Durata della vita e benessere interiore

La percezione che spesso abbiamo sulla durata della vita può generare qualche forma di disagio. Ma la vita è effettivamente troppo breve?
Durata della vita e benessere interiore
Durata della vita e benessere interiore
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Per quanto le scoperte scientifiche e il benessere degli ultimi decenni abbiano contribuito ad elevare significativamente il dato sull’aspettativa di vita, la nostra percezione sulla durata della vita non si è probabilmente più di tanto modificata. La vita, generalmente, ci appare sempre troppo breve. Ma è davvero giusto considerarla tale?

Trovare una risposta non è semplice, perchè apre inevitabilmente ad una riflessione ancora più profonda. E’ infatti difficile interrogarsi sulla durata della vita se non abbiamo prima riflettuto accuratamente sul senso profondo che essa ha per noi.

Non posso naturalmente offrire una risposta a questo interrogativo, ma posso essere testimone del fatto che questioni come queste possono a volte inquietare l’animo umano, spingendo la persona persino a richiedere un supporto psicologico a causa del relativo disagio esistenziale.

Ho ritenuto quindi opportuno riportare in questo breve articolo alcuni spunti tratti da un testo la cui attualità potrebbe davvero sorprendere, pur essendo stato scritto nel corso del primo secolo d.C. Mi sto riferendo al testo “La Brevità della Vita” del filosofo latino Lucio Anneo Seneca.

Pur essendo ormai “vecchio” di duemila anni, questo “dialogo” offre interessanti riflessioni che riguardano, ieri come oggi, la complessità del vivere umano e il tentativo di renderlo dignitoso e fruttuoso.

Seneca, fin dalle prime righe, ammonisce il lettore sul fatto che la nostra vita non è breve, siamo noi che la rendiamo tale. Potrà certamente apparire come un pensiero banale, ma mi rendo conto che non è per niente facile coglierne la profondità.

Rendiamo breve la nostra vita ogni volta in cui non ci preoccupiamo di trovarne il senso, ad esempio. Rendiamo breve la nostra vita mentre siamo intrappolati in mille impegni senza nemmeno chiederci se è davvero ciò che appaga la nostra vocazione esistenziale più sincera.

E ancora, la rendiamo breve per tutto il tempo in cui la affrontiamo con il “pilota automatico” inserito, limitandoci inconsapevolmente a rispondere ai costanti stimoli che riceviamo dall’ambiente circostante, senza interrogarci su chi siamo e su quale potrebbe essere il senso del nostro agire.

Inoltre, afferma ancora Seneca, “… viviamo come se dovessimo vivere sempre, non riflettiamo mai che siamo esseri fragili, non consideriamo quanto tempo è passato ma lo consumiamo come se lo avessimo sempre tutto intero e persino in abbondanza, senza pensare che quel giorno che regaliamo a qualcuno o a qualche cosa potrebbe essere l’ultimo della nostra esistenza. Abbiamo paura di tutto in quanto esseri mortali ma nello stesso tempo vogliamo avere tutto come se fossimo immortali.

Moltissime persone sono ormai pienamente consapevoli del fatto che la felicità autentica non può basarsi, se non in parte, sulle gratificazioni che l’ambiente ci restituisce. Questa affannosa ricerca, se non accompagnata dalla costruzione parallela di valori psicologicamente e spiritualmente più sani, rischia di trascinarci in una spirale ansiosa alla base di moti disagi psichici.

Gli uomini … perdono la salute per fare soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute…
pensano tanto ansiosamente al futuro che dimenticano di vivere il presente, in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro…
vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto

Dalai Lama

Quale sarebbe dunque, secondo Seneca, il problema più importante che dovremmo affrontare?

L’attesa è ciò che più c’impedisce di vivere, perché dipende dal domani e ci fa perdere l’oggi. Programmiamo con cura ciò che è nelle mani del destino e ci lasciamo sfuggire ciò che sta nelle nostre. A che guardi? Dove ti spingi? Il tuo futuro è incerto: vivi subito...

chi dedica ogni istante del suo tempo ad arricchire sé stesso, chi organizza le sue giornate come se ciascuna di esse fosse una vita intera non ha bisogno di sperare nel domani, né tanto meno lo teme: quale nuovo piacere potrebbe infatti apportargli? Tutto gli è noto, tutto ha già gustato, sino alla sazietà, ormai si è messo al sicuro: del tempo che gli resta disponga, come vuole, la Fortuna, la quale non può più togliere nulla alla sua vita, può solo aggiungervi qualcosa, come un poco di cibo a chi ne è già pieno, e lui lo prende, ma senz’alcun desiderio. La lunghezza della vita non si misura quindi dai capelli bianchi o dalle rughe: non è un vivere questo, è solo un esistere a lungo.

Vivere proiettati nel futuro o nel passato toglie quindi alla vita il suo “spessore”, ne diminuisce drasticamente la durata percepita, a causa dell’insoddisfazione e del desiderio inappagabile. Non si tratta però di accontentarsi.

Non è minimamente una questione del tipo “chi si accontenta gode”, e men che meno di “vivere godendosi le piccole cose“. Questo rischierebbe di essere il magro premio di consolazione per chi non ha saputo o voluto realizzare qualcosa di più impegnativo nella propri vita.

E’ semplicemente una questione relativa alla scelta di acquisire, in piena consapevolezza, quel tanto di saggezza da riuscire a fare spazio nella nostra coscienza ad aspetti più elevati. E per fare questo, Seneca raccomanda il conseguimento di un autentico grado di saggezza, che libera da molte frustrazioni e naturalmente dall’ansia del costante ridursi del tempo a nostra disposizione.

Solo quelli che si dedicano al conseguimento della saggezza fanno buon uso del loro tempo e sono gli unici che vivono veramente perché non solo spendono bene la propria vita ma vi aggiungono pure l’eternità: infatti oltre agli anni vissuti in prima persona acquisiscono anche, come un patrimonio ereditario, tutto il tempo passato prima della loro nascita.

… La vita del saggio, dunque, spazia per ogni dove, è senza tempo, non è limitata, come quella degli altri mortali; il saggio sfugge, lui solo, alle leggi del genere umano, e domina, simile a dio, tutte le epoche della storia, dentro di sé il passato perché lo ricorda, il presente perché lo vive, il futuro perché lo prevede: la facoltà di mettere insieme e collegare questi tre momenti gli rende lunga la vita. Brevissima, invece, e assai tormentata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente e temono il futuro


(1) – Attribuzione Immagine:
Di I, Calidius, CC BY-SA 3.0
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2456052

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