Prendo spunto dalle riflessioni sul tema dei ricordi contenute nel testo “Arte e scienza della psicoterapia”1 di Piero Ferrucci. In un certo senso, “noi siamo i nostri ricordi”, afferma l’autore. Ma la questione, come lui stesso specifica, è decisamente più complessa.
E’ senza dubbio la continuità della nostra esperienza nel tempo a costituire il senso del nostro essere e del nostro esistere. Vi è tuttavia anche un Sé “disgiunto da qualsiasi esperienza, […] un’essenza svincolata dai ricordi, non condizionata dagli eventi della vita, capace di guardare al flusso di coscienza senza essere toccata: al di fuori del tempo”.
Nel capitolo preso in considerazione Ferrucci non si sofferma però tanto sull’argomento del Sé, quanto invece sul potere dei ricordi di agire in noi quale “veleno o nutrimento”. I ricordi “spesso ci spaventano e ci tengono in ostaggio”, […] sono come persone sepolte vive che continuano a vivere e gridare sottoterra, senza mai morire.
E la pregnanza delle emozioni collegate a questi ricordi genera sostanzialmente il nostro modo di guardare al mondo. I ricordi e le emozioni ad essi connesse sarebbero infatti alla base delle nostre convinzioni e delle teorie (non necessariamente ingenue) che consolidiamo nel corso del tempo e che utilizziamo per interpretare la realtà.
Il potere dei ricordi attraverso rimorsi, rimpianti e risentimenti
“Spesso i ricordi più tenaci”, afferma l’autore, “sono storie non concluse. Sono come frasi cui non è stato messo il punto finale. Rimpianti, rimorsi e risentimenti”. Nel lavoro terapeutico con le persone ci si rende facilmente conto di quanto potenti siano queste dinamiche.
“I rimpianti toccano ciò che doveva succedere e non è successo”. A volte la nostra vita può essere piena di rimpianti, piena di cose che avremmo voluto fare, provare, donare, creare. Sono davvero molte le persone che rimangono intrappolate in pensieri di questo tipo, senza riuscire a darsi pace per le occasioni perse, per gli affetti non vissuti, per le parole non pronunciate…
Spesso ciò che rimpiangiamo non può più essere recuperato, o cambiato, o restituito. Ma rimango spesso sorpreso dal modo in cui molte persone restano intrappolate in pensieri come questi, senza donare a loro stesse la possibilità di far evolvere il rimpianto verso qualche nuova forma di espressione, che potrebbe essere fonte di sollievo e di una rinnovata gioia esistenziale.
Ogni giorno della nostra vita può essere un’opportunità per osservare la realtà con occhi nuovi, diversi da quelli del rimpianto con cui ci siamo osservati per così tanto tempo.
“Altre volte si tratta di rimorsi. Ci rendiamo conto di aver fatto del male, di aver ferito persone care, e magari non c’è più rimedio. Il senso di colpa può diventare una forma suprema di tortura, una cottura a fuoco lento che ci accompagna per ogni giorno della nostra vita”.
E’ senza dubbio vero che ci troviamo in un’epoca in cui sembra molto più facile incolpare gli altri per ciò che ci accade. Sembra, perchè il senso di colpa è in realtà un sentimento estremamente diffuso, e che inevitabilmente ci pone nella condizione di dover considerare anche le nostre responsabilità.
Anche nel caso dei rimorsi possiamo trovarci in situazioni ormai non più modificabili. Ma siamo pur sempre noi stessi ad associare pensieri, sentimenti e stati d’animo agli eventi che ricordiamo. E più spesso di quanto crediamo, i nostri ricordi si plasmano negativamente attorno a quelle emozioni, impedendoci di riprendere a far scorrere in noi qualche barlume di serenità.
I ricordi possono anche assumere la forma del risentimento. Si tratta sostanzialmente del permanere della “rabbia per le offese ricevute. E’ un po’ come continuare a mugugnare dentro di noi per il torto subito, torto a volte piccolo ma ripetuto, a volte enorme, che ha cambiato il corso di una vita”. E come afferma Ferrucci, quando la rabbia è troppo grande per poter essere espressa, viene repressa.
Nel lavoro terapeutico, l’autore suggerisce spesso ai suoi pazienti di cercare di diluire la forza dei ricordi traumatici legati alla rabbia provando a trascriverli. Scrivere i propri ricordi negativi legati a ingiustizie, soprusi e offese subite, può alleggerirne il peso.
E questo perchè non siamo semplicemente macchine che devono periodicamente rilasciare la pressione interna, ma individui alla ricerca di senso. Trascrivere questo tipo di ricordi serve proprio a dar loro un ordine, serve a poter riformulare il ricordo riuscendo a vederli come “tessere di un mosaico che ha un significato”.
Sostanzialmente, i ricordi avrebbero bisogno di essere aggiornati. Dovremmo riuscire a “rivisitarli con gli occhi di oggi. Vederli alla luce dei nostri valori e della ragione, e non come a suo tempo li abbiamo vissuti, quando i ricordi non erano ancora ricordi, ma la vita stessa che ci ha assalito con brutalità, o sedotto, o stregato, o travolto”.
I nostri ricordi e il potere del perdono
Con particolare riferimento ai torti subiti, a volte una grande differenza può essere svolta dalla nostra capacità di perdonare. Abbiamo già affrontato l’argomento del perdono in alcuni articoli come ad esempio questo.
Per quanto possa sembrare incomprensibile, il perdono è una terapia per la nostra anima, indipendentemente dal valore “religioso” che possiamo attribuire a questa pratica. In altri termini, noi non abbiamo necessariamente bisogno di perdonare l’altra persona per le azioni da essa compiute, ma prima di tutto perchè noi sentiamo un rinnovato bisogno di pace con noi stessi.
Perdonare è un atto di gentilezza verso sé stessi. Come afferma Ferrucci, significa sostanzialmente lasciare indietro il passato ed iniziare a costruire un futuro libero dalle macchie del passato. “Chi perdona si libera di un peso e vive nel presente; anziché rimuginare, fa progetti; anziché essere pesante e pieno di dolori cammina sciolto e leggero per le strade della vita”.
Più spesso di quanto si possa immaginare, il perdono va anche rivolto a noi stessi, soprattutto nel caso in cui viviamo immersi nei sensi di colpa. Non è certamente rimuginando sulle nostre colpe che la nostra vita può migliorare. Non è così che potremo ritenerci in grado di offrire le nostre rinnovate qualità alle persone attorno a noi, che attendono magari da tempo un nostro cambiamento.
Per quanto pesantemente possano essere percepite le nostre colpe, non è rimuginando su di esse che possiamo diventare individui migliori. Forse è proprio ripartendo dal perdono di noi stessi che possiamo imparare a vedere nuove opportunità per creare un presente e un futuro diverso, colmo dei frutti delle lezioni apprese, anche quelle più amare, e del desiderio di elargirli.
I ricordi come fonte di energia
Il passato può essere fonte di tormento, ma anche una sorgente di rinnovate energie psichiche. I ricordi si accumulano, si stratificano in noi nel tempo. La loro rielaborazione può svincolare molte potenzialità creative oggi inibite dal potere che mantengono sulle nostre emozioni del presente.
Ogni volta che riusciamo ad alleggerire un senso di colpa, ogni volta che riusciamo a perdonare noi stessi o qualcun altro, ogni volta che consentiamo al nostro passato di prendere congedo rispetto al bisogno di mantenerlo masochisticamente presente nella coscienza, qualcosa in noi si rinnova, e restituisce nuova linfa vitale.
A seconda di come siamo in grado di interagire con essi, i nostri ricordi possono essere i nostri padroni, o preziose riserve di possibilità presenti e future.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) – Ferrucci, P. (2022), Arte e scienza della psicoterapia – La conquista interiore della libertà, Casa Editrice Astrolabio