stiamo qui descrivendo, ha spesso a che fare con la capacità di tollerare la solitudine. La solitudine avvicina la nostra coscienza al nostro Sé più elevato. Crea le condizioni che ci invogliano a rivolgere all’interno di noi stessi quelle attenzioni che tenderemmo altrimenti a dissipare nel mondo esterno.

Soffriamo, ma quello che stiamo cercando non sembra essere tanto il sollievo da quel momento difficile. E’ qualcosa che, dietro ad esso, sembra nascondersi. Non lo sappiamo ancora definire. Non ne abbiamo un’idea precisa. Sentiamo solo la discreta compagnia di questo dolore, il suo silenzio. E’ come se in quel momento potessimo “vedere attraverso” il nostro dolore. Come se sentissimo che la sua funzione ha uno scopo. Uno scopo che va al di là delle nostre possibilità del momento, ma che riguarda comunque noi stessi nella maniera più profonda.

Questo è un dolore che non fa rumore. Lo viviamo con dignità e con rispetto per noi stessi. Tendiamo a custodirlo nel nostro cuore perchè siamo consapevoli di non poterlo dividere con gli altri. Confidiamo che qualcuno, in qualche modo, ci possa aiutare. Ma è un dolore che richiede lo stare soli. Soli con il nostro cuore. Solo così, probabilmente, possiamo rispondere al misterioso richiamo dell’Anima: focalizzando l’attenzione di quel momento sulla vastità di un mondo interiore ancora in gran parte inesplorato. Una solitudine che colleghi la nostra mente con il nostro cuore, le nostre emozioni umane con i sentimenti più nobili, le nostre riflessioni razionali con le intuizioni più sottili.

Ed è forse nei momenti più bui, quando la notte dell’anima si fa più oscura, che iniziamo a scorgere i primi germogli di speranza e di significato. Le prime luminose gemme di una rinnovata consapevolezza riportano la primavera nel giardino del nostro cuore. Tutto inizia ad essere colorato dai primi raggi di quel sole interiore che poco per volta illuminerà tutto il nostro essere, cancellando ogni ombra. Da quel momento anche il nostro senso di solitudine inizia a diradarsi. Siamo ora più propensi a condividere la nostra esperienza. Negli occhi delle persone che incontriamo siamo ora in grado di vedere chi sta percorrendo gli stessi angusti sentieri.

E vorremmo semplicemente ringraziare la vita per averci donato la capacità di vedere ciò che era sempre stato lì, ma verso cui eravamo ciechi. Non importa quanto possa esserci costato. Le ferite dell’Anima non lasciano scorie di rancore, di orgoglio ferito, o di autocommiserazione. Quello che abbiamo descritto non è un normale processo emozionale.

Può il dolore dell’Anima avere un suo aspetto poetico?

Quando sprofondiamo nella sofferenza interiore, la nostra visione della vita si offusca. Tutto sembra tingersi di un pallido grigio, e l’interesse per il mondo esterno lentamente si ritrae. Ma chiunque sia riuscito a guardare in faccia il proprio dolore dell’anima, chiunque sia riuscendo a trascenderlo e ad aprirsi a quella luminosa consapevolezza interiore che attende alla fine del sentiero, certamente trova un contenuto di bellezza anche nell’esperienza depressiva più impegnativa.

Appare del tutto chiaro che la bellezza, o la dimensione poetica di un momento molto difficile della nostra vita, non ha nulla a che fare con l’autocommiserazione. Chiunque perseveri nell’incolpare la vita, o gli altri, o Dio o il destino per il buio in cui è precipitato, ha davvero poche possibilità di scorgerne la luminosità, nascosta sotto il pesante velo grigio.

Eppure uno sforzo, anche piccolo, in questa direzione può collocarci nella giusta direzione per imboccare la via di uscita. Assumersi la responsabilità della propria vita, delle proprie scelte, degli avvenimenti che la costellano e persino della sofferenza che non possiamo evitare, è uno straordinario primo passo, e un meraviglioso atto di coraggio.

Ad opporsi a questa consapevolezza è spesso il nostro orgoglio. Palesemente o silenziosamente, tenta infatti di scaricare sull’ambiente a noi circostante la responsabilità della difficile situazione che stiamo vivendo. Una citazione già riportata in altri articoli, di autore anonimo e che amo molto, afferma che

diventare adulti comporta la perdita del privilegio di incolpare gli altri per quello che ci accade

E’ la sintesi più completa dell’esatto concetto che intendiamo qui trasmettere. E una volta acquisita questa consapevolezza, inizia ad incrinarsi il guscio che separa la nostra anima da quella luminosa consapevolezza per la quale, dal suo punto di vista, nessun prezzo è mai eccessivo.

Alcuni tra gli autori più importanti sembrano comunque trovare nella depressione una dimensione non solo evolutiva, ma anche di poetica bellezza. James Hillman espone con chiarezza questo aspetto, invitando il lettore a fare tesoro dei momenti difficili della vita:

“La depressione è ancora il Grande Nemico […]. Eppure, attraverso la depressione noi entriamo nel profondo e nel profondo troviamo l’anima. La depressione è essenziale al senso tragico della vita. Essa inumidisce l’anima arida e asciuga quella troppo umida. Dà rifugio, confini, centro, gravità, peso, e un senso di umile impotenza. Fa ricordare la morte. La vera rivoluzione (a favore dell’anima) comincia nell’individuo che sa essere fedele alla propria depressione” (J Hillman, Re-visioning Psychology, 1975, p. 98).

Persino Carl G.Jung sembra incitare all’ascolto attento, umile e coraggioso della voce della sofferenza interiore:

“La depressione è una signora vestita di nero che bisogna far sedere alla propria tavola ed ascoltare”.

E’ piuttosto difficile condividere queste parole quando siamo nel cuore della notte dell’anima. Ma solo a noi spetta il compito di cercare i primi raggi del sole del mattino. Anche quando davvero non sembra esservi alcuna traccia. Per chi sa accogliere e valorizzare la musica dell’anima, anche quando le sue note sembrano fare male al nostro cuore, il premio sarà davvero grande.

Anche Aldo Carotenuto, con il suo stile elegante e delicato, dedica al dolore dell’anima queste preziose parole:

E questo un breve ma preziosissimo momento, in cui una flebile luce rischiara per qualche istante il buio in cui si è immersi. Sono attimi da prendere al volo, in cui si deve decidere rapidamente se distendersi su quel fondale attendendo la morte dell’anima o, viceversa, se trasformare quello stesso fondale in una piattaforma di lancio da cui ripartire ed emergere.

Soltanto chi avrà vissuto sulla propria pelle l’avventura spaventosa e affascinante di un viaggio nei sotterranei della propria anima potrà capire questo discorso, tutti gli altri dovranno accontentarsi di assistere increduli alle evoluzioni della psiche altrui.

Un aspetto veramente interessante della depressione è dato dallo sfacciato contrasto tra la sterilità di giorni trascorsi come creature prigioniere della propria vita, e la grande fertilità del momento in cui si decide di ricominciare a vivere.

In quel momento, infatti, l’individuo porta sulle proprie spalle un pesante carico: si tratta di tutte le esperienze psicologiche e delle riflessioni generate dalla depressione stessa. Che non sono una zavorra, ma un prezioso bagaglio che l’individuo potrà decidere di mettere a frutto.

Da una depressione non si emerge mai come si era prima di sprofondarvi, la depressione è soprattutto metamorfosi e, spesso, arricchimento interiore. La sofferenza dell’anima e la depressione, che di essa costituisce uno dei più “illustri” rappresentanti, divengono spesso scintille da cui divampa un vero incendio creativo, o la volontà di occuparsi di rinnovati interessi.

“…il dolore non è fine a se stesso, ma un mezzo per produrre certi effetti, per insegnare certe lezioni. Quando esso ha assolto queste funzioni, possiamo e dobbiamo dirgli “grazie” e poi lasciarlo indietro risolutamente”

Roberto Assagioli

Il Dolore dell’Anima: Quando la tristezza cade in fondo al cuore

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Ma alla fine, cosa stiamo davvero cercando?

E arriviamo qui alla domanda più impegnativa di tutte. Tutti concordano ormai sul fatto che la depressione, e la sofferenza in generale, possono condurci ad un grado di consapevolezza maggiore. Possono aprire in noi le porte del cuore e accompagnarci verso dimensioni dell’esistenza rispetto alle quali eravamo in precedenza del tutto inconsapevoli. Si, ma a quale scopo? Possiamo anche fermarci qui, affermando che in questo modo la vita assume una ricchezza e una pienezza per le quali pagheremmo ancora volentieri il prezzo del dolore che abbiamo vissuto.

Questa è una meta davvero straordinaria, la prima che dobbiamo impegnarci a raggiungere con ogni fibra del nostro essere. Ma in noi potrebbe farsi strada anche un ulteriore interrogativo. Potremmo addirittura non essere ancora pienamente soddisfatti di questo già di per se meraviglioso traguardo. Il dolore ci ha resi quello che siamo.

Abbiamo acquisito saggezza, consapevolezza e amore per la vita. Possiamo addirittura essere un esempio per chi stia cercando una via d’uscita a ciò che deve ancora affrontare. Ma anche da questa posizione potremmo ancora percepire quella  inquietudine che ci spinge ad indagare su un senso ancora più profondo delle cose. E il passo successivo è dunque quello della ricerca del fine autentico della vita. L’inquietudine, se è un genuino contatto con il nostro Sé più elevato e trascendente, non si arresterà fino alla scoperta del nostro più grande “perché”.

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34 commenti su “Il Dolore dell’Anima: Quando la tristezza cade in fondo al cuore…”

  1. Il dolore Dell anima e qualcosa di indescrivibile nessuno lo può capire se non lo ha passato sulla propria pelle sono oramai 18 giorni che non ne trovo una via d uscita…io penso che solo la morte può cancellare tutto ciò perché non è colpa di nessuno quando un cuore vuole bene a una sorella non fa più giorno nella nostra vita si naviga in un tunnel senza uscita aspettando la fine dei nostri giorni per poter riposare in pace…

    1. Buongiorno Roberto, sono senza alcun dubbio d’accordo sul fatto che un dolore come quello che sta vivendo può essere davvero compreso solamente da chi lo ha conosciuto in prima persona. Il fatto di averne parlato qui, condividendolo con altre persone, potrebbe suggerire che un confronto e un contatto sincero con qualcuno che possa ascoltare ed accogliere questo suo dolore potrebbe comunque aiutare ad alleggerirlo. Mi permetterei quindi di raccomandarle di cercare un confronto con qualcuno di sua fiducia, anche di tipo professionale, per non rimanere da solo ad affrontare la convinzione che a questo non ci possa essere alcun rimedio…

    2. ciao Angela mi chiamo Stefano mi dispiace per la tua situazione ci sono passato anch’io e ti capisco ormai tante persone tendono ad essere un po’ sfuggenti nelle nuove relazioni magari per brutte esperienze cmq io penso questo: se hai un oggetto a cui tieni particolarmente a caso un paio di occhiali da sole cercherai di trattarlo nel miglior modo possibile così che ti rimanga a lungo magari per sempre, con una persona è uguale che sia amico parente compagno ecc ecc se a questa persona tieni veramente farai in modo di comportarti nel miglior modo possibile per non perderla giusto? un mio amico un giorno mi disse: le persone valgono il tempo che ti dedicano ciao in bocca al lupo di cuore

  2. sono tre anni senza voce dopo una operarione,solo solo non riesco a trovare una persona che mi da un po di felicita. sono sempre triste.ciao Angelo

  3. Salve Dottore vivo una storia da quattro mesi non so come definirla so solo che io nutro sentimenti belli nei suoi confronti ma nonostante tutto lui e sempre poco presente dice che il suo lavoro…
    MI SENTO SOLA…
    NONOSTANTE LUI CI SIA QUEL POCO, MAI UNA TELEFONATA TUTTO IL GIORNO SEMPRE IO A DOVERLO CERCARE.
    E IO MI SENTO SOLA.

    1. Salve Angela,
      posso immaginare che questa situazione le stia creando qualche disagio, e in qualche modo ferisca i suoi sentimenti…
      Naturalmente, una volta fatto tutto ciò che ci sentiamo di fare per mostrare la nostra disponibilità, non possiamo fare altro che prendere atto delle intenzioni dell’altra persona.
      Andrebbero comprese, con i tempi e modi opportuni, quali siano le reciproche aspettative, per evitare di dare per scontati aspetti della relazione che dovrebbero invece essere lasciati emergere con chiarezza.
      Spero quindi che lei possa avere modo di comprendere quale potrebbe essere l’intensità dell’investimento affettivo che questa situazione può meritare, e decidere con onestà verso sé stessa come viverla…

  4. Sono stata lasciata dopo una relazione di 4 anni con una telefonata di 3 minuti.. Il mondo mi è crollato addosso e la mia anima piange di continuo.. Ho 53 anni ed è ora che affronti ciò che ho sempre sviato con relazioni sentimentali il mio problema di dipendenza affettiva… Stessi schemi mi si sono ripetuti negli anni ma non ho mai voluto guardare oltre il mio naso… Ora non posso più fare finta di niente

    1. Io dopo 32 anni e con due figli adulti che mi hanno cancellato. Credo che io abbia solo una via di fuga per trovare pace….

  5. Molto bello l’articolo… Un po’ di acqua fresca per un’anima che sta attraversando il deserto.
    Proprio ieri, prima di aver letto l’articolo, scrivevo queste cose. Mi sono accorto che ho descritto, a modo mio, la mia notte dell’anima.

    Non sto bene. Non sono per nulla contento di nulla.
    Sono anche stanco di scriverle queste cose, di raccontare le mie miserie.
    Il passato, anziche’ darmi indicazioni, mi fa solo male. Il mio passato e’ un film, anzi: molti film, cui mi sembra di aver piu’ assistito che vissuto. Non c’e’ luogo o persona in cui abbia lasciato il cuore e presso cui avrei voglia di tornare.
    Nella mia vita attuale, quella reale di tutti i giorni, faccio fatica a trovare cose o situazioni in cui io stia bene, di cui abbia davvero voglia, che mi accendino. Tutto e tutti mi vengono quasi a noia.
    Provo allora a cercare un motivo e una fiducia nel futuro. Ho cercato di farlo da sempre, in modo forse confuso e disperato, aspettando sempre un “domani” che sistemasse tutto. Adesso, anche sforzandomi, anche lasciando liberi i pensieri e la fantasia, non trovo un ponte, un pezzo di sole, un sogno magari sghembo in cui abbandonarmi.
    E’ un corto circuito in cui passato, presente e futuro si disinnescano a vicenda.
    A 50 anni, non ci sono piu’ alibi, non posso piu’ raccontarmi che tutto e’ una preparazione ad una domani radioso che ripaghera’ di tutta la fatica. Il domani avrebbe dovuto essere l’oggi, ma i giorni a venire sul calendario delle possibilita’ sono pressoche’ finiti.

    Eppure, se una possibilita’ esiste, quella e’ per forza nel domani, ma devo fare qualcosa adesso per dare una possibilita’ al possibile. Mi serve la mossa del cavallo, quella che nessuno si aspetta, quella che stravolge la trama del racconto, quella che capovolge. Quella che obbliga la partita a cambiare per forza direzione.
    Ma quale mossa? Non l’ho ancora trovata, perche’ forse non ho capito bene cosa voglio, perche’, forse, non ho capito bene chi sono.
    Cerco la potenza. Immagino la forza della dinamite.

    1. Mi piacerebbe sapere la risposta di un esperto, perché anche io mi trovo nella stessa, identica situazione

  6. Il dolore dentro di me si è congelato 34 anni fa, inconsapevolmente non l’ho vissuto e da allora non ho trovato più pace. Non capivo cosa mi fosse successo, non ero più me stesso, senza più emozioni e desiderio sessuale. Dopo tante terapie senza successo, sono caduto in depressione, mi sembra di vivere un incubo, una malattia autoimmune mi ha aggredito 15 anni fa, come conseguenza di questo conflitto della psiche. Come uscirne?? Questa non è vita. ogni giorno è una sofferenza portare avanti gli impegni giornalieri, non ho più interesse per nulla, una volta avevo tanti Hobby, non ho voglia di uscire e vedere persone, non ne vedo il senso. Questa condizione e la voglia di uscirne ed anche la sfiducia nell’uscirne, sono il mio pensiero fisso da quando apro gli occhi al mattino. Spero di trovare una luce in fondo al tunnel

    1. Sono curioso di sapere la risposta di un esperto a ciò che dici perché io mi trovo nella esatta, identica situazione

  7. Gianpiero Castiello

    Bello quello che scrive, io sono andato avanti con l orgoglio, è quello che mi fa alzare dal letto, sto prendendo antidepressivi ma forse ho sbagliato a prenderli, spesso mi viene da prendermela con gli altri e poi mi dà fastidio, ma mi sento inerte, vorrei tanto cambiare, ma ho tanti stress, e sono finiti in una specie di mio mondo, speriamo di uscirne, da questa bolla che mi isola dal mondo, mi sembra di stare in un altra dimensione

  8. Sabrina Natascia

    Ho trovato un po’di sollievo a leggere questo lungo post . Si soffre, si può crollare da un momento all altro a causa di fatti esterni, della vita i lutti improvvisi … È quello che ho letto e trovato cercando in Google è quello che mi sta succedendo…mi capitò una crisi simile alla età di 18 anni, è stata tremenda…la ricordo ancora..non sapevo cose che so oggi… pertanto dovrei riuscire ad affrontare… grazie per avermelo ricordata, così che possa affrontare quella presente!! Grz per oggi

    1. E’ davvero difficile dimenticare momenti di dolore come quelli dal lei descritti. E’ possibile che in qualche modo, anche se in forme sempre più attenuate, ci possano accompagnare a lungo nel nostro personale percorso di vita.
      Ma come lei stessa evidenzia, “non sapevo cose che so oggi”… e lo scopo è proprio questo, acquisire consapevolezza ed aprirci alla vita con rinnovata capacità di accettazione ed una serena fiducia nel futuro.

  9. Il mio dolore dell’anima è scoppiato 40giorni dopo la morte improvvisa del mio compagno, mi sono caricata di aiutare mia figlia ma in un momento tutti e precipitato.so ritornata nella mia casa è ho dato sfogo al mio dolore represso.sono ancora piena di lacrime ma mi sento in colpa per averla lasciata sola con la sua famiglia..però sento la necessità di rimanere sola

    1. Buongiorno Erilla, posso solo immaginare quale possa essere il suo dolore, soprattutto in questi giorni di festività solitamente dedicati alla condivisione familiare.
      Il vissuto che lei descrive sembra esprimere il disagio creatosi a seguito della necessità di scegliere tra due situazioni, entrambe dolorose. Non si è sentita sufficientemente forte per poter aiutare contemporaneamente sé stessa e sua figlia, e si sta rimproverando il fatto di non aver avuto energie per entrambe.
      Facendo questo però c’è il rischio di perdere ulteriori energie, allontanando ancora il momento in cui potrebbe sentirsi pronta a tendere una mano. La sua scelta è stata quella di proteggersi, di vivere il suo dolore al riparo da altre situazioni difficili. E questa sua necessità deve essere rispettata e accettata. Soprattutto perchè stare soli con sé stessi, in un momento difficile, potrebbe addirittura essere l’elemento che aiuta a ritrovare quel minimo di serenità, di forza e di coraggio per affrontare poi altre situazioni altrettanto complesse.
      Le auguro davvero di avere la forza di perdonare sé stessa, e di ritornare al più presto a ritrovare la fiducia nella sua capacità di aiutare sé stessa e le persone che le stanno a cuore

  10. Non è descrivibile a parole il dolore dell’anima…sono solo belle parole, ma quando ti senti dilaniare l’anima fino al punto che vorresti strappartela dal petto, quando ti fai male per non sentire più quel dolore dentro che ti toglie il respiro…le parole non servono. Quel dolore non appartiene al mondo, è tuo e solo tuo perché nessuno capisce il dolore dell’anima

    1. Buongiorno Giovanna. Si, non ci sono parole per descrivere il dolore dell’anima. Rimane qualcosa di strettamente privato, da vivere in solitudine… ma in qualche modo ci si prova, si cerca di dare un nome o una veste alle esperienze che viviamo, per quanto difficili possano essere. Spesso è più facile comprenderlo dopo che ha allentato su di noi la sua presa, dopo che ha lasciato spazio a qualche barlume di consapevolezza e di desiderio di rinascere.
      A volte è solo esprimendolo che ci rendiamo conto che non è solo nostro. Parlandone, possiamo trovare sollievo scoprendo che altri hanno attraversato la medesima valle oscura prima di noi, e sono ancora qui, disposti a volte persino ad offrirci qualche parola di comprensione e accoglienza…

  11. manuela furini

    QUESTI PENSIERI SONO MOLTO PROFONDO E SIGNIFICATIVI IO MI CI RITROVO PERCHE’ SONO MOLTO DEPRESSA E ADDOLORATA X UN EVENTO DI LUTTO E NON MI DO PACE IL DOLORE E LA TRISTEZZA SONO LA MIA COMPAGNA DI VITA

    1. Mi spiace molto Manuela, per il momento difficile che sta attraversando.
      Posso solamente augurarle di trovare presto uno spiraglio di serenità e speranza, che le possa far intravedere un rinnovamento interiore.
      Se desiderasse pormi qualche domanda più specifica mi può contattare privatamente

  12. Non vale niente il mio dolore.. non serve a niente e a nessuno.. è fine a se stesso.. io credevo servisse…invece qui, é solo e inutile.

    Ps. Il suo articolo dice che si può crescere e ci é riuscito bene. Grazie doc.

    1. Siamo noi ad attribuire significato al dolore. Nessuno lo può fare al posto nostro.
      Ed è una possibilità che va presa molto seriamente, perchè, anche nei momenti più bui, è un dono che la vita ci mette a disposizione.
      Ed il nostro stesso dolore non appartiene solo a noi, perchè come noi apparteniamo al mondo, anche il nostro dolore, alla fine, appartiene ad esso. Magari queste parole possono rendere questo concetto in maniera più poetica ed elegante:
      “…nessuno soffre invano, nessun dolore – che pur nasce e si esaurisce nell’anima di ogni singolo individuo – transita e sfuma nell’inutilità collettiva. Ogni sofferenza reca una scoria, o meglio un prodotto che dal mondo nasce e al mondo ritorna…” (Aldo Carotenuto)

    2. Bellissima riflessione, la più grande ed immensa mai letta.
      Grazie di averla scritta.
      Grazie

    1. Grazie mille Rosanna per il suo apprezzamento. La mia intenzione era semplicemente quella di offrire una visione più costruttiva ed evolutiva di quelle forme di dolore interiore qui definite “dolore dell’anima”, per la loro caratteristica di essere, alla fine, delle crisi psicologiche su base “spirituale” nel senso più ampio del termine…

    2. Grazie per questo articolo, sono state messe in parole, quello che non riesco a descrivere…. La canzone di Battisti l’ho fatta mia da anni….. Purtroppo quando i ha questa sofferenza interna, non viene capita…..per fortuna io ho dei momenti di tristezza profonda ma anche di ripresa…comunque grazie

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