Nel susseguirsi degli incontri mediante i quali si accompagna una persona in un percorso psicologico, capita non di rado di giungere ad un punto in cui emerge con sufficiente chiarezza che quella che sembra essere la “soluzione” del proprio problema esistenziale non è realizzabile con facilità, in quanto vi è una nemmeno tanto velata sensazione di non meritare.
Quando si opera al fianco delle persone, cercando di costruire assieme a loro il miglior percorso di sviluppo psicologico possibile, è molto meno raro di quanto si pensi giungere alla fase in cui ci si rende conto della necessità di dover lavorare con loro alla rimozione di questo ostacolo dal loro cammino. Una convinzione come la sensazione di non meritare può infatti avere effetti estremamente autolesivi e autosabotativi. Nei casi più estremi si può addirittura manifestare qualche forma di “odio” nei propri confronti. Le persone più sensibili sono esposte a questo genere di esperienza molto più frequentemente di quanto il buon senso sembrerebbe suggerire.
Qual’è la funzione psicologica della sensazione di non meritare?
Personalmente, sono piuttosto persuaso del fatto che gli aspetti psicologici che ci caratterizzano con maggiore pervasività, alla fine, abbiano un senso ed uno scopo ben precisi. Ho invece qualche dubbio in più sul fatto che il senso più autentico e lo scopo più elevato di queste caratteristiche personali possa essere fatto emergere con semplicità. Tale è la complessità della natura umana e tale è la vastità dei mondi interiori che ci caratterizzano, che pensare di entrare con facilità nel merito di aspetti così delicati della vita di una persona può semplicemente far sorridere.
A complicar la situazione, vi è anche il fatto che non di rado determinate interpretazioni psicologiche formulano conclusioni che con il tempo si dimostrano essere a loro volta aspetti che “velano” cause ancora più sottili e profonde. I contenuti del nostro inconscio sono infatti spesso stratificati, e protetti da robusti meccanismi di difesa psicologici, la cui funzione è quella di evitare alla nostra coscienza problemi inconsciamente percepiti come ancora più seri.
In ogni caso, la nostra mente non crea un meccanismo psicologico potente come la sensazione di non meritare o altre forti convinzioni psicologiche senza una ragione precisa. Cercare di comprenderla e fare tutto il possibile per superarla deve essere l’obiettivo primario di ogni intervento psicologico.
Come dicevamo, non è però sempre facile giungere alla ragione ultima di una sensazione come quella di non meritare. La vastità del Sé personale e transpersonale, e le delicate vie dell’anima di ciascun individuo conducono la coscienza ad elaborare meccanismi finalizzati ad ottenere effetti non di rado diversi dalle apparenze di superficie.
Non sono pochi ormai gli psicologi, soprattutto quelli che si riconoscono in aree come la Psicologia Analitica di Jung, la Psicosintesi di Assagioli, la Psicologia Umanistica o la Psicologia Transpersonale, che sono abbastanza convinti del fatto che la nostra coscienza mira ad una progressiva espansione e all’integrazione di tutte le aree del Sé. Jung, ad esempio, indicava con il termine di “Processo di Individuazione” quel “viaggio spirituale” che conduce l’individuo alla scoperta di sé.
In sostanza, per poter comprendere la ragione più profonda dell’instaurazione nella mente di una persona di un complesso meccanismo come la convinzione di non meritare, è spesso necessario comprendere quale possa essere, in un determinato momento della sua vita, la direzione che il suo Sé sta seguendo e il grado di realizzazione a cui è già pervenuta lungo il proprio cammino individuativo.
Non sempre però le persone sono disponibili ad un lavoro di analisi (e autoanalisi) così approfondito. Spesso preferiscono tentare di “risolvere” il problema semplicemente lavorando (in autonomia o con l’aiuto di un professionista) sullo sviluppo di convinzioni contrarie a quella che attualmente limita il proprio vivere. E senza dubbio per alcuni questo può funzionare, ed è una strategia che, almeno inizialmente, deve sempre essere presa in considerazione.
Per altri, le resistenze inconsce sono così robuste che si dovrà valutare la necessità di affrontare un percorso più lungo, che condurrà all’esplorazione delle ragioni più autentiche alla base di questo meccanismo. Quando qualcosa in noi anela all’incontro con il Sé, ultima tappa di quel percorso magistralmente descritto da Jung, o a realizzare le fasi di una Psicosintesi personale e transpersonale secondo la descrizione con cui Assagioli esprime un processo simile ma che si spinge anche oltre, difficilmente le componenti più luminose del nostro inconscio si accontenteranno di soluzioni parziali.
Se davvero siamo incamminati lungo un percorso di ampliamento della consapevolezza interiore, le componenti più luminose del nostro inconscio superiore non si accontenteranno di una “soluzione” parziale. In alcune persone, oggi sempre meno rare, realizzare la natura più sottile ed il fine più autentico di quel fenomeno definibile come “coscienza personale” appare come una necessità di straordinaria importanza, per la quale si è disposti a realizzare un approfondito lavoro psicologico di ricerca interiore.
Esplorazione di sé ed Esperienza Immaginativa
Se abbiamo la netta sensazione interiore che il potenziale psicologico e spirituale della nostra personalità si stia esprimendo in maniera solamente parziale e se abbiamo fiducia nelle componenti più luminose del nostro Sé, allora approfondire le ragioni che limitano il nostro agire nel mondo potrebbe portarci a realizzare stati di ampliamento di consapevolezza che allo stato attuale possiamo solo vagamente intuire.
Personalmente, il metodo di lavoro che fino ad ora ho potuto sperimentare essere il più valido per accompagnare una persona lungo questo tipo di percorso psicologico, è quello dell’Esperienza Immaginativa. Che si tratti di esplorare i meccanismi psicologici alla base della convinzione di non meritare, oppure di cercare assieme la via che conduce alla miglior realizzazione esistenziale possibile, questo metodo dimostra sempre una grande versatilità.
Se si valuta l’utilità di procedere all’esplorazione di aspetti che condizionano il nostro vissuto e che nel contempo potrebbero velare necessità psicologico-spirituali più profonde, l’elaborazione dell’esperienza personale all’interno dello spazio immaginativo offre l’opportunità di far emergere i contenuti interiori più autentici grazie all’ausilio di una tecnica caratterizzata da estrema delicatezza e profondo rispetto per l’intimità psicologica della persona.
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Se desideri qualche approfondimento sul metodo dell’Esperienza Immaginativa puoi trovare ulteriori informazioni nella specifica sezione dedicata a questo metodo.
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Sensazione di non meritare e libertà interiore
Al termine di un percorso psicologico ben riuscito, i più importanti aspetti del nostro vissuto interiore che costituivano un problema possono essere percepiti come integrati o superati. Determinate angosce esistenziali, la sofferenza o molte delle nostre frustrazioni trovano una spiegazione e la ragione del loro esistere nella nostra coscienza, liberando di conseguenza tutto il potenziale creativo rimasto silente o bloccato fino a quel momento.
Anche la convinzione di non meritare nulla, all’interno di una rinnovata consapevolezza di sé stessi, trova la sua ragione e il suo superamento. Potremmo magari scoprire di avere dei sensi di colpa inconsci per il dolore di qualcuno, per il quale, direttamente o indirettamente, ci sentiamo responsabili e per il quale non siamo ancora riusciti a perdonarci. Poco importa a questo proposito se lo siamo davvero o no. Se siamo persone coscienziose e particolarmente sensibili, è il nostro inconscio a decidere il nostro stato di “colpevolezza”. E senza un luminoso raggio di consapevolezza rivolto in direzione di questa situazione, quel peso rimarrà per tutta la nostra vita depositato sui fondali della nostra anima.
Ma la sorpresa più grande potrebbe magari derivare dal rendersi conto che alla fine non era nemmeno questa la ragione più profonda per la quale abbiamo fortemente limitato il nostro potenziale creativo e autorealizzativo. Potremmo infatti renderci conto che persino questo senso di colpa occultato nel nostro inconscio a sua volta velava la profonda necessità interiore pervenire alla consapevolezza degli aspetti più elevati del nostro cuore e della nostra natura umana più nobile ed elevata. E solo giungendo ad un certo grado di realizzazione del Sé superiore o transpersonale è possibile pervenire ad una consapevolezza di questo tipo.
E come sempre, tengo molto a ribadire che processi di sviluppo interiore di questo tipo non sono sempre alla portata di chiunque. Per molte persone, probabilmente la maggioranza, costituiscono semplicemente un inutile spreco di tempo e di risorse. In linea con le necessità adattive che i moderni ritmi sociali e lavorativi impongono, sono pienamente d’accordo sul fatto che prima di tutto vanno trovate soluzioni il più possibili pratiche e rapide per poter essere efficienti nel sempre più esigente mondo moderno e realizzati nelle relazioni affettive e personali con le persone del proprio ambiente. Qualsiasi intervento psicologico, prima di ipotizzare lunghi percorsi di esplorazione e crescita interiore, almeno nei casi in cui ciò appare possibile, deve prima di tutto tentare di offrire sollievo e risultati pratici nel più breve tempo possibile.
Raccomando però nel contempo, di prestare sempre attenzione alla nobile voce del Sé interiore, o del Cuore, se si preferisce esprimersi in termini più poetici. In ogni momento della nostra vita può irrompere alla coscienza, chiedendo di essere presa in considerazione, chiedendo lo sforzo di superare i limiti della logica meccanicista con cui abbiamo affrontato la vita fino a quel momento. Questa “voce” potrebbe arricchire il nostro vissuto di una gioia e di una pienezza esistenziale difficilmente immaginabili prima di aver raggiunto un certo grado di consapevolezza interiore. Ed in casi come questi, forse vale la pena non fermarsi al superamento del solo lato pratico di ostacoli come le convinzioni limitanti.
2 commenti su “Quella strana sensazione di non meritare”
Mi ritrovo in queste parole e il solo averle lette mi ha alleggerito, anche se sicuramente solo temporaneamente, la sensazione di “non meritare”… grazie
Buongiorno Luca, non basteranno certamente poche parole per sradicare l’eventuale presenza di una convinzione che potrebbe essere anche profonda. Ma lo scopo dell’articolo era esattamente quello che lei ha colto: favorire la riflessione su un tema piuttosto sottostimato, per iniziare un personale percorso di consapevolezza.
Prendere coscienza della presenza di determinati meccanismi in noi è un primo importante passo per confrontarci con essi e dare maggiore libertà di espressione al nostro sé.