L’illusione dell’Invulnerabilità Emotiva

L'invulnerabilità emotiva appare sempre più come una soluzione illusoria ad una sempre più diffusa ipersensibilità affettiva. Come possiamo aprirci alla vita in maniera diversa
L’illusione dell’Invulnerabilità Emotiva
L’illusione dell’Invulnerabilità Emotiva
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In un articolo di qualche giorno fa pubblicato su “The Guardian” dal titolo Snowflake or tough cookie, you’re just hiding from pain, l’autore, Oliver Burkeman, offre un breve spunto di riflessione su quella che sembra essere una sempre più diffusa esigenza di “invulnerabilità emotiva” da parte soprattutto delle generazioni più giovani.

Ed in effetti non è difficile, semplicemente osservando abitudini, desideri e comportamenti delle persone, rendersi conto dell’importanza di questo fenomeno. Una generale ipersensibilità emotiva e affettiva sembra infatti caratterizzare sempre più pervasivamente le persone, suscitando reazioni che non di rado sfociano nella richiesta di sviluppare una “pelle più dura”.

Burkeman riporta un pensiero del filosofo Todd May, secondo il quale la moderna tendenza alla ricerca di una maggiore durezza d’animo sarebbe figlia dell’illusione di potersi sottrarre alla sofferenza presente nel mondo, facendo in modo di non esserne personalmente toccati.

Alla fine, afferma il filosofo, la persona troppo sensibile e quella che cerca l’invulnerabilità emotiva finiscono per assomigliarsi. La prima cerca di evitare le situazioni angosciose, la seconda, semplicemente, cerca di evitare l’angoscia indipendentemente da quale sia la situazione che la scatena.

L’Invulnerabilità Emotiva è dunque la soluzione?

No, stando almeno a quanto suggerisce il filosofo citato nell’articolo. Esisterebbe infatti un’alternativa a tutto questo, ovvero la possibilità di provare angoscia senza rimanere distrutti. Il pensiero di poter evitare del tutto la sofferenza è abbastanza puerile. E la ricerca di qualche forma di invulnerabilità emotiva, semplicemente un’illusione.

Possiamo davvero pensare di poterci esporre al calore dei contatti umani o all’affetto delle persone care senza mettere a rischio la nostra vulnerabilità emozionale? Pensiamo davvero che possano esistere interazioni sociali così superficiali o distaccate da poter soddisfare un desiderio di invulnerabilità emotiva?

Credo non si possa che concordare con la conclusione dell’articolo di Burkeman. Alla fine, semplicemente, “vogliamo sentirci avvinti da ciò che facciamo e dalle persone a cui teniamo, coinvolti da loro, considerati da loro. Il prezzo di questo coinvolgimento è la nostra vulnerabilità.

Lavorare sulla Gioia interiore o sull’Invulnerabilità Emotiva?

Ho spesso insistito, in diversi articoli di questo sito, sulla necessità di imparare ad osservare, comprendere e regolare le nostre emozioni. Non dobbiamo seguire le nostre emozioni, come affermava Roberto Assagioli, ma devono essere le nostre emozioni a seguire noi. Che cosa significa questa espressione apparentemente banale o addirittura assurda?

Sia nella mia pratica professionale di psicologo che nella vita di tutti i giorni mi rendo conto di quanto sia difficile comprendere con chiarezza questo aspetto. Le persone mi ripetono costantemente che in assenza di situazioni ed emozioni positive non possiamo in alcun modo essere felici.

Tutto ciò è però vero solo in parte. Risulta vero solamente se abbiamo deciso di vincolare il nostro benessere psicologico alla quantità di risultati emotivamente positivi che confidiamo di ottenere dal costante girare della ruota della fortuna della vita.

Possiamo però decidere, in ogni momento, di modificare profondamente il nostro approccio alla vita. Possiamo continuare a proteggerci con l’invulnerabilità emotiva, al prezzo della rinuncia a tutte le esperienze emozionali che potrebbero minacciarla.

Oppure possiamo decidere di vivere pienamente la nostra vita, interpretandola come un cammino la cui meta è la gioia, una gioia stabile, saggia ed equilibrata, maturata dalla consapevolezza che anche nelle situazioni più dolorose vi è qualcosa in noi capace di accogliere, comprendere e superare le emozioni che ne derivano, facendone tesoro per la propria crescita interiore.

E questo “qualcosa” ha sede nelle sfere più elevate e nobili della nostra coscienza, ma si tratta, alla fine, del nucleo più autentico e luminoso del nostro stesso Essere.

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