Ricercare il significato della sofferenza

La ricerca del significato della sofferenza come barlume di speranza per le persone che attraversano la loro personale notte oscura dell'anima
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Viviamo in un periodo storico in cui, accanto a persone che “soffrono” perchè possono vedere gli amici solamente via Skype, vi sono cuori umani che stanno affrontando grandi dolori. Per i primi, la questione del significato della sofferenza può apparire insensata, o inutile, o quantomeno lontana dalla propria realtà. Ma per chi si sta confrontando con il vuoto lasciato dalla perdita di persone care, con i timori legati alla malattia o con il dramma di pesanti situazioni finanziarie le preoccupazioni sono ben diverse.

In un articolo di recente pubblicazione sul sito Psychology Today dal titolo “Seeking Meaning in Suffering“, la dott.ssa Sharon Hewitt Rawlette affronta un tema a me particolarmente caro e più volte trattato nelle pagine di questo sito. Si tratta di quell’insistente domanda sul significato della sofferenza, che pervade la nostra coscienza con tanta più forza quanto più si deboli sono le nostre speranze di poterla affrontare e superare agevolmente.

Significato della Sofferenza. Causa o Scopo?

La domanda sul perchè soffriamo, secondo l’autrice ha senso solo se abbiamo una concezione meccanicista dell’universo, dove gli eventi si concatenano secondo precise regole di causa-effetto. Ciascun evento sarebbe, in quel caso, conseguenza di eventi che lo hanno preceduto nel tempo e possibile causa di altri eventi che lo seguiranno.

Ma il perchè su cui l’autrice invita il lettore a riflettere non riguarda l’individuazione delle cause, ma ha piuttosto a che fare con la comprensione dello scopo. Più è grande la sofferenza, più vasto deve esserne il significato.

Nei più acuti momenti di dolore, quando la sofferenza sembra scatenarsi con straordinaria intensità, saremmo tentati di concludere che non vi è al mondo un significato sufficientemente grande o nobile da riuscire a spiegarla.

Eppure anche i più grandi cataclismi che hanno colpito l’umanità fin dai tempi remoti recano con sé la testimonianza che anche i mali più profondi e le sofferenze peggiori sono superabili. In ogni tempo e in ogni luogo vi sono stati individui che sono stati in grado di immaginare e realizzare meravigliose imprese redentive.

L’uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall’esterno

V. Frankl

L’esempio di Victor Frankl

Sharon Hewitt Rawlette, nel suo articolo, riporta anche uno straordinario esempio della capacità umana nel trovare il significato della sofferenza citando la storia di Victor Frankl, autore del celebre testo “Uno psicologo nei lager”.

Frankl fu uno psichiatra austriaco che sopravvisse ai campi di sterminio dell’Olocausto, e descrisse ciò che lo tenne in vita durante gli anni in cui fu torturato in prigione. Era il ricordo di sua moglie. Era la speranza di riuscire a rivederla ancora.

“In una condizione di totale desolazione”, scriveva Frankl, “quando l’uomo non può agire in alcun altro modo, quando il suo unico scopo può solamente essere la sopportazione delle sue sofferenze nel modo più onorevole, egli può comunque raggiungere la realizzazione attraverso la contemplazione amorevole dell’immagine che porta della sua amata”.

Egli non riuscì mai più a rivedere sua moglie, che morì in un altro campo di concentramento. Ma questo non bastò a spegnere in lui l’ardente desiderio di individuare quella “luce che brilla nelle tenebre” anche in un contesto così drammaticamente deprivato di qualsiasi barlume di umanità.

L’esempio di Nelson Mandela

Anche il premio nobel per la pace Nelson Mandela visse lunghi anni difficili di prigionia. E anche lui seppe trarre dalla sua esperienza un insegnamento prezioso per la sua capacità di trovare il senso della sofferenza. Sembra che in particolare egli si affezionò alla poesia Invictus di William Ernest Henley, i cui versi finali toccano il cuore di chi abbia affrontato con coraggio l’amara esperienza della sofferenza:

Non importa quanto angusta sia la porta,
quanto impietosa la sentenza,
sono il padrone del mio destino,
il capitano della mia anima.

Scoprire di poter essere “il padrone del proprio destino”: è probabilmente questo il fulcro più nobile dell’esperienza di chi abbia conosciuto l’intensità del dolore. Per quanto buia possa apparire la notte che dobbiamo attraversare, le nostre possibilità di sopravvivenza psicologica anche ai drammi più severi dipende almeno in parte dalla nostra capacità di individuare un senso da attribuire alla nostra sofferenza.

Molte persone lo individuano attraverso una fede, molte altre grazie alla fiducia nella bellezza della natura umana, che non manca mai di affiorare anche dalle più torbide acque del destino. Altre ancora avvertono interiormente un “imperativo a vivere”, a rendere omaggio alla vita, qualunque siano le condizioni che ha in serbo per noi.

La ricerca del significato della sofferenza o del senso stesso dell’esistenza umana non si arresta nemmeno nei momenti più dolorosi, perché l’anelito alla consapevolezza fa parte della natura umana. E l’esempio di chi ha saputo onorare questo proposito è esempio e guida per tutti coloro la cui “oscura notte dell’anima” attende ancora le prime luci dell’alba.

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