Si può sempre affermare che “il dolore rende più forti”?

Il dolore rende più forti solo quando si verifica in noi una forma di trasformazione che accompagna la nostra consapevolezza ad un livello nuovo, più elevato, più ampio
Si può sempre affermare che “il dolore rende più forti”
Si può sempre affermare che “il dolore rende più forti”?
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Perchè il dolore rende più forti?

Diciamo innanzitutto che questo non è sempre necessariamente vero. Sono davvero numerosi i casi in cui persone travolte da situazioni dolorose trascorrono il resto della loro vita senza riuscire a riprendersi da un’esperienza dolorosa passata o a modificare situazioni del presente che creano ancora dolore. Ma se davvero l’esperienza della sofferenza evolve nella maniera più saggia, non solo il dolore rende più forti, ma senza dubbio anche persone molto migliori.

Ciò è però possibile solamente se vi sono in noi sufficienti risorse per trasformare l’esperienza del dolore in un’opportunità. Il dolore rende più forti quando siamo in grado, da soli o con l’aiuto di persone care o di un professionista, di comprenderne innanzitutto il senso, di rielaborarlo alla luce di una consapevolezza più ampia sul significato della vita in generale. Il “premio” che la vita ci offrirà, in questo caso, sarà quello di saper essere in grado di affrontarla con maggior coraggio, gratitudine, serenità e consapevolezza.

Il dolore rende più forti, o più distanti dalle proprie emozioni

La nostra mente, nella sua straordinaria versatilità e bellezza, riesce spesso a trovare qualche tipo di soluzione per mantenere almeno una forma basilare di equilibrio in molte delle circostanze della vita. Quando queste circostanze diventano così difficili da creare in noi qualche forma di dolore, la nostra mente è in grado di erigere opportune barriere protettive, per consentirci di mantenere una “distanza difensiva” interiore nei confronti di ciò che ci fa soffrire.

E’ facile osservare come a volte, persone colpite da gravi situazioni dolorose possano affermare che il dolore rende più forti, e che loro stesse si sentono più forti. Premesso che in questa affermazione vi è sempre e comunque un fondo di verità, non di rado si percepisce, parallelamente, una mancanza di convinzione riguardo a ciò che affermano. Questa mancanza di convinzione a volte si nasconde dietro ad un pizzico di esaltazione ipercompensativa dell’esperienza dolorosa nell’affermare la propria capacità di aver “dominato”,lasciato alle spalle“, “sconfitto” un’esperienza difficile.

Di fronte a tutto questo dobbiamo immediatamente renderci conto che, anche se siamo di fronte ad un utilizzo massiccio di meccanismi di difesa psicologici, questa potrebbe essere almeno temporaneamente la miglior soluzione possibile che la mente della persona ha saputo elaborare in un così profondo stato di sofferenza. Dobbiamo quindi avere il massimo rispetto e la forma più elevata di empatia possibile verso chi sta attraversando questa fase.

Le difese devono reggere fino a quando è opportuno che lo facciano e, indipendentemente dal tipo di rapporto che abbiamo con queste persone, abbiamo il dovere di rispettare il lavoro compiuto dalla loro coscienza. Essa, consapevolmente o no, per quanto ne possiamo sapere può aver già compiuto un piccolo miracolo evitando il peggio (ad esempio l’insorgere di una grave crisi depressiva).

Allora, quando effettivamente il dolore rende più forti?

Il dolore rende più forti solo quando si verifica in noi una forma di trasformazione che accompagna la nostra consapevolezza ad un livello nuovo, più elevato, più ampio. Si potrebbe dire che qualcosa in noi stava probabilmente già crescendo, stava già spingendo per manifestarsi, come una nuova vita che preme per uscire dall’uovo o dal bozzolo all’interno del quale si è sviluppata.

Si può affermare che il dolore, in questo senso (e solo in questo senso), abbia agito quale evento di innesco. La nuova consapevolezza raggiunta, lo stato di coscienza di maggior pienezza e luminosità, faranno il resto. Mostreranno cioè alla persona un nuovo senso delle cose. La gioia occuperà piano piano quelle insenature, all’interno del cuore, create dal passaggio del dolore. Ciò che prima creava tormento, lascerà gradualmente il posto alla pace e al perdono.

Ma ribadiamo ancora che questa esperienza può essere reale oppure illusoria. Nel primo caso la pienezza di vita e la sincerità di emozioni e sentimenti espressi dalla persona saranno la più autentica testimonianza che qualcosa è davvero cambiato nel suo cuore, e che l’esperienza del dolore è stata rielaborata con grande nobiltà e saggezza, e non è stata semplicemente rimossa. Nel secondo caso, quando non possediamo risorse psicologiche sufficientemente mature per riuscire a rielaborare il vissuto doloroso, possiamo illuderci di esserci comunque riusciti, grazie ad un massiccio impiego di meccanismi difensivi.

Fermo restando che, come già abbiamo affermato, questo potrebbe essere già di per se un traguardo dignitoso, se avvertiamo in noi qualcosa che spinge verso un ulteriore passo avanti nella direzione di una ricerca di senso o in quella del desiderio di scoprire qualcosa in più sui grandi perchè della vita, forse siamo pronti per la fase successiva. Siamo forse pronti per elevare la nostra coscienza ad un livello prima impensabile e del tutto sconosciuto.

E sarà poi proprio questa nuova coscienza, questo stato di pienezza e gioia interiore, a renderci consapevoli che lo scopo di questa parte dolorosa di quel meraviglioso cammino che è la vita è stato raggiunto. Questo concetto è meravigliosamente condensato nei profondi versi della poesia di Khalil Gibran sul Dolore:

Il dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza.
Come il nocciolo del frutto deve spezzarsi affinché il suo cuore possa esporsi al sole, così voi dovete conoscere il dolore.
E se riusciste a custodire in cuore la meraviglia per i prodigi quotidiani della vita, il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
Accogliereste le stagioni del vostro cuore come avreste sempre accolto le stagioni che passano sui campi.
E veglieresti sereni durante gli inverni del vostro dolore.
Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
È la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.
Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e in silenzio.
Poiché la sua mano, benché pesante e rude, è retta dalla tenera mano dell’Invisibile,
E la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre.

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