Nei giorni scorsi sono stato incuriosito da un articolo pubblicato sul sito Psychology Today, dal titolo “When I’m Old and Wise: Is Wisdom Related to Age?“. Sostanzialmente, l’autore, il prof. Noam Shpancer, si chiede se la saggezza dovrebbe necessariamente essere considerata come una caratteristica che può essere acquisita solo con l’avanzare dell’età oppure se può derivare anche da altri aspetti.
Quando si parla di saggezza ci si colloca inevitabilmente in un ambito per lo più filosofico, e solo marginalmente psicologico. Ho però avuto la possibilità di poter osservare in molte occasioni come l’espressione di un’autentica saggezza di vita sia in grado di curare molti dolori dell’anima umana, o di portare luce su quei problemi esistenziali per i quali non pare esservi soluzione.
Molte possono essere le opinioni relativamente alla natura stessa della saggezza e sui modi in cui può essere conseguita. Nell’articolo consultato, dopo una breve premessa filosofica, viene citato il punto di vista espresso da alcuni ricercatori moderni in ambito psicologico.
Non chiamare stolto nessuno tra voi, giacché in verità noi non siamo né saggi né stolti.
Kahlil Gibran
Siamo verdi foglie sull’albero della vita, e la vita stessa è al di là della saggezza e, certo, al di là della stoltezza
Possibili definizioni psicologiche della saggezza
Lo psicologo Paul Baltes, che ha fondato il Berlin Wisdom Project presso il Max Planck Institute for Human Development ed è stato una delle figure più influenti in questo ambito, afferma ad esempio che la saggezza può essere definita come un sistema di conoscenza esperta riguardante la pragmatica fondamentale della vita. Questo sistema avrebbe cinque componenti:
- una ricca conoscenza procedurale della vita;
- una ricca conoscenza fattuale della vita;
- una comprensione di quei particolari contesti che ricoprono l’intero arco della vita;
- la consapevolezza della relatività dei valori e delle priorità;
- la capacità di riconoscere e gestire l’incertezza.
In questo modello, il fattore “età” non risulterebbe particolarmente importante. Anche l’intelligenza non sembra avere un ruolo fondamentale, senza dubbio inferiore a quello dei tratti di personalità. Il fattore predittivo più solido, emerso dalle ricerche compiute, sembrerebbe essere l’esperienza di vita, con particolare riferimento all’interazione con le altre persone.
La Prof.ssa Monika Ardelt, insegnante di sociologia presso l’Università della Florida, ha proposto una “teoria tridimensionale” della saggezza, secondo la quale questo aspetto deriverebbe da una combinazione di determinate qualità della personalità.
Vi sarebbe infatti una dimensione cognitiva della saggezza, che si riferisce alla capacità di comprendere la vita nei suoi significati più profondi. Vi è poi una dimensione riflessiva, alla base della capacità di comprendere autenticamente i fenomeni dal punto di vista più ampio, che favorisce l’autoconsapevolezza. Ma vi è anche un aspetto affettivo, in quanto l’emergere della saggezza si baserebbe anche sulla presenza di empatia e compassione.
Secondo la prof.ssa Ardelt la saggezza non può comunque essere un aspetto che prescinde dagli individui. La sua diffusione nella società dipende strettamente dallo sviluppo individuale delle persone. Se la si astrae da esse, diventa semplicemente conoscenza intellettuale.
Noam Shpancer, concludendo il suo articolo, afferma dunque che le definizioni di saggezza formulare dagli psicologi (come anche dalle persone in generale) possono ampiamente differire. Sembrerebbe però esservi una convergenza, emergente dalle ricerche, sul fatto che l’avanzare dell’età non è un fattore né necessario né sufficiente per lo sviluppo della saggezza.
L’analisi, secondo l’autore, più che sulla quantità di tempo a disposizione delle persone dovrebbe essere orientata verso la riflessione su ciò che effettivamente si è riusciti a fare nel tempo concesso.
I saggi non dicono tutto quello che pensano, ma pensano tutto ciò che dicono
Raimon Panikkar
Saggezza come bellezza, conoscenza e trascendenza
Nel mio lavoro, ho avuto spesso il privilegio di poter osservare in alcune persone la presenza o l’emergere della capacità di osservare la vita con occhi sempre nuovi, cogliendone elementi di rinnovata bellezza e conoscenza, fino ad includere preziosi e sempre più sottili elementi di trascendenza.
Saggezza, da questo punto di vista, è a mio avviso la capacità di saper utilizzare giudiziosamente questa inclinazione a sapersi meravigliare genuinamente di fronte alla vita, rendendola più piena, gioiosa e ricca di senso.
Spesso si è descritta la saggezza come elemento correlato alla presenza di una qualche forma di fede nella propria vita. Non è chiaramente corretto affermare che si tratti di due ambiti necessariamente connessi, ma nei limiti delle mie possibilità di osservazione, le persone capaci di esprimere una nobile saggezza di vita difficilmente non possiedono anche una forte fede in qualcosa.
Non si tratta necessariamente di qualche forma di fede religiosa. Spesso si tratta molto più genericamente della fede nella bellezza e nella profondità di valore dell’esistenza stessa.
Saggezza o resilienza?
Il dono della saggezza non di rado appartiene a persone che hanno attraversato grandi difficoltà e complessità nel loro percorso di vita. Ma non è necessariamente sinonimo di resilienza, o di antifragilità. Non tutte le persone che si sono scontrate con le difficoltà della vita hanno automaticamente sviluppato saggezza.
A ben vedere, è forse vero il contrario. Potrebbe essere proprio la presenza di una saggezza autentica e profonda a consentire a determinate persone di trasformare anche le esperienze più dolorose in momenti di elevazione dell’animo.
Per questo rimango della convinzione che, nel mio lavoro di psicologo, la ricerca e lo sviluppo della saggezza sia in qualche modo parte della terapia. Ho spesso avuto modo di rendermi conto di quanto forte sia il suo valore terapeutico nelle persone che ne hanno il dono.
La vita e le sue profondità…
Mi piace pensare che in un certo senso la saggezza autentica è quell’aspetto che aggiunge una “dimensione” alla vita, donandole piena profondità.
E quando ci mettiamo alla ricerca delle profondità dell’esistenza, anche e soprattutto dopo aver attraversato grandi crisi psicologico-esistenziali, siamo in grado di sviluppare tanta più saggezza quanto più grande è lo spazio che siamo in grado di offrire allo sviluppo in noi della meraviglia per “i prodigi quotidiani della vita”, come avrebbe detto Kahlil Gibran.