Definizione del concetto di Sacrificio
Il termine “Sacrificio” tende oggi ad avere una connotazione non particolarmente felice. Cogliere il significato sottile di questo concetto non sembra essere per nulla semplice. Tra le definizioni date dal dizionario Treccani, quella che segue sembra particolarmente adatta a chiarirne il perché: “Grave privazione o rinuncia, volontaria o imposta, a beni e necessità elementari, materiali o morali”. In sostanza il sacrificio è visto non di rado nel suo aspetto privativo e frustrante. Tende ad essere percepito come un dovere, una necessità inevitabile.
Eppure, la sola etimologia del termine lascia trasparire un prezioso insegnamento. Il dizionario Garzanti riporta a questo proposito la seguente indicazione: “dal lat. sacrificĭu(m), comp. di săcer ‘sacro’ e -ficĭu(m) ‘-ficio’ “. Quindi, un fare sacro, un’azione sacra. Naturalmente, tutto questo è sempre stato collocato in varie tradizioni religiose, in cui il sacrificio rappresentava un’offerta alla divinità, ad esempio per ingraziarsene il favore o placarne l’ira.
Vediamo però come questo “fare sacro” possa assumere significati completamente diversi, nel momento in cui siamo in grado di governare saggiamente le nostre intenzioni e le nostre scelte.
Sacrificio e scelta consapevole
Fino a quando la nostra vita scorre placida nella sua regolarità, desideriamo, di norma, semplicemente provvedere al soddisfacimento dei nostri desideri. Un desiderio appagato è una gioia per i nostri sensi o per le nostre emozioni. Compiere un piccolo o grande sacrificio, significa generalmente rinunciare ad un qualche tipo di soddisfazione, a cui di norma fa seguito un certo grado di frustrazione.
Esistono però innumerevoli ambiti della nostra vita in cui abbiamo la possibilità di sperimentare una gioia molto più autentica rispetto a quella conseguente all’ordinario appagamento di un desiderio. Compiere un atto di sacrificio, piccolo o grande, per noi stessi o per qualcun altro, lascia nel nostro cuore una sensazione di luminoso appagamento. Questo stato di intima gioia possiede un valore molto più elevato e sottile rispetto alla normale esperienza del piacere nelle sue varie forme.
Condizione indispensabile è però che si tratti di una scelta consapevole. Dobbiamo avere la libertà di poter scegliere se compiere o meno il nostro piccolo o grande atto di sacrificio. Non ha alcun valore infatti fare di necessità virtù.
Se la vita non ci offre l’opportunità di poter soddisfare il nostro desiderio, allora la rinuncia ad esso non produce alcunché nella nostra coscienza. Semplicemente, non è una rinuncia. Si tratta in questo caso di un esercizio di sopportazione o di rassegnazione, o di un’imposizione forzata. Ma certamente non un’esperienza di autentico sacrificio.
“Se un sacrificio è per voi una tristezza,
non una gioia,
non fatelo,
non ne siete degni.”
Romain Rolland
Il concetto di Sacrificio nella Psicologia Junghiana
Il concetto di sacrificio inteso come compimento di qualcosa di sacro che apre la porta alla propria elevazione interiore non è stato probabilmente esplorato a sufficienza. Un’interessante eccezione è quella offerta da Carl G. Jung, le cui sottili osservazioni donano spesso grande ricchezza interiore alle menti più curiose. Secondo quanto riportato nell’enciclopedia di Psicologia Garzanti, Jung parla del sacrificio come dell’opportunità di stabilire un dialogo tra l’Io e il Sé. E questo processo costituirebbe l’esito più elevato del processo di individuazione.
Non è un concetto semplice da comprendere per chi non abbia familiarità con la psicologia Junghiana, ma data la sua importanza, proviamo a renderlo nella sua forma più semplice possibile. Il Sé costituisce un’istanza sovraordinata rispetto all’Io, dal momento che riguarda la totalità della personalità, sia nella parte conscia che in quella inconscia. Nell’analisi Junghiana, la realizzazione del Sè costituisce la meta più elevata a cui è possibile aspirare, lungo il difficile cammino di un individuo verso la propria autorealizzazione.
Realizzare il Sé implica il compimento di un sacrificio, effettuato nel pieno della propria consapevolezza. Significa andare contro alle rivendicazioni dell’Io per aprirsi a quell’elevata esperienza di realizzazione, apice del processo di individuazione. In altri termini, il Sé richiama il nostro Io a rinunciare a rivolgere a se stesso il proprio sguardo.
Quando questo “riorientamento” è effettuato in piena e libera consapevolezza, si tratta della realizzazione di un sacrificio dell’inferiore a vantaggio del superiore. Il “piccolo sé personale” sceglie consapevolmente di rinunciare all’esperienza di un limitato appagamento personale, per aprirsi alla pienezza del Sé e di una realizzazione personale più piena ed integrata.
La “sacralità” del Sacrificio
Quello appena esposto, non è un concetto ulteriormente riducibile senza determinarne una perdita di significato. Le persone che hanno sperimentato qualche dolorosa crisi di riorientamento, evolutasi in seguito in una luminosa espansione interiore di consapevolezza, comprenderanno però perfettamente questo passaggio.
E quanto più la sofferenza abbia scavato in profondità nel loro cuore, tanto più la rinuncia alla limitatezza dell’Io a favore del Sé risulterà un “fare sacro“. Ed è proprio sulle luminose vette di questa interiorità che la Psicologia incontra la realizzazione spirituale.
Il sacrificio in questo senso inteso, è una grande dimostrazione di responsabilità e amore. Non è l’imposizione di una volontà altrui. E’ la scelta consapevole di chi conosce la necessità e coscienziosamente si adopera per adempiere al proprio “sacro compito“.
Potrà quindi sembrare paradossale se ora arriviamo ad affermare che, alla fine, quando seguiamo i suggerimenti della parte più nobile del nostro Inconscio Superiore (o del nostro Sé transpersonale) il sacrificio non esiste. In questa prospettiva, la nostra volontà viene solamente riorientata verso quella dimensione a cui il nostro cuore, quando è davvero libero, anela.
“Il sacrificio è il filtro fondamentale della vita”
Walter Bonatti
Rendere Sacra la Vita
Quando desideriamo il bene delle persone che amiamo, quando in cuor nostro sappiamo che la via più scomoda è anche la più giusta, quando sappiamo costringere la nostra stessa personalità a seguire la volontà più sincera del nostro cuore, allora la nostra coscienza si estende oltre la limitatezza della quotidianità. E in quel momento possiamo ricevere la più alta retribuzione per la nostra anima.
Come ci ricorda Roberto Assagioli, vivere nella pienezza e consapevolezza del sacrificio così inteso, significa rendere sacra la vita stessa. Sacrificio, per il padre della Psicosintesi, significa con-sacrazione, rendere sacro ciò che non lo è, per metterlo a disposizione in tutta la sua pienezza. Significa, per chi desidera spingersi a tanto, trasmutare e sublimare la propria natura fino a condurla ad una pienezza e saggezza senza tempo.
1 commento su “Sacrificio: frustrazione o valore dimenticato?”
Illuminante