Fortuna e Sfortuna nel mondo della Psicologia

Una riflessione psicologica sui concetti di Fortuna e Sfortuna: la percezione della realtà si modifica a seconda dell'ampiezza della nostra capacità di osservazione
Fortuna e Sfortuna nel mondo della Psicologia
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Approfittiamo del ben noto aneddoto del vecchio contadino per fare qualche riflessione su fortuna e sfortuna. In questo sito parliamo prevalentemente di questioni legate all’autodeterminazione, alla crescita personale e alla realizzazione del proprio Sé, nella più autentica pienezza. Sono pertanto tutte tematiche che orientano l’attenzione verso la capacità dell’uomo di scegliere e determinare il proprio destino.

Nell’articolo su destino e libero arbitrio abbiamo però accennato al fatto che sono comunque innumerevoli gli eventi della nostra vita in grado di interferire con le nostre aspettative. Qualche volta questi eventi fanno volgere il corso del destino a nostro favore. Qualche altra sembrano invece influenzarne “negativamente” lo sviluppo. Ma come possiamo essere certi, nel momento in cui un evento cambia il nostro destino, che si tratti realmente di qualcosa di “positivo” o “negativo”?

Ecco dunque il breve racconto del vecchio contadino cinese. Nonostante la sua semplicità, può offrire qualche spunto di riflessione molto interessante.

Fortuna e Sfortuna…

Racconta un’antica storia popolare cinese di un vecchio contadino al quale una mattina fuggì il cavallo che adoperava nel lavoro dei campi. Alla notizia i vicini di casa si recarono subito dal contadino per manifestargli la loro vicinanza in questo momento di grande sfortuna per lui. “Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo?!“, si limitò a dir loro il vecchio contadino.

Il giorno seguente, infatti, il cavallo fuggito fece ritorno alla stalla; aveva trascorso la notte sulla montagna e, tornando a valle, era stato seguito da una mandria di cavalli selvatici. Quando i vicini vennero a saperlo, subito corsero dal vecchio per congratularsi con lui della straordinaria fortuna che gli era capitata! “Fortuna, sfortuna, e chi può dirlo?!“, sentenziò nuovamente il contadino.

Fu così che quello stesso giorno il figlio del contadino decise di cavalcare il più forte dei cavalli selvaggi, per ammaestrarlo e utilizzarlo nel lavoro nei campi. Ma mentre tentava di domarlo, il cavallo selvaggio lo disarcionò, facendo cadere violentemente a terra il figlio del contadino che si ruppe una gamba. Ancora una volta la gente del villaggio non esitò nel correre a casa del contadino per piangere insieme a lui l’evidente disgrazia che su di lui si era abbattuta. Ma ancora un volta il vecchio non si scompose più di tanto e si limitò a sentenziare: “Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo?!“.

Avvenne infatti che in Cina scoppiò una terribile guerra e che i capi dell’esercito, che viaggiavano di villaggio in villaggio per reclutare soldati, vedendo il figlio del contadino con una gamba rotta non si fermarono e passarono oltre…

L’apparente banalità del racconto non dovrebbe trarci però in inganno su alcune questioni fondamentali:

  • è davvero possibile definire i concetti di fortuna e sfortuna in senso assoluto?
  • Riteniamo di essere sempre in grado di attribuire una valenza corretta (positiva o negativa) agli eventi che ci accadono?
  • Ci è mai accaduto, a posteriori, di modificare il nostro punto di vista sul giudizio che avevamo tratto in precedenza sulla qualità di una situazione in cui siamo stati coinvolti?

Basterebbe probabilmente una risposta onesta a questi interrogativi per renderci conto che molto probabilmente è l’ampiezza delle informazioni di cui disponiamo a determinare la percezione che abbiamo di una data realtà. In altri termini, fortuna e sfortuna si possono definire tali sono in relazione a quell’unica parte della realtà che ci è nota.

Riflessioni psicologiche su Fortuna e Sfortuna

Quest’ultima affermazione ci introduce al cuore della discussione. Se siamo onesti con noi stessi possiamo renderci facilmente conto che quasi mai siamo in grado di disporre di tutte le informazioni indispensabili per comprendere pienamente e con chiarezza una data situazione. Fa parte della nostra natura avere dei limiti di consapevolezza. Più questi limiti si riducono, più la “fortuna” tenderà a sorriderci, e viceversa.

Forse, se riuscissimo ad avere una piena consapevolezza dello scopo della nostra vita, questa ed altre questioni ci apparirebbero molto più chiare. Cesseremmo immediatamente di effettuare valutazioni sulla qualità degli accadimenti della nostra vita in termini di fortuna e sfortuna, per concentrarci solamente sull’arricchimento interiore che da ciascun evento può scaturire.

E questo, alla fine, è proprio l’insegnamento che dovremmo trarre dalla fiaba appena riportata. Non essendo noi in grado di avere piena consapevolezza sulla natura e sulla qualità degli accadimenti quotidiani che fanno parte della nostra vita, dovremmo rinunciare a giudicarli. Dovremmo piuttosto essere in grado di aprirci alla bellezza e alla ricchezza di ciascun istante, perchè ognuno di essi è una perla di quella preziosa collana che è la vita. E questa vita siamo noi a realizzarla, giorno per giorno.

Il racconto del vecchio contadino cinese è sostanzialmente un invito al “distacco”. Il distacco è un atteggiamento mentale di sospensione del giudizio nei confronti della realtà che ci circonda. E questo dovrebbe aggiungersi alla piena accettazione che ciò che ci accade non può non essere in funzione della completezza della nostra Esistenza. Quando la “sfortuna” ci colpisce, ha poco senso maledire la vita, o incolpare le altre persone.

Difficoltà e opportunità

Quando siamo in grado di superare una difficoltà della vita, ci sentiamo più padroni di noi stessi e del nostro destino. Cessiamo immediatamente di catalogare la realtà in termini di fortuna e sfortuna, per concentrarci su ciò che è avvenuto all’interno di noi stessi. Da questo punto di vista, queste parole attribuite ad Einstein assumono un senso più chiaro:

In ogni difficoltà, giace un’opportunità

Tutto ciò può essere applicato alla vita nel suo insieme. Anche quando non sembra corrispondere alle nostre aspettative o ai nostri sogni. Benché il miglioramento delle condizioni della nostra vita dovrebbe sempre essere un obiettivo primario, prima di desiderare qualsiasi cambiamento è sempre saggio rendersi conto della realtà dei fatti. Virginia Satir esprime proprio questo concetto con il suo crudo ma amorevole realismo. Le sue parole sono un condensato di saggezza e buon senso:

La vita non è ciò che dovrebbe essere.
E’ ciò che è.
E’ il modo in cui la affrontiamo a fare la differenza

La realtà dunque si presenta come del tutto relativa. Osservando le cose da punti di vista differenti, le cose cambiano. E con essi, cambia anche la nostra percezione dei concetti di fortuna e sfortuna.

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