E’ una riflessione su cui mi sono soffermato in questi giorni… Per vedere le stelle è necessario che cali il buio. Più è buio, più se ne possono scorgere. E mi sono chiesto se, in un certo senso, questo possa valere non solamente per l’universo attorno a noi, ma anche per il nostro personale mondo interiore.
Grazie al mio lavoro di psicologo, ho più volte avuto il privilegio di rendermi conto che non di rado le persone scoprono il loro luminoso firmamento interiore solamente dopo che nella loro vita è calato un buio profondo.
Non voglio certamente affermare che nella nostra vita le stelle più luminose possano iniziare a splendere solamente dopo momenti difficili, ma non è comunque raro rendersi conto di quanto il buio deserto della solitudine, della depressione o della mancanza di senso possa, con il tempo e le opportune riflessioni, offrire nuovi scenari di consapevolezza.
Come potremmo definire questi punti luminosi che costellano il nostro universo interiore? Come possono trasformare la nostra esistenza? Quale potrebbe essere il senso del loro apparire al nostro orizzonte interiore?
Non è semplice rispondere a interrogativi di questa profondità. E’ però certo che offrono a ciascuno un’esperienza di consapevolezza del tutto soggettiva. Personalmente, amo definire questi punti luminosi come elementi che costellano la nostra coscienza, conferendo verità e bellezza.
Il buio, ovvero i problemi, le difficoltà, le frustrazioni e la mancanza di consapevolezza che ci possono accompagnare talvolta anche per lunghi periodi, possono alla fine mostrarci realtà più nuove, più lontane, più elevate, più luminose, che non saremmo mai stati in grado di vedere prima di precipitare in quel buio.
L’antico saggio cinese Lao Tzu affermava che è meglio accendere una lanterna che maledire l’oscurità. E forse basterebbe sollevare lo sguardo dai nostri problemi e dalle nostre afflizioni quotidiane per renderci conto che ciò che brilla sopra di noi è ben più che una semplice lanterna.
Ma per poterlo fare dovremmo trovare la forza di “rinunciare” ad osservare noi stessi come figura centrale del dramma della nostra vita. Dovremmo avere il coraggio di guardare in alto anche quando l’oscurità della notte dell’anima sembra aver spento del tutto la nostra fiducia.
Ricordatevi sempre di guardare le stelle, non i piedi…
Stephen Hawking
Non trovo un’affermazione più ricca di bellezza di queste parole di una persona, un grande scienziato, che a causa delle sue drammatiche condizioni esistenziali avrebbe avuto varie ragioni per maledire la vita. Ma era troppo saggio per non amarne la preziosità, indipendentemente dalle circostanze, offrendoci un prezioso insegnamento.
Guardare i propri piedi significa non riuscire a distogliere lo sguardo da ciò che addolora, da ciò che causa il malessere in sé stessi. Se riusciamo ad orientarlo verso ciò che di più elevato sta attorno a noi, la vita può assumere un senso molto diverso.