Riportiamo di seguito una sintesi tradotta di un interessante articolo della dott.ssa Mariana Caplan, apparso sull’Huffington Post dal titolo “Psychology and Spirituality: One Path or Two?“. Il tema trattato è quello del rapporto tra psicologia e spiritualità, analizzando le possibili interazioni tra due approcci solo apparentemente così differenti.
Psicologia e Spiritualità
C’è un grande dibattito e, in molti casi una linea sottile, tra chi si occupa professionalmente della psicologia o di spiritualità. Da un lato, la cosiddetta psicologia ufficiale non si occupa di questioni legate alla coscienza e allo spirito, e rifiuta ciò che non ha un rigido fondamento scientifico. Dall’altro, molti ambiti spirituali contemporanei considerano la psiche come un costrutto sostanzialmente irreale.
Tra questi due estremi si collocano una varietà di approcci che prendono in considerazione sia gli aspetti personali che quelli impersonali della nostra esperienza. Alcuni aspetti della nostra esperienza possono essere indagati empiricamente, mentre altri rimangono invece misteriosi, ma certamente non meno reali. Nel frattempo una larga parte degli interventi psicologici continua a rimanere estranea ai benefici della saggezza spirituale. E molti di coloro che si occupano di spiritualità fanno contemporaneamente il grave errore di rifiutare le potenzialità della psicologia, perdendo l’opportunità di impiegarle con successo.
In sostanza, psicologia e spiritualità non hanno bisogno di essere separate. Può però essere utile fare qualche distinzione tra di loro al fine di comprendere meglio i reciproci punti di vista. Possiamo in ogni caso scoprire come questi approcci si completano e supportano reciprocamente. Consolidati in un unico aspetto, possono fornire la chiave per un approccio alla comprensione dell’uomo più completa di quanto sia possibile considerandoli singolarmente.
Una consapevolezza di tipo spirituale è di norma associata alla percezione di un’intelligenza, una forza o un’energia più elevata. Alcuni la definiscono “non-dualità”, altri la chiamano Cristo, Allah, spirito di Dio. Le tecniche spirituali ci consentono di vivere esperienze di consapevolezza. Ci aiutano a mantenere in noi un senso di realtà più ampia. Allo stesso tempo, la psicologia può svelare la costituzione della nostra personalità, la natura dei nostri blocchi e delle nostre ferite. Rinunciare a conoscere questi aspetti può rallentare notevolmente la nostra capacità di percepire le cosiddette realtà spirituali.
Tutte le problematiche psicologiche sviluppatesi nella nostra infanzia possono compromettere la nostra fiducia verso ciò che è transpersonale e persino nella vita stessa. Aprirsi all’ignoto può diventare dunque molto difficile quando si è appreso molto presto che il mondo non è un posto sicuro. Qualunque “dio” possa essere esistito, non era certamente quella figura onnipotente in grado di proteggerci dalle difficoltà.
Sentimenti di abbandono e solitudine nell’infanzia possono rendere molto più difficile realizzare quelle esperienze di apertura che la meditazione offre. Rapporti difficili con persone che hanno rappresentato per noi l’autorità religiosa, minano alla base la nostra capacità di accogliere serenamente sia gli insegnamenti che l’idea del divino in se stesso. Allo stesso modo, la mancata rielaborazione delle nostre prime emozioni negative può influenzare il nostro rapporto con l’esperienza e la pratica spirituale.
Al contrario, possiamo scoprirci talmente coinvolti ad analizzare i nostri processi psicologici da rimanervi imprigionati. Il nostro intero potenziale di compassione e saggezza rimane pertanto imprigionato e inespresso. La pratica spirituale può riorientare il nostro sguardo su quel senso di responsabilità sociale che secodo Hillman è in effetti proprio ciò che la psicologia ha rinunciato a studiare.
Molte delle più importanti scuole psicologiche hanno sempre evitato di considerare la prospettiva spirituale. Non di rado hanno ridotto profonde intuizioni spirituali a semplici sintomi nevrotici, regressioni infantili o proiezioni idealizzate.
La forza di una catena è pari a quella del suo anello più debole. Sono convinta che molti scandali e disillusioni in ambito spirituale siano dovuti ai limiti di insegnanti scarsamente consapevoli della loro cecità psicologica. Si limitano ad assumere (erroneamente) che le loro intuizioni spirituali possano bastare a sanare le loro ferite psicologiche. Non siamo deboli, ma coraggiosi, nel voler affrontare ciò che preferiremmo non vedere, perchè è proprio ciò che ci mantiene ciechi di fronte alla pienezza di ciò che potremmo essere.
tratto da: www.huffingtonpost.com
Quando Psicologia e Spiritualità si incontrano sul comune terreno del profondo interesse per l’unicità della persona, possono dunque nascere prospettive di crescita personale e benessere psicologico difficilmente pensabili muovendosi su uno solo dei due versanti. Si parla spesso in questo sito delle caratteristiche di un approccio psicologico che tiene conto dell’anelito interiore dell’anima ad esprimere se stessa in luminosità e pienezza. L’articolo di questa ricercatrice sul rapporto tra Psicologia e Spiritualità è preziosa testimonianza che valeva la pena condividere.