Il concetto di “equilibrio interiore” ha assunto sempre più spazio nel corso degli ultimi anni. Non sono poche oggi le persone che sono alla costante ricerca di attività o informazioni che possano contribuire a questa particolare forma di benessere psicologico.
Si tratta di un aspetto della nostra esistenza che tendiamo per lo più ad associare a qualche ambito di tipo filosofico e/o spirituale, con particolare riferimento al variegato universo della saggezza orientale.
Per poter comprendere come valutare o migliorare il proprio equilibrio interiore è dunque importante prima di tutto avere un’idea più precisa di ciò che questo aspetto può significare con riferimento alla propria specifica situazione personale.
Come possiamo definire il concetto di Equilibrio Interiore
Da un punto di vista etimologico il termine deriva dal latino aequilibrium, composto di aequus (uguale) e di un derivato di libra (bilancia), che rende facilmente idea del suo significato generale.
In ambito psicologico, come riportato nel Dizionario Garzanti di Psicologia, l’espressione equilibrio “in genere significa bilanciamento di opposti, utilizzata in tutti quegli ambiti disciplinari dove si impiega la nozione di sistema, caratterizzato dalla presenza di forze tra loro contrastanti”. Questo però non basta a darne una definizione esatta, trattandosi di un ambito che presenta un elevato grado di soggettività.
Credo che prima di tutto, per comprendere il nostro libello di equilibrio interiore, dovremmo chiederci se il nostro desiderio esistenziale più autentico è un anelito ad una serena pace interiore o se vi è in noi la spinta verso una movimentata realizzazione di obiettivi personali, sociali o persino altruistici.
Ci si può facilmente rendere conto che gli elementi che portano equilibrio interiore nel primo caso, possono risultare fastidiosi alle persone che si riconoscono più affini al secondo, e viceversa.
Dobbiamo pertanto prima di tutto comprendere che l’equilibrio interiore non può derivare dall’adesione ad un modello standardizzato, ma può più verosimilmente emergere nel trovare un armonico accordo con la propria natura personale.
Analogamente, anche se non in maniera sovrapponibile, potremmo ad esempio affermare che si pone la medesima questione anche se osserviamo le modalità di ricerca dell’equilibrio interiore da parte di persone “introverse” rispetto a persone più “estroverse”.
Evitiamo però prima di tutto la banalizzazione che definisce le prime semplicemente come “chiuse e ritirate”, e le seconde come “aperte, simpatiche e socievoli”. Per definirli in maniera estremamente sintetica, utilizzando le parole di Jung riportate in “Tipi Psicologici”, “vi sono uomini il cui destino è determinato in prevalenza dagli oggetti dei loro interessi e altri il cui destino è invece determinato piuttosto dalla propria interiorità, o soggettività”.
Per gli estroversi l’equilibrio interiore deriverà per lo più dalla qualità e dalla natura degli “oggetti” con cui si relaziona. Per l’introverso l’equilibrio interiore sarà invece per lo più ricercato nella presa di distanza dall’oggetto, da un punto di vista intellettuale o affettivo a seconda dei casi.
E ciò dovrebbe sostanzialmente bastare a poter affermare il fatto che non vi può essere una definizione univoca di equilibrio interiore, valida per tutti, e che men che meno esso potrebbe essere circoscrivibile ad una sorta di “pace interiore”, per quanto questa prospettiva possa apparire attraente per molti.
Abbiamo bisogno in ogni momento di una certa quantità di dolore o di privazione come una nave ha bisogno della zavorra per mantenere la stabilità
Arthur Schopenhauer
Equilibrio interiore e senso della vita
Potrà a questo punto sembrare chiaro anche il fatto che il concetto di equilibrio interiore non può rappresentare nemmeno una situazione di “stagnazione”. Quell’assenza di conflitti che tanto rassicura una parte delle persone comporterebbe in tal caso anche l’assenza di stimoli esistenziali preziosi.
La realizzazione di uno stato di equilibrio interiore psicologicamente sano e fecondo non può sostanzialmente prescindere da una seria domanda su “chi sono” e “qual è lo scopo o il senso della mia vita“.
In altri termini, se non conosciamo la meta, la destinazione o il senso del viaggio della nostra vita, sarà molto difficile comprendere se la nostra espressione esistenziale possa essere in accordo con ciò che autenticamente siamo.
Un sano equilibrio interiore dovrebbe basarsi sulla consapevolezza della propria realizzazione su tutti i piani dell’essere, o almeno sulla consapevolezza che questa è la strada che ci si sta impegnando a percorrere.
Per questa ragione è davvero importante avere consapevolezza di (o impegnarsi a trovare) uno scopo esistenziale più ampio ed elevato. Perchè gli inevitabili conflitti tra le diverse istanze che caratterizzano la nostra esistenza tenderanno, a modo loro, a creare sofferenza.
Se abbiamo chiara la nostra meta esistenziale, allora possiamo affrontare con serenità anche la temporanea assenza di equilibrio interiore nel vissuto quotidiano. Quest’ultimo si armonizza infatti nella bellezza di uno scopo più ampio e di valore che può fungere da “centro unificatore”, al cui elevato livello i conflitti tendono alla riconciliazione.
Se così non fosse, ovvero se le persone anelassero unicamente al proprio personale equilibrio psicologico e alla tranquillità, non saremmo in grado di spiegare la bellezza dei gesti che implicano sacrificio, o altruismo, o l’accettazione di crisi e squilibri interiori in favore di scopi più elevati e nobili, per sé stessi e per gli altri.
A questo più elevato livello, equilibrio interiore e gioia divengono di fatto sinonimi. Essi esprimono in egual misura la capacità di assaporare la bellezza della vita nelle sue varie forme e nelle sue varie, mutevoli e instabili condizioni, onorandola con un sentimento di gratitudine e di pace nel cuore, che sono a mio avviso la definizione più nobile e autentica del concetto di equilibrio interiore.
Quando l’quilibrio interiore manca
Stando a quanto appena affermato, la percezione di assenza di equilibrio psicologico non merita necessariamente l’attribuzione di una valenza negativa. Essa potrebbe rappresentare un elemento perturbante che può scuotere e far percepire aspetti di “tensione” (intesi come “tendere verso”, in direzione di qualcosa) che ci spingono a cercare altre mete, altre ragioni, altre sfere di significato.
Senza questi elementi, senza questa “sana inquietudine esistenziale”, non saremmo in grado di percepire una spinta a nobilitare la nostra esistenza umana. E baseremmo la ricerca di equilibrio interiore unicamente su uno statico desiderio di permanenza entro la nostra zona di confort.
Va tuttavia ribadito che non di rado l’assenza di un sano equilibrio mentale può essere correlata ad un disagio psicologico anche importante. E quando questa assenza non genera una positiva reazione, quando non genera resilienza o “tensione” verso nuovi scopi, allora un percorso personale (o con l’aiuto di un professionista) volto alla ricerca dei propri valori e della propria vocazione potrebbe essere fonte di ispirazione e cambiamento.