Veder brillare un cielo notturno è un’esperienza sempre più rara a causa delle condizioni sfavorevoli del cielo notturno nelle grandi città. Eppure, anche non vedendolo, anche solo immaginandolo, trasmette un senso di ordine, perfezione e bellezza non paragonabili probabilmente ad altro.
E non posso non pensare costantemente al senso di questa vastità, allo scopo di questa armonica bellezza. E allo stesso tempo non posso non pensare che noi stessi apparteniamo a questa bellezza e a quest’ordine. In fin dei conti, i nostri corpi sono composti di elementi che si sono formati nel cuore di qualche stella. E se dunque vi è un ordine e uno scopo per l’universo infinito, deve necessariamente esservene uno anche per noi. Già, ma come conoscerlo?
La scienza contempla, parallelamente, realtà sempre più complesse e sbalorditive, nel microcosmo come nel macrocosmo. Negli spazi infinitamente piccoli, come in quelli infinitamente grandi. Mentre l’uomo rimane al centro, come se nulla nel frattempo perturbasse lo stato della sua natura, incapace di ammettere la sua stessa complessità, la sua stessa infinitezza, la sua stessa bellezza.
E’ dunque importante che sia la Psicologia a farlo per prima. E’ importante che la Psicologia sappia osservare la bellezza della complessità umana, la natura misteriosa del fenomeno dell’autocoscienza, l’armonia dei sentimenti più nobili, il bagliore delle intelligenze più illuminanti…
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