La Felicità va creata, non cercata

La felicità, secondo il filosofo e psicologo americano William James, è una condizione che può essere creata partecipando attivamente al gioco della Vita...

In un articolo recentemente apparso sul sito pursuit-of-happiness.org, viene riportata una interessante riflessione sulla felicità basata sugli scritti del filosofo e psicologo americano William James. Proponiamo quindi di seguito una traduzione e sintesi degli spunti più rilevanti, integrata con alcune considerazioni personali.

Creare felicità partecipando al gioco della Vita

Sulla base di quanto afferma William James, la felicità può essere creata partecipando attivamente al gioco della vita. Piuttosto che rimuginare sulla sofferenza e sui dolori dell’esistenza, possiamo infatti prendere in considerazione la possibilità di rivedere i nostri schemi abituali di pensiero e comportamento. Possiamo anche agire come se la vita avesse uno scopo ultimo, indipendentemente dal fatto che ciò possa o meno essere dimostrabile razionalmente. James afferma infatti che il solo fatto di vivere pienamente la vita, pensando che ne valga sempre la pena, influenza positivamente il nostro atteggiamento interiore.

Vi sono persone che mostrano un naturale stato di felicità. Esse non sembrano avere la necessità di dover scegliere di essere felici. James ha però spesso ribadito come le persone, nel corso del tempo, abbiano abbandonato la fede in un “universo pregno di significato”. E ciò sarebbe alla base del profondo senso di malessere che pervade la moderna società.

La scienza si è progressivamente sostituita alla fede religiosa, contribuendo a creare un mondo che sembra mancare di un fine ultimo. In particolare, la teoria dell’evoluzione, pur con tutte le sue innegabili verità, descrive la Natura come un luogo di lotta per la sopravvivenza. Percepire uno scopo immanente, entro un simile scenario, diventa pertanto piuttosto difficile.

Tendenza al pessimismo e mancanza di felicità

La conseguenza più evidente di tutto questo sarebbe una crescente attitudine pessimistica, alla base di molte situazioni ansiose e depressive. Secondo William James, questo atteggiamento pessimistico avrebbe un fondamento di tipo “spirituale”. L’uomo sarebbe infatti esposto ad una contraddizione: da un lato la percezione di una natura regolata semplicemente da criteri meccanicisti, e dall’altro un innato bisogno del cuore di credere che essa sia la manifestazione di un “proposito”.

Due sarebbero le strategie per risolvere questa contraddizione e superare il pessimismo:

  • La prima prevede la mera accettazione del punto di vista scientifico e la conseguente rinuncia all’idea di uno “scopo” o di un “fine ultimo”. Il prezzo da pagare è però quello di un’intrinseca assenza di significato nella vita;
  • La seconda prevede invece la credenza in qualche tipo di “ordine invisibile” alla base degli enigmi della natura. Ma troppo spesso questa posizione conduce alla dogmatica affermazione di un credo religioso che non tiene conto di alcuna evidenza scientifica.

James rifiuta dunque entrambe queste posizioni, sia quella “scientifica” che quella “religiosa”. La complessità del nostro mondo,  a suo avviso, va ben oltre ciò che siamo in grado di comprendere. Suggerisce pertanto l’assunzione di un atteggiamento interiore in grado di trasformare la nostra percezione della realtà, dando un contributo notevole alla nostra capacità di creare felicità.

La felicità è “vivere come se…”

Dovremmo pertanto dare ascolto al nostro innato bisogno interiore di pienezza psicologico-spirituale e iniziare semplicemente a vivere come se“. Come se quel fine ultimo, nobile e spirituale, fossimo già in grado di sperimentarlo in totale pienezza, senza le limitazioni a cui la razionalità ci costringe. Come se quel nostro bisogno interiore di “senso” fosse semplicemente alimentato dalla nostra esperienza quotidiana.

“Vivere come se” quel mondo pregno di significato fosse una realtà per noi già realizzata, ci consente di appagare il nostro bisogno di trovare il senso interiore delle cose. Può produrre nel nostro cuore quella sensazione di certezza” di norma inaccettabile dalla nostra mente razionale.

La tecnica del “come se” può apparire piuttosto banale a chi non ne conosce i potenti effetti psicologici. Per meglio comprenderla basta riflettere su un fatto piuttosto semplice. Quando sperimentiamo nella nostra vita la sensazione dell’esistenza di “qualcosa che va oltre”, la nostra mente si apre alla possibilità di raggiungere stati di coscienza molto più elevati. “Agire come se” significa quindi superare il limite imposto dalla mente razionale. Significa sperimentare oggi uno stato di coscienza futuro, anticipandone gli effetti in termini di vissuto interiore.

E’ infatti noto anche in ambito neuroscientifico che ciò che la nostra coscienza sperimenta, indipendentemente dall’effettiva natura del dato sensoriale di riferimento, è a tutti gli effetti “reale” ed in grado di produrre coerentemente stati emozionali autentici. In termini molto più semplici, agire come se avessimo piena consapevolezza del fine ultimo della nostra realtà, suscita in noi stessi quello stesso grado di felicità che potrebbe sorgere solamente come stato futuro, qualora quella consapevolezza della realtà fosse effettivamente raggiunta.

I quattro ingredienti della felicità secondo William James

Sulla base delle considerazioni sopra riportate, è possibile estrarre quattro ingredienti fondamentali per una vita di felicità secondo il punto di vista di William James. Riepilogando:

  • La felicità richiede una scelta: Il mondo, ai nostri occhi, rischia di apparire come una banale manifestazione di casualità o addirittura di caos. A noi dunque la scelta: considerare il mondo come del tutto privo di significato o provare a sollevare quel velo che ne nasconde il senso più profondo;
  • La felicità richiede l’assunzione di qualche rischio: la felicità non viene generata semplicemente pensando o rassegnandosi passivamente alle circostanze della vita. E’ necessario saper correre il rischio di agire seguendo i suggerimenti del cuore, il vero Sé interiore;
  • La felicità richiede di saper “agire come se”: non siamo in grado di provare razionalmente se siamo davvero dotati di ampi margini di libero arbitrio o se la vita sia effettivamente ricca di significato. Possiamo però pensare ed agire “come se” fossimo dotati di totale libero arbitrio e come se la nostra vita fosse profondamente ricca di senso. Ciò anticiperà in noi la percezione di quello stato futuro di libertà e di pienezza interiore che oggi siamo in grado di intuire solo vagamente;
  • La felicità è spesso innescata dal disagio esistenziale: anche le più profonde crisi di significato possono condurre ad una vera e propria rinascita interiore. Tali momenti, per quanto possano essere dolorosi, dovrebbero essere accolti come opportunità e mezzo di rinnovamento.

Tratto da: pursuit-of-happiness.org

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