Una delle più brillanti intuizioni dell’analista e filosofo statunitense James Hillman, venuto purtroppo a mancare qualche anno fa, è riassumibile con un concetto piuttosto semplice, ma che costituisce allo stesso tempo un grande condensato di saggezza: è possibile che la nostra vita non sia unicamente determinata dagli eventi che hanno caratterizzato il nostro passato, quanto piuttosto dal modo in cui abbiamo imparato ad immaginarla. Quella di poter scegliere il proprio futuro, in altri termini, è una possibilità che spetta esclusivamente a noi accogliere o rifiutare.
Tutto ciò che abbiamo sperimentato nella nostra vita, le gioie e i dolori, i successi e i fallimenti, le vittorie e le sconfitte, ma soprattutto i condizionamenti che abbiamo subito e i limiti che la realtà ha imposto sui nostri desideri, fanno inevitabilmente parte di ciò che siamo oggi. Nessuna esperienza, nessun pensiero, nessuna emozione si dissolve nel nulla. La nostra memoria, nelle sue varie forme e livelli, è in grado di conservare l’intera nostra esistenza passata, definendo di conseguenza il nostro approccio alla vita presente e futura.
Memoria del passato e scelta del futuro
Diversi studi in ambito neuroscientifico convergono oggi verso la dimostrazione del fatto che la memoria si configurerebbe come un complesso processo di archiviazione per un’impressionante mole di dati, ma con modalità che hanno a che fare con meccanismi di attribuzione e ricostruzione di senso più che di fedele archiviazione e conservazione.
Il processo di archiviazione delle tracce mnestiche e il loro recupero assomiglierebbe dunque ben poco a ciò che comunemente si tenderebbe a pensare. Siamo infatti molto probabilmente propensi a pensare alla memoria come ad un magazzino statico e definito, in cui i dati sono conservati e restituiti in maniera chiara e fedele. Sembra invece che il funzionamento di questo processo preveda una partecipazione attiva da parte nostra alla rielaborazione dei contenuti, rendendolo di fatto un processo di ricostruzione, e non di semplice conservazione.
Il peso condizionante che il nostro passato è in grado di esercitare sul presente è dunque tanto più gravoso quanto più rifiutiamo di assumerci la responsabilità di partecipare consapevolmente a questo processo di ricostruzione e di senso dei nostri ricordi. La nostra vita viaggia inevitabilmente lungo quella che si potrebbe definire come “via di minor resistenza”. E vi aderisce tanto più fedelmente quanto minore è il grado di consapevolezza con cui decidiamo di affrontare la nostra realtà.
Rielaborare il passato per scegliere il futuro
Una delle facoltà più belle di cui l’essere umano dispone è la possibilità di riflettere su sé stesso, sul senso della propria esistenza e sulla scelta del proprio destino. E’ però un dono a cui non molti sembrano interessati. E’ molto più agevole lamentarsi, maledire la vita, autocommiserarsi, rimpiangere le occasioni mancate o accusare gli altri per averci ostacolati.
Il nostro passato può essere affrontato. Può essere accettato con consapevolezza, osservato con il giusto distacco, analizzato saggiamente e luminosamente rielaborato. Ed ecco perchè amo pensare che è il modo in cui decidiamo di scegliere il nostro presente e il nostro futuro ad attribuire un senso al passato.
Solo appropriandoci però di un buon grado di consapevolezza sul senso e sullo scopo della nostra vita nasce in noi la curiosità, la volontà e la forza di affrontare creativamente e ricostruttivamente il nostro passato. Solo acquisendo una profonda consapevolezza su ciò che possiamo definire la nostra “vocazione” possiamo accettare i rischi e la fatica di intraprendere un viaggio verso la scelta di un futuro diverso. Solo facendo spazio nella nostra coscienza alle componenti più luminose e trascendenti del nostro sé saremo in grado di intravedere un “Daimon” quale principio guida dell’intera nostra esistenza…