Spiritualità e Psicologia possono dialogare?
Spiritualità e Psicologia costituiscono ambiti di esperienza e di studio che possono apparire del tutto eterogenei. Molto però dipende dalla definizione che di entrambi diamo. La Psicologia è quella disciplina scientifica che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ha assunto i metodi di studio e ricerca propri delle scienze naturali, dedicandosi allo studio delle funzioni cognitive. Ma è anche quella disciplina che si occupa di comprendere il vissuto interiore dell’essere umano, dalle dinamiche più istintive e pulsionali, fino a quelle più evolute e transpersonali.
Anche il concetto di Spiritualità ha oggi oltrepassato i rigidi confini dell’ambito religioso in cui, nel corso della storia, era di norma stato relegato. Non pochi individui oggi avvertono l’esigenza di intraprendere percorsi di tipo “spirituale” senza necessariamente riconoscersi negli elementi distintivi di qualche organizzazione religiosa tradizionale.
Se dunque riconducessimo per un attimo la Psicologia a quel contesto che, etimologicamente parlando, le ha dato il nome, potremmo renderci conto che la differenza tra i due ambiti dell’umana esperienza definibili come Spiritualità e Psicologia hanno più affinità che distinzioni 1.
La Spiritualità moderna
Si parla spesso, nel nostro contesto moderno, di assenza di valori, di mancanza di punti di riferimento “spirituali”, di esclusivo orientamento al benessere e al tornaconto personale. Nel corso degli ultimi vent’anni ho personalmente dedicato notevoli risorse al tentativo di trovare un ponte di collegamento tra Spiritualità e Psicologia. Ho dovuto però constatare quanta difficoltà vi sia nel poter circoscrivere un perimetro entro il quale collocare con certezza ciò che può essere davvero considerato “Spirituale”.
Ogni persona, gruppo o organizzazione che si fa “promotore” di questioni riguardanti la spiritualità, ha di questo fenomeno una visione del tutto soggettiva e spesso separativa. All’esterno dei tradizionali ambiti religiosi si è però sedimentata una certa tendenza a sovrapporre elementi di natura strettamente emozionale con aspetti della vita psichica più vicini a ciò che si potrebbe invece definire sviluppo spirituale o transpersonale.
In altri termini, esiste una diffusa tendenza ad affrontare questioni di grande delicatezza, come il bisogno di conoscenza di sé e di trascendenza, senza la necessaria prudenza. Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo che trattava il medesimo tema. In esso si accennava al rischio di confondere la tendenza a “fuggire dal reale” con esperienze di sviluppo spirituale:
Emozioni ed Esperienza dell’Anima
Data la natura di questo sito, e dei contenuti che vengono proposti, questa affermazione potrà forse sembrare sorprendente. Eppure è sufficiente guardarsi attorno e vedere quale sia l’offerta di “spiritualità” presente oggi in un numero impressionante di siti internet, di social media, ecc.
Troppo spesso oggi si parla di “cuore” quando sarebbe più corretto utilizzare il termine “emozione”. Troppo spesso si parla di “anima” facendo riferimento semplicemente a qualche forma di benessere emozionale o di piacere della vita. Una manifestazione emozionale, per quanto interiormente profonda, appagante o toccante, rimane sempre una manifestazione emozionale.
In Oriente questo rischio è noto da millenni, ed è definito annebbiamento. Anche la ricerca spirituale ha infatti i suoi rischi. Il primo è quello di inoltrarsi in un sentiero apparentemente spirituale, in cui a parlare sono però solamente le nostre emozioni. Quel Centro di Energia Creativa e Volontà, in grado di coordinare e vitalizzare la nostra intera personalità e che corrisponde indicativamente al nostro Sé superiore o transpersonale, è ancora silente e non raggiungibile.
In assenza di un Centro che coordina tra di loro le azioni del nostro corpo fisico (e gli istinti ad esso correlati), le nostre emozioni, e la nostra mente pensante, finiremmo per dare ascolto solamente in maniera unilaterale ad uno di questi tre aspetti . Abbiamo dunque bisogno di riconoscerci in qualcosa che trascenda questi tre aspetti e che allo stesso tempo possa essere in grado di coordinarli nella loro interazione.
Quando questi tre aspetti sono ben coordinati entro la nostra personalità, allora abbiamo sufficiente lucidità, sufficiente buon senso, e adeguata apertura mentale per poterci inoltrare in territori che altrimenti risulterebbero eccessivamente saturi di “sirene”. Sono innumerevoli infatti le seducenti esperienze emozionali che incontriamo lungo percorsi di questo tipo, tutte potenzialmente in grado di favorire “facili soluzioni”, che richiedono però il sacrificio del buon senso a favore dell’illusione.
Quando attraversiamo una fase di sofferenza acuta, ad esempio, siamo predisposti ad aggrapparci a tutto ciò che costituisce una luce, una spiegazione, un senso, o una speranza. Sia chiaro: nessuno deve permettersi di biasimare atteggiamenti di questo tipo se non ha egli stesso attraversato l’oscura valle della sofferenza. Paradossalmente, esperienze di questo tipo possono addirittura aprire porte che nel tempo conducono invece ad esperienze di crescita interiore molto più autentiche, psicologicamente e filosoficamente coerenti, e soprattutto libere da illusioni.
Spiritualità e Psicologia nella concretezza del quotidiano
Quanto abbiamo appena affermato non deve assolutamente scoraggiare. Ha solamente lo scopo di proporre una riflessione sulla grande opportunità che uno sviluppo interiore che tenga conto anche degli aspetti più finemente Spirituali dell’uomo può offrire. Nel contempo desideriamo anche richiamare l’attenzione sulla responsabilità che ciascuno di noi si deve assumere nel mantenersi comunque pienamente attenti e presenti alle necessità dei nostri ruoli sociali, familiari, lavorativi, ecc.
E richiama anche l’attenzione sulla responsabilità dello Psicologo, che, nel trovarsi a gestire casi di questo tipo, deve essere in grado di saper distinguere con chiarezza una fuga dal reale da un autentico anelito del Sé Superiore o Transpersonale. Enorme è infatti la differenza nell’impostazione del percorso da seguire con l’Utente. Senza contare il fatto che vi sono situazioni in cui, lungi dall’essere di natura chiaramente Spirituale, sono richieste le competenze di altri professionisti. Ad esempio di tipo psicoterapeutiche o medico-psichiatriche, a cui la persona deve essere prontamente inviata in caso di palese necessità.
Svolgere consapevolmente, intelligentemente e responsabilmente il proprio dovere nella vita quotidiana è la prima ed assoluta questione di cui ci dobbiamo preoccupare. La nostra spiritualità non cresce grazie alla libertà di tempo o alla libertà dalle responsabilità, ma cresce proprio grazie alle difficoltà che siamo in grado di risolvere nella vita quotidiana e da quel Sottile Elemento che sappiamo astrarre da essa.
Il nostro atteggiamento spirituale è qualcosa che deve irradiare dalle nostre vite, così come il profumo irradia da una rosa. Possiamo ambire a divenire Donne e Uomini spiritualmente migliori solamente quando sappiamo distillare l’essenza della nostra personalità da una vita che il più delle volte si presenta difficile, e carica di ostacoli e responsabilità.
Solo le persone in grado di affrontare la vita nella sua complessità, senza perdere mai quel punto di riferimento “Spirituale” che hanno trovato in loro stesse, sanno procedere lungo quel sentiero di sincera ricerca di Elevazione, senza incorrere nel rischio di perdersi in pericolose emozioni illusorie.
NOTE
1 – “Il termine psicologia, derivato dal greco psychè «anima» (intesa come luogo del pensiero) e lògos «discorso, indagine», designa una scienza che osserva, descrive e classifica i fenomeni psichici, cercando di comprenderne le cause e le dinamiche” (Enciclopedia Treccani).
Ma andrebbe poi però definito anche che cosa si intende per “luogo del pensiero“, dal momento che la scienza moderna dibatte vivacemente attorno al fenomeno della coscienza. Il filosofo David Chalmers afferma ad esempio che, per studiare la coscienza, è indispensabile andare oltre ai metodi fino ad ora adottati dalle scienze naturali. A causa della sua complessità, questo ambito è stato definito “hard problem of consciousness“, e rende almeno in parte l’idea degli interrogativi che gli psicologi (e non solo) dovrebbero porsi prima di escludere dalla vita mentale tutte quelle questioni che, lungo tutto il fecondo passato della Filosofia, hanno impegnato le menti più eccelse.