Psicologia Spirituale e credo religioso
Molti dei contenuti di questo sito hanno in comune un assunto di tipo “filosofico” riconducibile a ciò che amo definire Psicologia dell’Anima, o Psicologia Spirituale. Proveremo in questo scritto a delineare le peculiarità di questa Psicologia, che, antichissima per concezione, può in un certo senso definirsi nuova. Essa, anche se indirettamente, ha da sempre costituito il condensato dell’espressione delle menti e dei cuori più illuminati, che nel corso della storia hanno reso grande il genere umano.
Va innanzitutto chiarito che non ha nulla a che fare con aspetti di natura strettamente religiosa, come si tenderebbe a presumere. Vi sono però molti elementi, nelle religioni più diffuse, che invitano ad esempio l’uomo ad elevare la propria coscienza, a migliorare la propria capacità di autogoverno, a sviluppare la volontà e la propria capacità di amare. E questi aspetti vanno senza dubbio nella stessa direzione verso cui una moderna psicologia spirituale dovrebbe saper tendere. Si tratta però di una sovrapposizione solamente parziale, se non del tutto incidentale, dal momento che di non poco conto sono anche le differenze.
Un elemento fondamentale, e comune alle più grandi religioni, è ad esempio la fede. Pur avendo a che fare con la natura più elevata dell’uomo, in una moderna concezione psicologico-spirituale l’elemento trainante non è però il “credere”, ma il “comprendere”. La psicologia spirituale non entra nel merito delle questioni religiose personali. Essa si occupa di principi che sono trasversalmente e universalmente validi, indipendentemente da qualsiasi substrato religioso o culturale. Tutte le scuole che hanno introdotto elementi di spiritualità nella psicologia (ad esempio la Psicologia Transpersonale, la Psicosintesi, ecc) si sono occupate di condurre l’uomo quanto più vicino alla sua natura più sottile, elevata e nobile, indipendentemente dall’interesse religioso che ogni singolo individuo può o meno manifestare.
Gli obiettivi della psicologia spirituale
L’obiettivo della psicologia spirituale non è pertanto quello di avvicinare l’uomo alla fede (1). Non è quello di offrire qualche sistema filosofico o religioso a cui ispirarsi, o in cui credere. Non è quello di educare le persone secondo principi di etica o di moralità che sono dati assolutamente per scontati. E non è nemmeno quello di formare il carattere, perchè di norma, l’individuo psicologicamente maturo, che anela a percorrere i sentieri delle profondità della propria anima, è perfettamente in grado di autoregolarsi nell’espressione e nell’elaborazione delle emozioni, dei pensieri e dei comportamenti.
La psicologia spirituale ha come obiettivo l’espandersi della coscienza e l’innalzamento della consapevolezza di se stessi, della propria esistenza e del proprio ruolo nei confronti degli altri, ad un livello più elevato. Ha a che fare con la capacità di interpretare più acutamente (con riferimento a processi psichici interiori ben definiti) la realtà che ci circonda.
Ha a che fare con l’opportunità di apprendere le modalità per mezzo delle quali riuscire a rendere “sacra” la propria esistenza, sviluppando il proprio sentire, dando voce al proprio cuore e realizzando mete sempre più consapevolmente elevate.
La psicologia spirituale orienta la propria mente verso gli orizzonti della propria più elevata interiorità. I fenomeni cessano di essere interpretati alla luce di concezioni puramente meccaniciste, e l’intera nostra esistenza si riconosce come appartenente ad un “tutto” più vasto.
Tra le definizioni di spiritualità psicologica più raffinate e complete che mi sia mai capitato di leggere, va senza dubbio menzionato quella che Roberto Assagioli riporta nel suo testo “Lo Sviluppo Transpersonale”:
“La spiritualità consiste anzitutto nel considerare i problemi della vita da un punto di vista elevato, comprensivo, sintetico; nel saggiare tutto in base ai veri valori, nel cercare di arrivare all’essenza di ogni fatto, senza lasciarsi arrestare dalle apparenze esterne, senza lasciarsi illudere dalle opinioni tradizionali, dagli influssi collettivi, dalle tendenze, dalle emozioni, dai preconcetti personali. […] la luce spirituale proiettata sui più complessi problemi individuali e collettivi rivela delle soluzioni e mostra delle vie che possono far evitare molti pericoli ed errori, risparmiare molte sofferenze e quindi arrecare benefici incalcolabili”.
Perchè può essere utile una psicologia spirituale
Abbiamo già ampiamente trattato il tema del rapporto tra difficoltà psicologiche e necessità spirituali (2). Ci limitiamo qui a ricordare che in alcune persone (poche!) determinati “sintomi” psicologici possono scaturire da una profonda inquietudine interiore di natura spirituale, più che dal ben più comune disagio emergente dalle ordinarie difficoltà esistenziali. E’ necessario essere estremamente chiari su questo punto: le situazioni di questo tipo sono piuttosto rare e necessitano di adeguata competenza da parte dello psicologo, per saperle individuare e seguire con le dovute attenzioni.
Molto più comuni sono le situazioni opposte, in cui la coscienza interiore si risveglia come conseguenza di un vissuto di disagio, e non è essa stessa a suscitare l’inquietudine. Ma non meno numerosi sono anche i casi in cui la sofferenza derivante dalle difficoltà esistenziali si traduce in una evoluzione minima se non addirittura inesistente della consapevolezza interiore. E questa è la tipica situazione in cui il sostegno psicologico è finalizzato pressoché unicamente ad un tentativo di ripristino delle condizioni antecedenti alla crisi. Di norma lo si intende come intervento di tipo “supportivo“. L’intervento di tipo “espressivo” riguarda invece le situazioni in cui l’individuo dispone di risorse psichiche più avanzate e di maggiore capacità di insight, elementi che possono generare espansione di coscienza.
L’utilità di un approccio psicologico-spirituale si concretizza innanzitutto nella possibilità di distinguere tra queste tre situazioni appena elencate in modo da poterle affrontare con metodiche altamente personalizzate. Emerge con chiarezza ancora maggiore però quando si propone quale metodo per risolvere la sofferenza psicologica grazie ad una chiarapresa di coscienza sulla propria natura più autentica, sul fine della propria esistenza e su tutto ciò che ne consegue.
Un metodo come quello dell’Esperienza Immaginativa è particolarmente rispettoso di queste differenze fondamentali di approccio. Esso consente la massima libertà di espressione psicologica all’individuo, dal bisogno soggettivo di alcune persone di un semplice sostegno, fino alla possibilità per altre di esprimere simbolicamente le luminose vette psicologico-spirituali sfiorate dal dirompere della consapevolezza del Sé Transpersonale.
Pericoli da evitare
Per quanto possa apparire affascinante la possibilità di esplorare le più sottili dimensioni dell’Inconscio Superiore fino alle più elevate vette di consapevolezza del Sé Superiore, è necessario prima di tutto avere ben chiara la necessità di procedere in questa direzione solo se i nostri piedi poggiano saldamente sul sicuro terreno della razionalità e del buon senso.
La tendenza ad autoilludersi, ad esagerare le proprie capacità e qualità, o semplicemente a perdersi nelle proprie fantasie mentali, è decisamente irresistibile per un certo numero di persone. Non sono pochi ad esempio coloro che cercano ad ogni costo una compensazione a qualche personale senso di inferiorità. Una seria ricerca interiore, che non è certamente materia di esclusivo appannaggio dello psicologo, è fatta anche di comprensione mentale, acutezza intuitiva, prudenza, equilibrio psicologico e grande serietà personale.
La psicologia spirituale più autentica non si occupa di fantasie, nè di illusioni, nè di offrire vie di fuga da qualche realtà penosa. Si rivolge solamente a persone che hanno adeguati mezzi per riuscire a riflettere su se stessi e che conoscono il grande potere della volontà. Costoro, anche in momenti di particolare sofferenza interiore, riescono a procedere con saggezza ed equilibrio. In assenza di requisiti come questi, lo psicologo ha dunque la necessità deontologica di ricondurre determinate manifestazioni sintomatologiche a dinamiche psichiche di natura più tradizionale e conosciuta.