Pensiero magico e pensiero scientifico
In un articolo di qualche anno fa apparso sul sito del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) dal titolo “La scienza e il pensiero magico”, il noto conduttore televisivo Piero Angela narrava questo breve racconto per offrire con immediatezza l’idea di cosa fosse il pensiero magico:
“C’è una storiella molto istruttiva, che riguarda il pensiero filosofico, ma che si adatta molto bene anche alla scienza: è la storia di due personaggi che vanno in cerca della verità.
Il primo va in giro con delle domande, alla ricerca di risposte;
il secondo, invece, va in giro con delle risposte, alla ricerca di domande.
Sono due atteggiamenti che incontriamo spesso nella vita: da un lato persone aperte al nuovo, curiose, pronte persino a rimettere in questione le proprie idee di fronte a fatti nuovi, controllati e verificati.
Dall’altro persone che invece si ritengono portatrici di verità e che cercano solo conferme alle proprie idee, respingendo tutto ciò che le contraddice.
Lo scienziato appartiene alla prima categoria: continuamente pone (e si pone) nuove domande, cercando risposte interessanti e che portino nuove conoscenze.
A condizione, naturalmente, che dimostrino la loro fondatezza attraverso verifiche e controlli.
È il metodo universalmente seguito nel procedere della scienza”.
Credo che, a scanso di qualsiasi equivoco e titolo personale, ritengo sia doveroso specificare fin da subito che guai a noi se l’atteggiamento della scienza in generale fosse diverso da quello appena descritto. La moderna scientificità ha la più rigorosa necessità di criteri oggettivi e omogenei per valutare lo sviluppo della ricerca. Come affermava Karl Popper, una teoria scientifica dovrebbe essere esposta in una forma logica e deduttiva, in modo tale che le conseguenze possano derivare da un fondamento universale già noto e riconosciuto. In altri termini dovrebbe poter essere “falsificabile”.
Sappiamo però anche che un altro filosofo, Thomas Kuhn, affermava che la scienza va incontro a periodici mutamenti di paradigma. Una teoria scientifica ritenuta vera in un determinato momento storico, può non essere in grado di spiegare eventuali anomalie emerse in un momento successivo, conducendo ad una crisi e alla necessità di una rivoluzione scientifica. Ma era soprattutto convinto che un paradigma scientifico si potesse imporre sugli altri solamente grazie alla sua forza persuasiva e al grado di consenso che si costruisce attorno ad esso all’interno della comunità scientifica. E questo ne determinerebbe inevitabilmente un certo grado di arbitrarietà.
Una riflessione sul pensiero magico
La riflessione che vorrei proporre con questo articolo è la seguente: possiamo affermare che il pensiero scientifico possa essere l’unico degno di credibilità e, soprattutto, possa essere in grado di provvederci tutte quelle conoscenze (non solo di tipo ‘tecnico’) di cui abbiamo bisogno nella nostra esistenza, in qualità di esseri umani caratterizzati da una componente fisica, una emozionale, una logico-razionale e una intuitivo-spirituale?
Forse l’autorevole parere di Umberto Galimberti può fornirci una bussola per poterci orientare lungo una strada così tortuosa. Afferma infatti il professore che:
“Pensiamo che la tecnica sia uno strumento del quale noi deteniamo le chiavi. In realtà la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l’ambiente nel quale viviamo… ma la tecnica non tende a uno scopo, non svela verità, la tecnica ‘funziona’” (dal testo Psiche e Techne).
Ciò che Galimberti probabilmente sostiene è dunque che il moderno pensiero scientifico rischia di evitare del tutto di occuparsi di questioni altrettanto fondamentali per il benessere e il progresso dell’uomo, quali lo “scopo” e la “verità”.
Vorrei quindi proporre, a titolo di approfondimento, un articolo sul pensiero magico che ho trovato in questi giorni curiosando sul sempre interessante sito Psychology Today. L’autore è Matthew Hutson e l’articolo è intitolato “Magical Thinking“. Ecco di seguito la traduzione della parte più importante, a cui farà seguito una sintesi della parte restante e qualche osservazione personale conclusiva.
Il lungo articolo di Matthew Hutson prosegue poi analizzando sette ambiti in cui il pensiero magico sembra manifestarsi comunemente, a dispetto della razionalità delle persone. Vediamoli in sintesi.
1. Qualsiasi cosa può essere sacra
Alcuni oggetti, come il pianoforte di Lennon o le fedi nuziali delle persone innamorate, sembrano avere un’aura misteriosa che le anima per le persone per cui rappresentano qualcosa di importante. A rendere “sacra” una cosa non è la sua natura fisica, ma l’unicità della sua storia. Se l’oggetto viene sostituito, il pensiero magico legato ad esso svanisce, anche se si tratta di una copia perfetta.
2. Qualsiasi cosa può essere maledetta
Il pensiero magico tende a suscitare in noi una certa avversione verso tutto ciò che è stato in qualche modo “contaminato”. Ad esempio, un oggetto appartenuto a persone ritenute “negative”, porterebbe con sé una sorta di “maledizione” che non può mai essere eliminata del tutto. La cosa incredibile è che questo timore di contaminazione agirebbe anche retrospettivamente: molte persone, ad esempio, sarebbero preoccupate se il letto di ospedale da loro appena lasciato fosse poi occupato da un malato di AIDS.
3. La mente si impone sulla materia
Spesso abbiamo irragionevoli aspettative di veder realizzare un desiderio semplicemente per il fatto che lo abbiamo pensato. Chi non ha mai espresso un desiderio speghendo le candeline di compleanno, o vedendo una stella cadente? Ciò accadrebbe, secondo alcuni ricercatori, perché siamo abituati ad individuare nessi causali in ciò che appare semplicemente come una coincidenza.
4. I rituali portano fortuna.
Le persone che hanno davvero fiducia nei loro rituali mostrerebbero un fenomeno noto come “illusione di controllo“, ovvero la convinzione di avere più influenza sul mondo di quanto non sia realmente possibile. Di per sé questa illusione può persino essere utile. Di norma incoraggia le persone a lavorare più duramente di quanto potrebbero altrimenti. È un fenomeno noto agli studiosi del Realismo Depressivo: persone caratterizzate dalla presenza di aspetti depressivi, tendono infatti ad avere una valutazione più accurata della realtà e, in sostanza, un pensiero magico meno sviluppato. Illudersi sulle proprie effettive abilità può dunque proteggere dalla depressione e stimolare alla crescita.
5. Il simbolo è un incantesimo
I simboli portano l’essenza di ciò che rappresentano. Strappare un foglio di carta è un’operazione semplicissima. Ma se ci fosse scritto il nome della persona amata, chi se la sentirebbe? E bere da un bicchiere con l’etichetta “veleno”, pur avendo la certezza che si tratta di acqua pura, non susciterebbe in noi qualche timore? E anche questo non può essere definito “pensiero magico”…
6. La necessità di una legge del Karma
Anche se le cose sfuggono al nostro controllo, poter credere che esiste un ordine nell’universo che mette a posto tutto, da sollievo a molti. Non di rado questo condurrebbe però le persone all’apatia.
7. Il mondo è vivo.
Molte persone esprimono il pensiero magico mediante qualche forma di “animismo”. Possiamo ad esempio pensare che il mondo sia in sintonia con i nostri desideri. Ma per fare questo dobbiamo implicitamente ammettere il fatto che esso debba avere una mente e un’anima.
Riflessioni conclusive sul pensiero magico
L’articolo si conclude con l’osservazione che è stata dimostrata una correlazione tra tendenza al pensiero magico e possibilità di andare incontro a qualche patologia psichiatrica (come la Schizofrenia), ma ciò avverrebbe solamente nei rari casi in cui il pensiero magico è in grado di interferire con la vita quotidiana, a causa della sua effettiva bizzarria.
Potremmo invece essere sorpresi del fatto che alcuni ricercatori hanno addirittura affermato che, al contrario, la totale assenza di pensiero magico sarebbe psicologicamente malsana. La mancanza di questa forma di ideazione sarebbe ad esempio correlata alla presenza di anedonia (l’incapacità di provare piacere). Inoltre, molte credenze magiche hanno ormai acquisito qualche elemento di validità scientifica. Un esempio su tutti: l’effetto placebo.
Personalmente ho trovato di grande interesse e curiosità le riflessioni e gli esempi riportati dall’autore dell’articolo. Rimango comunque della convinzione che non tutte le modalità di pensiero diverse dal metodo deduttivo tipico della scienza debbano essere intese come “pensiero magico”. Riflettere sul senso della vita, ricercare una ragione e un fine per le esperienze dolorose, chiedersi se siamo frutto del caso o di un disegno preordinato, sono solo alcuni dei tanti esempi che si potrebbero fare di pensiero che dimostra invece, in alcuni casi, una maturità intellettiva e uno spessore di personalità che definiscono una persona di grande valore.
Quesiti come quelli appena elencati possono indubbiamente essere affrontati con la modalità di pensiero magico. In questo caso però la persona trova risposte sull’onda della propria emotività, o per necessità esistenziale (si soffre meno se si pensa ad esempio che poi il karma sistemerà tutto), o per il semplice piacere infantilmente narcisista di pensare di avere una risposta per tutte le domande.
Ben diverso è l’atteggiamento di chi si approccia alle questioni di grande rilievo psicologico e filosofico con la stessa prudenza, la stessa razionalità e il medesimo l’impegno richiesto al ricercatore scientifico. Per risolvere la maggior parte dei problemi della nostra vita quotidiana, una mente razionalmente robusta è di notevole aiuto e basta a se stessa.
Ma se risolvere i problemi della vita quotidiana non basta al nostro desiderio di completezza e di ricchezza interiore, è facile rendersi conto che solo se la nostra mente e il nostro “cuore” (inteso poeticamente come la “sede” delle nostre capacità intuitive) sono allineati abbiamo qualche possibilità di procedere verso una direzione nuova. Con la sola razionalità, per quanto acuta e rapida possa essere, ciò che da uno spessore di autenticità, di verità e di bellezza alla vita rischierà sempre di sfuggirci. Ma non chiamiamo tutto questo “pensiero magico”…