“Se gettiamo per terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario; si spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché invisibili, erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura del cristallo. Strutture simili, piene di strappi e fenditure, sono anche i malati di mente” (1)
Sigmund Freud.
Credo che questa sia una delle più belle e significative metafore utilizzate dal padre della psicoanalisi per descrivere la natura della mente e delle relative patologie. Afferma sostanzialmente che quando un cristallo viene gettato a terra si frammenta in maniera predeterminata a seconda della sua stessa struttura. Le crepe e le fenditure interne che lo caratterizzano determineranno inevitabilmente quei punti deboli lungo i quali avverrà con più facilità la separazione dei frammenti.
Allo stesso modo, in presenza di un piccolo o grande trauma la nostra mente tende ad “andare in frantumi” in misura quantitativamente e qualitativamente prevedibile in base alla natura delle fenditure (le esperienze della vita, più o meno dolorose) che si sono create in essa nel corso dell’intero sviluppo.
In altri termini, quanto più profonde e numerose sono le nostre fenditure, tanto più severo rischierà di essere l’impatto di eventuali eventi difficili che la vita può presentare. E questo è uno dei motivi per cui è sempre molto difficile parlare di normalità in psicologia.
E’ come se si potesse dire che in qualche modo le persone psicologicamente “sane” o “nella norma” sono semplicemente individui la cui struttura, fortunatamente, non è mai stata “gettata per terra”. Per cui, non si è potuto verificare se e come si sarebbe potuta frantumare.
Sono quelle venature a renderci unici
Riflettendoci bene, è facile rendersi conto che quelle fenditure hanno però almeno una duplice natura. Nessuno di noi può probabilmente affermare di non aver subito alcun tipo di frustrazione, privazione o addirittura trauma nel corso del proprio sviluppo. E sono proprio queste situazioni critiche ad aver segnato le diverse fenditure all’interno del cristallo della nostra mente.
Da un lato esse rappresentano dunque i rischi. L’esposizione a situazioni emotivamente difficili può essere molto più difficile per una persona la cui struttura risulti eccessivamente indebolita dalle tante crepe già presenti.
Ma può essere vero anche il contrario. Sono infatti quelle stesse venature a renderci unici. Il nostro valore quali individui difficilmente sarà esprimibile in termini di assenza di fenditure. Si evidenzierà molto più probabilmente proprio attraverso il modo in cui siamo stati in grado di saldare e tenere unite quelle linee di fragilità; attraverso il modo unico, personale e creativo in cui abbiamo permesso e permettiamo a quel cristallo di risplendere nonostante le sue fragilità.
Più quelle fenditure appaiono articolate, complesse e artisticamente intrecciate, più la nostra personalità si può arricchire di elementi di consapevolezza, esperienza di vita, profondità interiore e saggezza. Ma a tutto questo non si arriva con facilità.
E’ richiesta la nostra disponibilità a guardare alla vita con sempre nuovo interesse, con sempre nuovo desiderio di superare i propri limiti e con la consapevolezza di chi ha superato il rimpianto e il senso di ingiustizia per ciò che la vita sembra avergli negato.
Bellezza e unicità della ricomposizione
Ma anche quando la nostra vita sembra frantumarsi sotto il peso di esperienze difficili, possiamo ancora essere noi a decidere il nostro destino. Una parte di noi può ancora rimanere in disparte, in posizione di consapevolezza rispetto alla difficoltà del momento, e da quella posizione guidare e dirigere il processo di ricostruzione.
Molto interessante da questo unto di vista il paragone simbolico con l’arte giapponese del “kintsugi“, in cui oggetti di ceramica frantumati vengono ricostruiti rinsaldando i frammenti con del metallo prezioso.
In questo caso, sono proprio le venature rinsaldate a dare preziosità all’opera finita. In altri termini, tutto ciò che ci ha feriti può essere rinsaldato, con il nobile materiale del cuore, rendendo più preziosa, unica e solida la nostra personalità.
La nostra bellezza e unicità come individui non dipende dunque necessariamente dal grado di protezione dalle difficoltà e dai tormenti di cui abbiamo potuto beneficiare nella nostra vita. Dipende molto più probabilmente da quanto abbiamo imparato a divenire gli artisti creativi della nostra vita, ogni volta che abbiamo sentito andare in frantumi qualcosa di noi.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) – Freud S. – Introduzione alla psicoanalisi – Universale Bollati Boringhieri, Lezione 31, p.465