In un interessantissimo testo dal titolo “L’Immaginazione Mitica” (2), il prof. Stephen Larsen espone una visione certamente non innovativa sul rapporto tra psicologia e mito, capace però di affascinare grazie al suo saper cogliere sfumature mai adeguatamente valorizzate dalla psicologia moderna.
Citando il celebre studioso Joseph Campbell, l’autore ricorda come “I simboli mitologici colpiscono, stimolandoli, centri vitali che le terminologie della religione e la forza della coercizione non possono raggiungere”. E questo tipo di stimolo, a suo avviso, è proprio ciò che sembra mancare all’uomo moderno.
Oggi cerchiamo la nostra strada dentro un“universo totalmente laicizzato, reso avido e in un certo senso disumano dalle rivelazioni della scienza”. Sembriamo talvolta provare nostalgia per un universo più animistico, in cui l’avventura umana cerca ancora la possibilità di essere libera di partecipare ad una vita più ampia e spirituale.
Psicologia e Mito in Freud e Jung
Larsen evidenzia poi come i due giganti della psicologia, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, abbiano trovato proprio nel rapporto tra psicologia e mito sia un’iniziale e proficua intesa, che uno dei motivi della loro successiva divergenza.
Jung era da sempre convinto che solo comprendendo a fondo i miti si sarebbe compreso davvero qualcosa in più della psiche individuale e collettiva. La mitologia, per lo psichiatra svizzero, sarebbe alla base dell’interpretazione dei sogni e delle immagini simboliche dell’uomo moderno.
Freud non era da meno, avendo individuato nel complesso centrale della mitologia una sorprendente metafora per la definizione delle dinamiche psichiche nella nevrosi. Entrambi dunque avanzarono l’ipotesi che i miti che in ogni epoca hanno costellato la storia dell’uomo, messi all’angolo dalla mente illuministica moderna, giacerebbero comunque negli stati più inconsci della nostra psiche.
Le loro strade poi si divisero. Freud giunse alla conclusione che la funzione del mito in psicologia si limitasse ad una rappresentazione illusoria, compatibile con lo stato nevrotico del soggetto. La mitologia sarebbe stata dunque materia da trattare entro lo studio dello psicologo, ma destinata a costituire una credenza senza futuro per quanto riguarda altri tipi di contesto.
Jung sviluppò il rapporto tra psicologia e mito fino a ricavarne la convinzione che nei miti affondano le radici della personalità e che essi invitano l’umanità a prendere coscienza ed a contemplare la bellezza della realtà spirituale che essi rappresentano simbolicamente. E questa sarebbe la “missione” più importante assegnata all’uomo moderno, che, come indicato in uno dei suoi scritti più conosciuti, sarebbe “in cerca di un’anima”.
Larsen conclude quindi che questa scissione non ha rappresentato solamente la separazione del pensiero dei due grandi maestri, ma anche quella scissione radicale di valori in atto nella nostra moderna epoca, destinata probabilmente a sopravvivere per lungo tempo ancora. Ecco un pensiero di Jung che sembra sintetizzare bene la loro divergenza:
Dove Freud andrà sempre a cercare una causa di ordine sessuale, io rintraccio l’origine dei sogni in influenze mitologiche antichissime. In tutti noi giacciono assopiti ricordi subconsci riconducibili ai nostri più remoti antenati; e questi la notte si ridestano e cercano di compensare l’atteggiamento falsato che noi uomini moderni abbiamo nei confronti della natura.
Carl Gustav Jung (1)
La saggezza del mito in James Hillman
“Davvero gli dei sono fuggiti?” si domanda James Hillman in un suo testo dedicato all’argomento (3). Per questo importante pensatore moderno, da poco scomparso, la ragione della rilevanza della mitologia greca nel moderno contesto occidentale sarebbe proprio il fatto che “[i greci] non conobbero una psicologia del profondo e una psicopatologia, contrariamente a noi. Loro avevano i miti. Mentre noi non abbiamo miti veri e propri – solo una psicologia del profondo e una psicopatologia. Perciò … la psicologia mostra i miti in vesti moderne, mentre i miti mostrano la nostra psicologia del profondo in vesti antiche”.
Gli dei sarebbero dunque ancora presenti tra di noi, se siamo disposti a fare lo sforzo di vederli. Uno degli aspetti più interessanti di questa sua osservazione è la possibilità di prevedere le conseguenze non sempre favorevoli delle intenzioni umane, persino quelle caratterizzate dai più nobili propositi. Il mito altro non esprimerebbe infatti se non il modo in cui le nostre ombre trovano manifestazione nella realtà, quando non siamo in grado di riconoscerle.
Psicologia e mito nel Viaggio dell’Eroe
In questo gruppo di pagine dedicate al tema della psicologia e del mito, proveremo ad analizzare alcuni dei più interessanti miti ripresi soprattutto dal filone psicoanalitico della psicologia. Parleremo ad esempio del complesso di Edipo, su cui Freud ha costruito le fondamenta di una visione della psicologia che orienta il lavoro di molti analisti anche in epoca moderna.
Un altro tra i temi che avrò piacere di trattare riguarderà anche il cosiddetto “viaggio dell’Eroe“. Vi è un’infinità di miti collegati a questo archetipo, splendidamente utilizzabili nel lavoro psicologico. Ne sono un esempio le fatiche di Ercole, in cui l’eroe affronta una prova dopo l’altra per giungere metaforicamente alla piena realizzazione del suo Sé.
Ma ne è un esempio anche il processo di individuazione di Jung, in cui, non a caso, le relative tappe sono rappresentate da figure archetipiche che hanno davvero molto in comune con il mito. Si tratta infatti, in sequenza, dell’incontro con l’Ombra, poi con l’Anima (o Animus), poi con il Vecchio Saggio ed infine con l’archetipo del Sé.
Il viaggio più importante che l’uomo ha da sempre affrontato in ogni epoca ha a che fare con la scoperta di sé. “Conosci te stesso“, recitava l’antica e ben nota esortazione Delfica. Forse, anche nel pieno della vita caotica che ci viene imposta dalla modernità, se tendiamo l’orecchio verso gli strati più sedimentati del nostro inconscio, potremmo udire la flebile voce di quell’eroe interiore che ci invita ad intraprendere il nostro viaggio personale.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) – William McGuire, R.F.C. Hull, Jung Parla – Interviste e Incontri, Gli Adelphi (p.78)
(2) – Stephen Larsen, L’Immaginazione Mitica, Pratiche Editrice
(3) – James Hillman, Figure del Mito, Adelphi Edizioni