Nell’ottimo testo della più famosa allieva di Jung, Marie-Louise von Franz, dedicato all’analisi dei sogni (1), sono riportati alcuni esempi delle riflessioni che è possibile effettuare su un tipo di materiale onirico particolarmente interessante. Avrei piacere di condividere, in questo breve articolo, un esempio che riguarda uno degli aspetti più affascinanti della psicologia Junghiana: la presenza dell’Anima nelle immagini dei sogni.
Secondo la concezione di Jung, il concetto di Anima esprime la personificazione di tutte le tendenze psicologiche femminili della psiche dell’uomo (2). Riguarderebbe tutto ciò che non appartiene agli aspetti che, culturalmente parlando (almeno all’epoca di Jung), appaiono meno attribuibili con immediatezza alla figura maschile.
Ne sono esempi i sentimenti, gli atteggiamenti vaghi e imprecisi, i presentimenti, gli aspetti irrazionali, l’amore di sé, l’atteggiamento nei confronti dell’inconscio. L’Anima sarebbe dunque un elemento interiore inconscio avente caratteristiche femminili. Lo stesso meccanismo, secondo Jung, sarebbe presente anche nella donna. Il sesso femminile possiederebbe, all’opposto, un elemento inconscio avente caratteristiche maschili, definito Animus.
Si parla spesso, ancora oggi, di questo aspetto nelle dinamiche dell’innamoramento. Anima e Animus si presterebbero con una certa facilità ad essere “proiettati” sul partner, facendo scattare i meccanismi dell’attrazione in maniera estremamente passionale. In sostanza, quando un essere umano sovrappone su un’altra persona la figura idealizzata di Anima o Animus che alberga nel proprio inconscio, l’attrazione verso di essa sarebbe inevitabilmente irresistibile.
L’Anima non si limita naturalmente solo a questo. Jung ha dedicato a questo archetipo molti dei suoi studi. Può assumere, come in questo caso, anche un ruolo di “guida interiore”, quando la persona è sufficientemente equilibrata da riuscire a riconoscerla. Questa guida sarebbe uno degli elementi in grado di condurre l’essere umano lungo il percorso di scoperta del proprio Sé. Ne è un meraviglioso esempio archetipico la Beatrice di Dante.
I “gradi di sviluppo” dell’Anima, secondo Jung (2), sarebbero quattro, e vale forse la pena menzionarli sinteticamente per poter avere un’idea più precisa del nucleo psicologico rappresentato nel sogno di seguito riportato:
- Il primo livello è identificabile nella figura simbolica di EVA. Essa indicherebbe gli aspetti di natura puramente istintiva e biologica;
- Il secondo corrisponderebbe alla faustiana figura di ELENA. Essa simboleggerebbe uno stato romantico, di estasi, che rimane però caratterizzato dalla presenza di aspetti di natura sessuale;
- Il terzo livello avrebbe la sua raffigurazione nella figura della VERGINE MARIA, una donna che eleva l’amore al suo aspetto di più elevata devozione spirituale. Eros, in questo caso, viene spiritualizzato e concepito in termini di elevazione religiosa.
- Al grado più elevato apparterrebbe la figura di SOPHIA, simbolo di una saggezza divina in grado di trascendere anche le manifestazioni umane più pure e sante. Paradossalmente, secondo Jung, questo sarebbe però il modo di ricondurre la saggezza ad un livello più autenticamente prossimo alla vita. Questo aspetto sarebbe presente nell’uomo in grado di rapportarsi correttamente con la donna, senza cadere vittima del suo “lato divorante”.
Vediamo dunque la rappresentazione onirica della figura d’Anima.
La figura dell’Anima Junghiana nel Sogno
Ho sognato di camminare lungo un ampio fiume.
La corrente era veloce e la luce si rifletteva scintillante nell’acqua.
In cima alla collina c’era un castello circondato da un fossato.
Attraversavo il ponte levatoio ed entravo nel cortile centrale del castello.
Una donna sedeva sul bordo del pozzo, in mezzo al cortile.
Calava un mestolo nel pozzo e me lo porgeva.
Io lo afferravo e bevevo.
Lei, allora, immergeva di nuovo il mestolo nel pozzo e me lo porgeva per la seconda volta.
Io bevevo di nuovo ed ella ripeteva la stessa operazione per la terza volta.
Bevevo ancora e poi mi sedevo sul bordo del pozzo, di fronte a lei.
Indossava una veste celeste; era una donna eccezionalmente bella.
Il solo fatto di sedere lì con lei mi dava un senso immenso di pace.
Come è riportato nel testo, “la bellezza della figura dell’Anima di questo sogno crea un’impressione sublime. Il sognatore ha affermato che è il più bel sogno che egli ricordi”. Ed in effetti mi è capitato raramente di avere la fortuna di vedere un’immagine dell’Anima Junghiana così nitida nei sogni, o di raccoglierne una testimonianza nell’attività onirica delle altre persone.
Marie-Louise von Franz si sofferma innanzitutto sull’aspetto simbolico del fiume che scorre, lungo il quale il sognatore si trova a camminare. Il fiume rappresenterebbe il flusso della vita, il fluire del tempo e il suo dissolversi poi nell’eternità dell’oceano. Costituirebbe un ottimo paragone con tutto ciò che nella vita è in costante movimento o cambiamento.
In tutto questo però vi sarebbe un elemento che accompagna la nostra identità lungo tutto il fluire della nostra vita. Il fiume è il misterioso fluire dell’esistenza, ma proprio in quel contesto l’uomo incontra la donna seduta sul pozzo. Essa rappresenterebbe dunque l’incontro con il femminile, con l’Anima.
Il contesto è quello di un castello medioevale, una delle cosiddette courts d’amour francesi, secondo la von Franz, in cui “ogni cavaliere sceglieva una donna (che non era la moglie) e la eleggeva a rappresentante della sua Anima amata. Componeva poesie per lei e compiva azioni eroiche in suo nome. La venerava come una dea” (1).
Secondo l’autrice questi uomini sarebbero stati in grado di liberarsi del loro comportamento di guerrieri barbari acquisendo lo stato di uomini colti, capaci di rapportarsi finemente e sensibilmente con la donna.
La figura d’anima, nel sogno, offre per tre volte al sognatore l’acqua della vita. Questo elemento sarebbe di difficile definizione, ma sappiamo che quando le persone si sentono (anche psicologicamente) sane, tendono ad affermare di “sentirsi vive”, persino mentre attraversano momenti difficili. Le persone affette da fissazioni nevrotiche arrivano invece ad affermare di sentirsi morte. Non si tratta infatti di un fatto semplicemente fisico.
L’inconscio, secondo la von Franz, ci offrirebbe ogni notte, attraverso i sogni, un mestolo di quell’acqua di vita che, se sappiamo correttamente interpretare, si trasforma in autentica sostanza vitale.
L’Anima nei sogni e la Trascendenza
Come è chiaro ai lettori di questo sito, il tema della Trascendenza è uno degli aspetti che più mi stanno a cuore sia a livello culturale personale, che come elemento a cui prestare particolare attenzione nei percorsi psicologici con le persone a cui dedico il mio lavoro.
Questo sogno ha senza dubbio le caratteristiche per appartenere all’ambito della figura Junghiana dell’Anima, ma ritengo sia sempre opportuno conoscere molto approfonditamente una persona prima di potersi esprimere in merito al significato simbolico, sempre strettamente personale, della sua produzione onirica.
- Se si tratta di un uomo alle prese con la risoluzione di un conflitto interiore con l’elemento femminile, il sogno potrebbe rappresentare una riarmonizzazione con la sua controparte femminile, auspicabilmente in grado di riflettersi sul miglioramento delle sue relazioni intime.
- Se si tratta però di una persona incline alla ricerca di una spiritualità più elevata, ciò potrebbe rappresentare invece un avvicinamento agli aspetti più nobili della figura d’Anima, individuati da Jung come “Vergine Maria” o “Sophia”, a seconda del particolare tipo di spiritualità in cui il sognatore si identifica. Vi sono però persone il cui bisogno di elevazione interiore anela ad estendersi verso vette di consapevolezza di natura ulteriormente trascendente. Questo aspetto è stato spesso definito come Sé Transpersonale, ed appartiene a quella sfera di esperienza alla cui ricerca alcune persone dedicano saggiamente ed equilibratamente parte della loro esistenza. Lo si può forse meglio definire in termini di consapevolezza, perché è un’esperienza che non appartiene nel modo più assoluto alla dimensione della “fede”, ma riguarda unicamente la ricerca intelligente di niente meno che la natura ultima dell’Essere Umano.
Con la tecnica dell’Esperienza Immaginativa, è possibile incontrare il medesimo archetipo, ma quando si presenta nei termini descritti nel secondo punto l’analisi è di orma giunta ad una fase in cui l’Io si dimostra sufficientemente libero da conflitti e pertanto capace di estendere il suo dominio verso l’alto in tutta sicurezza. Il rischio dell’illusione della spiritualità è infatti sempre dietro l’angolo. Rocca e Stendoro, due autori che hanno molto contribuito allo sviluppo in Italia di questa tecnica di intervento psicologico, definivano “stati luce” le immagini come queste, proprio per la loro bellezza e autenticità.
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BIBLIOGRAFIA
(1) – von Franz M.L., 1990, Il mondo dei sogni. Alla scoperta di ciò che veramente siamo, Red Edizioni
(2) – Jung C.G., 1996, L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina Editore