Michelangelo: Svelare la bellezza nascosta

L'opera dello psicologo come quella dell'artista secondo la visione di Michelangelo: portare alla luce la bellezza nascosta nel materiale su cui opera
Michelangelo Svelare la bellezza nascosta
Michelangelo: Svelare la bellezza nascosta
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Vorrei iniziare questa riflessione partendo da una ben nota affermazione di uno dei più celebri artisti del Rinascimento italiano. Sembra che Michelangelo Buonarroti si dedicasse più volentieri alla scultura, in quanto “arte del togliere“, che alla pittura, o “arte del mettere“. Nell’informe blocco di marmo su cui si apprestava ad operare, egli aveva ben chiara la forma da far emergere, o per meglio dire, da “liberare“, portandone alla luce la bellezza nascosta. Il compito dell’artista, come egli affermava, era infatti quello di togliere il materiale che ancora ricopriva l’immagine che egli individuava nitidamente all’interno del blocco di pietra.

Questa visione dell’arte, già di per sé estremamente affascinante e poetica, racchiude dei significati ben più profondi di quanto non possa apparire a prima vista ad un osservazione meno accurata. E non è difficile rendersi conto del valore profondamente psicologico (e in un certo senso anche “spirituale”) di queste parole.

Liberare la forma contenuta entro un qualche cosa di indifferenziato o indefinito, ha senza dubbio a che fare con il lavoro dell’artista. Ma forse, in tutto questo, possiamo individuare anche qualche interessante analogia con il lavoro che una persona compie su sé stessa, avvalendosi quando occorra anche dell’esperienza dello psicologo.

Tu vedi un blocco, pensa all’immagine:
l’immagine è dentro basta soltanto spogliarla.

Michelangelo Buonarroti

La Bellezza nascosta interiormente

Non è per nulla raro imbattersi in persone che appaiono completamente inconsapevoli della forma di bellezza che giace al loro interno. Si presentano come un qualche cosa di non ancora manifesto, come una forma luminosa ma velata, che richiede di essere scoperta, liberata da ciò che è “di troppo” e apprezzata nella sua bellezza ed unicità.

Amo pensare al lavoro dello psicologo esattamente in questi termini. Mi piace pensare a questa figura professionale come ad un essere umano che per caratteristiche personali e per preparazione professionale è in grado di sintonizzarsi sulla nota più elevata del cuore della persona. Vedendo questa nota in tutta la sua bellezza, opera con il fine di offrire questa stessa visione di bellezza e armonia anche alla persona che sta accompagnando in un percorso di consapevolezza. E proprio in questo senso si tratta di un’opera che ha a che fare con lo “svelare”, con “l’arte del togliere” ciò che nasconde questa forma.

Lo psicologo ha dunque semplicemente il compito di trasmettere una visione autentica, una visione resa cristallina rispetto al modello ancora indifferenziato che la persona ha di se stessa. Non è un definire un “cosa”, ma un definire un “come”, nel senso che lo psicologo deve saper vedere ciò che la persona è in termini di autenticità e bellezza, indipendentemente da cosa farà nella sua vita nel concreto e dal sentiero che deciderà di prendere. Lo psicologo offre un percorso di consapevolezza di sé stessi, un percorso che si limita ad accompagnare sulla soglia di una nuova fase esistenziale.

Conoscere sé stessi

Accompagnare, dal punto di vista dello psicologo, significa dunque avere prima di tutto chiara la via di consapevolezza che il cuore della persona anela a percorrere. Una via che dovrà necessariamente portare a far emergere le sue migliori qualità, la più autentica purezza, le più autentiche verità del cuore. E tutto questo, per giungere alla realizzazione del proprio scopo nella vita e ad attribuire ad essa il senso più elevato.

Amo particolarmente insistere su questo aspetto del vivere umano. Mi rendo sempre più conto di quanto elevato sia il numero di persone che non conoscono la propria bellezza interiore. Non conoscono sé stesse, contravvenendo a quel principio fondamentale meravigliosamente sintetizzato nell’ingiunzione delfica “Uomo conosci te stesso”.

A volte è triste osservare quanti tormenti emozionali, quanta mancanza di autostima e quanta infelicità potrebbe essere evitata rendendosi semplicemente conto della bellezza interiore che molte persone possiedono, anche se in forma ancora velata. E’ triste osservare una diffusa arrendevolezza di fronte all’inconsapevolezza o l’indifferenza verso la possibilità di scoprire la propria unicità. In molte persone sembra persino mancare l’interesse verso quel sottile ma luminoso magnetismo personale che emana da sé stessi quando tutto questo inizia ad affiorare alla coscienza.

Quando una persona non è consapevole della propria bellezza interiore è senza dubbio possibile che non ve ne sia traccia nel suo animo. Ma vale sempre la pena compiere uno sforzo (anche e soprattutto da parte dello psicologo) per comprendere se questo potenziale non sia piuttosto prigioniero di un blocco di marmo psicologico dal quale è doveroso compiere ogni sforzo per farla uscire.

Quale soddisfazione (umana e professionale) potrebbe essere più grande di quella di vedere un’anima che ritorna a quella luce che non riusciva più a scorgere? È un aspetto che in ultimissima analisi ha a che fare con la propria libertà, con il proprio destino, inteso come un allineamento alle potenzialità individuali contenute entro sé stessi.

Mi piace pensare che in tutto questo il lavoro dell’artista e quello dello psicologo si allineano per dare vita da un lato ad un’opera d’arte completa e ricca di significato, e dall’altro ad un’opera umana libera, consapevole, ed interiormente ricca.

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