Le quattro più importanti Preoccupazioni Esistenziali

Le quattro più importanti Preoccupazioni Esistenziali da cui l'essere umano non può sottrarsi, secondo lo psicoterapeuta statunitense Irvin Yalom
Le quattro più importanti Preoccupazioni Esistenziali
Le quattro più importanti Preoccupazioni Esistenziali
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Nelle prime pagine di un testo estremamente interessante scritto dall’analista statunitense Irvin Yalom (1) è riportata una breve sintesi di quelle che l’autore definisce come le quattro più importanti preoccupazioni esistenziali da cui, tendenzialmente, è difficile sottrarsi completamente.

Il conflitto dinamico esistenziale, secondo Yalom, deriverebbe sostanzialmente dal modo in cui l’individuo si confronta con ciascuna di queste esperienze. E l’emergere di questo conflitto, mi permetterei di aggiungere, costituisce non di rado il punto in cui l’individuo è solo di fronte a sé stesso e “costretto” a ripensare profondamente il senso ed il fine ultimo della sua stessa esistenza.

La sua esposizione tratta per primo il tema della morte. Quando si affaccia sulla scena della nostra vita, sia se ci sentiamo direttamente minacciati, sia se colpisce persone a noi care, non possiamo rimanere indifferenti. Ma non è la sola inquietudine a mettere a rischio gli equilibri della nostra esistenza. Preoccupazioni esistenziali di questo tipo hanno talvolta il potere di cambiare la nostra visione del mondo, in particolar modo se siamo persone dotate di una certa sensibilità.

La più grande delle Preoccupazioni Esistenziali: la Morte.

Come afferma Yalom, tra le più grandi preoccupazioni esistenziali la morte è senza dubbio quella più evidente e chiara. Afferma infatti l’autore che“La preoccupazione ultima più ovvia e più facilmente comprensibile è la morte. Adesso esistiamo, ma un giorno cesseremo di esistere. La morte verrà, e non c’è modo di sfuggirle. È una verità terribile e noi le rispondiamo con un terrore mortale. «Tutto» secondo le parole di Spinoza «si sforza di insistere nel proprio essere». E un conflitto esistenziale di base è la tensione tra la consapevolezza dell’inevitabilità della morte e il desiderio di continuare a esistere.”

La morte porta con sé il terrore dell’inevitabilità, la certezza della fine, l’ineluttabilità dello spegnersi della nostra coscienza. Nei percorsi di sostegno psicologico capita non di rado che di fronte alla minaccia della morte, anche quando riguarda altre persone, tutte le altre preoccupazioni, frustrazioni o conflitti passano in secondo piano.

Capita però anche di osservare, nella vecchiaia ma talvolta anche nella malattia, situazioni in cui la morte viene affrontata con serenità. Carl G.Jung (2) affermava di aver avuto in analisi molte persone anziane, nelle quali aveva potuto osservare che di fronte alla minaccia di una fine totale l’inconscio reagiva semplicemente ignorandola. La vita si comporterebbe come se dovesse continuare.

E’ solo quando la persona ha paura, afferma Jung, “quando non guarda avanti ma indietro, si pietrifica, diventa rigida e muore prima del tempo. Mentre, se vive guardando piena di aspettative alla grande avventura che la attende, allora vive, e questo è appunto ciò che l’inconscio vuole fare. Beninteso, è chiaro che tutti moriremo un giorno e che questo è il triste finale di tutto; ma ciò nonostante c’è qualcosa in noi che a quanto pare non ci crede”.

Benché Jung concluda poi che questo è solamente un dato psicologico che non dimostra nulla, offre però anche il suo punto di vista sulla concezione della morte quale fine di tutto. “…su questo non siamo del tutto sicuri … la psiche possiede facoltà particolari, per cui non è del tutto confinata entro lo spazio e il tempo”. Attraverso i sogni o l’immaginazione la psiche dimostra di non soggiacere alle leggi della materia “il che significa in pratica una continuazione della vita, di una qualche forma di esistenza al di là del tempo e dello spazio”.

Se tra le più grandi preoccupazioni esistenziali che attanagliano le persone la morte è quasi sempre al primo posto, il modo in cui la si affronta non è però scontato. Così come non è scontato l’atteggiamento maturato verso questa inevitabile esperienza. Nel corso dei colloqui psicologici con le persone evito il più possibile di entrare in questioni di carattere religioso, a meno che l’argomento non venga posto direttamente dal paziente. La fede si dimostra in molti casi un valido aiuto per avvicinarsi al fine vita.

Personalmente ho però notato che anche la fede difficilmente offre una soluzione definitiva al problema della morte. La fede può dare serenità, quando nasce dal cuore. Ma finisce per essere semplicemente un dubbio ipercompensato quando non vi è alla base una genuina e serena riflessione sul tema.

Credo che, alla fine, la preoccupazione esistenziale della morte potrebbe essere affrontata riflettendo seriamente e saggiamente sulle parole del Dalai Lama quando afferma che ciò che più lo stupisce in molte persone nei paesi occidentali è che“…Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”.

Alla fine, dunque, dovremmo forse preoccuparci più di come affrontiamo la vita che dell’inevitabilità della morte. Sembra infatti che la morte spaventi molto meno le persone che attraversano i suoi cancelli dopo aver dato un profondo senso alla loro vita ed averla saputa condurre in pienezza, bellezza e saggezza.

Ti domanderanno come si traversa la Vita.
Rispondi: Come un abisso, su una corda tesa, in bellezza, con cautela… Oscillando.

Morya

La libertà

La Libertà è probabilmente la meno comprensibile tra le preoccupazioni esistenziali. Il motivo per cui Yalom la annovera tra esse ha comunque una certa ragionevolezza:

“…Nel corso della storia documentata l’essere umano non ha forse agognato e lottato per la libertà? Tuttavia la libertà vista da questa prospettiva è legata al terrore. Nella sua accezione esistenziale, rinvia all’assenza di una struttura esterna. L’essere umano non entra in (o esce da) un universo strutturato, con un suo disegno intrinseco. L’individuo è infatti interamente responsabile – ovvero è l’autore – del suo mondo, del suo disegno di vita, delle sue scelte e delle sue azioni.
In questo senso la libertà ha un’implicazione terrificante, poiché significa che sotto di noi non c’è una base stabile, non c’è nulla, c’è un vuoto, un abisso. Una dinamica esistenziale chiave, allora, è lo scontro tra il nostro conflitto con l’assenza di una base stabile su cui poggiarci e il desiderio di una base stabile”.

Si potrebbe tuttavia aggiungere che il concetto di libertà può essere declinato in varie forme a seconda degli ideali di vita delle persone e forse anche a seconda delle situazioni. Ne abbiamo già parlato in altri articoli su questo sito. Possiamo pensare alla libertà come possibilità di fare ciò che vogliamo, senza restrizioni, pur nel rispetto dei diritti e della libertà altrui. Ma anche questa non è una garanzia di felicità. Così come, l’assenza di ciò che consideriamo essenziale per vivere “in libertà” non è necessariamente una condanna all’infelicità.

E non posso non pensare alle parole di Stephen Hawking quando affermava “sono fisico, cosmologo e anche un sognatore, sembra che non possa muovermi e devo parlare attraverso un computer ma nella mia mente sono libero. Personalmente credo che la libertà cessi di appartenere al reame delle preoccupazioni esistenziali nel momento in cui la si pensa in termini come questi.

L’Isolamento Esistenziale

L’Isolamento appartenente alle grandi preoccupazioni esistenziali a cui Yalom si riferisce non corrisponde alla solitudine comunemente intesa, se non per alcuni aspetti:

“…un isolamento fondamentale – un isolamento tanto dalle creature quanto dal mondo – che sottende le altre forme di isolamento. Non importa quanto uno possa essere vicino agli altri, rimane comunque sempre uno spazio vuoto, finale, che non può essere colmato; ciascuno di noi entra nell’esistenza da solo e da solo deve separarsene. Il conflitto esistenziale è così la tensione tra la nostra consapevolezza del nostro isolamento assoluto e il desiderio di contatto, di protezione, il desiderio di essere parte di un insieme più ampio”.

Alla fine siamo quindi soli di fronte a noi stessi. Le persone che fanno parte della nostra vita sono, in un certo senso, anche parte di noi. Ma vi è un nucleo che appartiene solamente a noi stessi. Vi è in noi uno spazio interiore che non può essere condiviso.

Capita a volte che le persone tollerino a fatica la solitudine, forse anche per evitare di entrare in contatto con sé stesse, di ascoltare la voce di questo nucleo. Perchè la sua voce può solamente ricordarci che in ultima istanza siamo soli di fronte all’esistenza.

Se desideri informazioni sui percorsi psicologici specifici per affrontare il tema delle preoccupazioni esistenziali puoi trovare maggiori informazioni alla pagina di seguito indicata. Oppure mi puoi contattare mediante i canali che trovi alla pagina contatti.

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La più sottile tra le Preoccupazioni Esistenziali: l’Assenza di Senso.

L’ultima tra le preoccupazioni esistenziali è l’assenza di senso. Potremmo forse estenderla anche all’incapacità nel riuscire ad individuare uno scopo, un fine ultimo dell’esistenza stessa. Questa assenza, in alcuni individui molto più che in altri, può davvero generare una profonda inquietudine, la cui difficile risoluzione richiede non di rado la disponibilità ad osservare la vita con occhi completamente nuovi. Ecco come Yalom definisce l’assenza di senso:

“…Se dobbiamo morire, se siamo noi a costituire il nostro mondo, se ciascuno alla fine è solo in un universo indifferente, allora che significato ha la vita? Perché viviamo? Come dovremmo vivere? Se per noi non c’è un disegno preordinato, allora ciascuno di noi deve elaborare il proprio senso della vita. Tuttavia, è possibile che un significato di propria creazione sia abbastanza solido da far sopportare la vita? Questo conflitto dinamico-esistenziale si genera dal dilemma di una creatura alla ricerca di senso, gettata in un universo che senso non ha.”

Credo che, tra tutte le possibili preoccupazioni esistenziali che possono attanagliare il cuore di un uomo, l’assenza di senso possa in alcuni casi produrre livelli di disagio psicologico persino superiori al timore della morte.

Ci sono naturalmente persone che attraversano la vita senza mai porsi alcuna domanda impegnativa come il senso dell’esistenza stessa, senza che ciò provochi alcun turbamento. Altre iniziano invece ben presto ad esplorare le loro profondità interiori alla ricerca di un indizio che possa far entrare un po’ di luce dove regna solo l’oscurità del dubbio e del tormento.

Una crisi di riorientamento esistenziale o una crisi scatenata dall’assenza di senso possono, paradossalmente, costituire dei doni preziosi. Possono indubbiamente generare profondi turbamenti, ma se superate con saggezza, il premio è la capacità di vedere il mondo con occhi completamente nuovi e un senso di realizzazione interiore, anche di tipo “spirituale”, che non è probabilmente ottenibile in nessun altro modo.

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NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) – Irvin D. Yalom, 2019, Psicoterapia Esistenziale, Neri Pozza Editore
(2) – William McGuire, R.F.C. Hull, Jung Parla – Interviste e Incontri, Gli Adelphi (p.536-537)

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2 commenti su “Le quattro più importanti Preoccupazioni Esistenziali”

  1. Marco Gambetti

    Una disamina profonda ed esaustiva delle inquietudini e dei conflitti interiori dell’uomo. Credo che l’emergenza che stiamo vivendo possa rappresentare un’opportunità per rifletterci sopra e imprimere una nuova direzione alle nostre vite individuali ma anche collettive.

    1. Grazie Marco per il commento. L’articolo era un tentativo di raccogliere le riflessioni sulle preoccupazioni esistenziali formulate da uno dei più stimati psicologi contemporanei in ambito internazionale.
      Si tratta però di un ambito che può aprire spazi di meditazione e di pensiero di enorme vastità, per cui ho semplicemente aggiunto qualche elemento di approfondimento per stimolare la ricerca di risposte alle inquietudini che velatamente ma inevitabilmente ci accompagnano.
      E tematiche come queste, in un momento come quello che stiamo vivendo, come da te menzionato sono più che mai di attualità…

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