Non è raro nei colloqui con le persone trovarsi ad affrontare l’argomento della scelta. Anzi, spesso il problema della scelta è lo specifico oggetto della richiesta di un intervento psicologico. Domande come le seguenti sono piuttosto frequenti all’interno di un percorso psicologico: “E’ opportuno che io rimanga nella situazione attuale oppure che io faccia una scelta di cambiamento?”; “E’ giusto che io stia con Marco o con Giovanni?”; “E’ giusto rinunciare ad A, se è l’unico modo per ottenere B”?.
Quando si affronta il problema della scelta è interessante notare che in qualche modo le persone lasciano trasparire di avere già chiara la direzione da seguire. Vorrebbero però il parere di un’altra persona, teoricamente qualificata ad aiutarle a scegliere.
Spesso ci si rende anche conto che la scelta non ancora esplicitata è effettivamente più saggia, ma generalmente comporta qualche tipo di sacrificio, oppure il differimento di (o la rinuncia a) una gratificazione più immediata. E non manca chi, in qualche modo, vorrebbe sentirsi legittimata/o da un “parere professionale” ad andare proprio verso quella direzione che, nel suo cuore, percepisce come non particolarmente opportuna.
Dopo aver esplorato i fondamenti più autentici dei valori personali dell’individuo che si trova di fronte al problema di una scelta potrebbe apparire infatti chiaro che l’opzione più accattivante non sempre coincide anche con quella più virtuosa.
Domani sarò ciò che oggi ho scelto di essere…
James Joyce
Come ci dobbiamo porre di fronte al problema della scelta
Premesso dunque che nelle persone dotate di adeguata maturità in qualche modo la risposta più opportuna è già presente almeno in forma latente, quale domanda dovremmo porre a noi stessi per risolvere elegantemente e saggiamente la questione? In quale modo possiamo far emergere in noi stessi un suggerimento adatto a guidarci nella risoluzione del problema della scelta tra due opzioni?
In casi come questi è spesso interessante notare che cosa accade quando ci si sposta dalla dimensione del “fare” verso quella dell'”essere”. In altri termini, la domanda non dovrebbe essere “che cosa devo fare?”, ma piuttosto “chi voglio essere?”. Piuttosto che concentrare e investire le energie sulla ricerca di una risposta alla parte “pratica” della questione, possiamo provare ad interrogarci sulle motivazioni più profonde legate al nostro senso dei valori.
Se desidero ad esempio mantenere un’immagine virtuosa di me stessa/o, o se voglio assumermi la responsabilità delle mie scelte di fronte alle persone a cui tengo, una buona analisi della situazione può partire dal chiedersi quale tra le opzioni cui sono di fronte mi consentirebbe, nel tempo, di sentirmi più in prossimità dei miei valori personali.
Ad esempio: “Quale scelta mi consentirà di esprimere la miglior versione di me stessa/o?”; Posso anche proiettarmi in avanti nel tempo, in un prossimo futuro, e chiedermi “quale comportamento vorrei aver manifestato in questa situazione per potermi sentire autenticamente fiera/o di me stessa/o?”.
Trascendere il rischio di avere rimorsi o rimpianti
Spesso le persone mi riferiscono che di fronte al problema di una scelta difficile, ciò che più temono è di avere in seguito rimpianti o rimorsi. E non è difficile notare che il problema è ancora una volta, come avrebbe detto Freud, quello di scegliere tra il principio del piacere e il principio di realtà. Ovvero, tra una gratificazione immediata e la consapevolezza di doverne valutare anche le conseguenze.
E forse varrebbe la pena anche notare che il fatto stesso di porre a sé stessi la questione in questo modo comporta almeno in forma rudimentale la consapevolezza di possedere una scala di valori personali a cui fare riferimento. E questo vale anche nei frequenti casi in cui il problema riguarda la scelta tra il minore di due mali.
A volte dobbiamo semplicemente sgomberare il campo da dubbi o insicurezze su noi stessi per cogliere un’occasione che si sta presentando nell’immediato. Altre volte invece dovremmo riflettere sulle conseguenze che il buttarci in ciò che sembra una ghiotta opportunità potrebbe avere su di noi.
Ma se siamo consapevoli di agire in conformità con le nostre migliori virtù personali, possiamo più facilmente allontanarci dalla sensazione di rischiare di avere in seguito rimorsi o rimpianti.
Non confondere i propri “blocchi psicologici” con i propri valori personali
Vale senza dubbio la pena riflettere anche sul fatto che un sistema di valori deve essere tale, nella sua bellezza e purezza. Non deve in alcun modo essere confuso con un senso di costrizione ad agire in un certo modo a causa della presenza di blocchi “psicologici”, immaturità personale, condizionamenti o “pressioni esterne” di vario tipo.
Confrontarsi con saggezza con la propria scala di valori ha un senso e un’utilità solamente nel caso in cui siamo consapevoli di poter scegliere liberamente, e di possedere un’autentica libertà di pensiero. Quando vi è la presenza di condizionamenti irrisolti rimane il rischio di poter effettuare le nostre scelte sulla base di vincoli psicologici di cui non abbiamo consapevolezza.
Una persona che agisce in piena libertà, nella sua mente e nel suo cuore, non può che agire in saggezza, responsabilità e consapevolezza.