La moderna vita quotidiana tende ad imporre a ciascuno di noi la necessità di adottare un atteggiamento di realistica concretezza. I numerosi problemi, la necessità di trovare un saggio equilibrio tra lavoro e vita privata, gli imprevisti, i rapporti con le persone e gli impegni di vario tipo, tendono ad assorbire tutte le nostre attenzioni e tutte le nostre energie. Qualcuno riesce però, nel bel mezzo di tutto questo, a conservare un senso di meraviglia di fronte alla bellezza della vita, in ogni circostanza in cui essa si manifesta.
Il progresso umano e scientifico ha compiuto a dir poco miracoli. Abbiamo visitato i luoghi più impensabili. Siamo riusciti a viaggiare nello spazio. Possiamo risolvere problemi di grande complessità con soluzioni che un tempo sarebbero apparse inimmaginabili.
Forse però, come affermava il grande alpinista ed esploratore Walter Bonatti, anche se non esiste probabilmente più alcun luogo inesplorato sul nostro pianeta, la più grande delle imprese non è ancora stata portata a termine. “Chi è l’uomo?”, si chiedeva Bonatti, “che cos’è, in effetti, l’uomo?”.
Chi siamo realmente? Qual è il senso del nostro esistere su questo pianeta? Sono domande che per molte persone non hanno alcun senso. E forse hanno ragione a pensarlo. Forse la vita è davvero priva di significato oltre a ciò che possiamo comprendere da un punto di vista biologico – evoluzionista.
Altri però, leggermente più ottimisti, pur affermando che la vita non ha verosimilmente alcun senso in sé, invitano comunque alla ricerca, in quanto sarebbe proprio compito nostro trovarne uno ed attribuirlo alle nostre azioni, alle nostre emozioni e alle nostre riflessioni. In altri termini, pur non essendovi evidenza dell’esistenza di un senso “superiore”, o “trascendente”, o “dato a priori” al nostro esistere, sarebbe comunque nostra responsabilità arricchirla con elementi di valore.
Per altri ancora, l’esistenza stesa rimane un grande mistero. Un mistero in grado di suscitare però in noi un senso di meraviglia per la bellezza e la profondità della vita in quanto tale. Come affermava C.G. Jung in quello che a mio avviso è il suo testo più affascinante (1), vi sono momenti in cui rimaniamo assorti di fronte alla percezione di un senso di infinito e di eterno.
Sono due concetti che hanno poco a che fare con le questioni pratiche della nostra quotidianità. Ma se abbiamo la fortuna di poter godere di qualche “ritaglio di vita” da poter dedicare ad una riflessione su di essi, o se ci sentiamo in qualche modo attratti dal loro significato più profondo, possiamo renderci conto di quanto valore possano avere.
Il senso di meraviglia di fronte al mistero dell’esistenza offre alla nostra coscienza l’opportunità di aprirci alla ricerca e alla costruzione di senso. A volte, il semplice meditare o riflettere sull’insondabile, ha un effetto in qualche modo “curativo”. Per qualche ragione non sempre nota, riesce a dar voce in noi a ciò che sa meravigliarsi di fronte alla bellezza.
Afferma infatti Jung, nel testo già citato: “La domanda decisiva per l’uomo è questa: è egli rivolto all’infinito oppure no? Questo è il problema essenziale della sua vita. Solo se sappiamo che l’essenziale è l’illimitato, possiamo evitare di porre il nostro interesse in cose futili, e in ogni genere di scopi che non sono realmente importanti. Altrimenti, insistiamo per affermarci nel mondo per questa o quella qualità che consideriamo nostro possesso personale, come il ‘mio talento’ o la ‘mia bellezza’.
Quanto più un uomo corre dietro a falsi beni e quanto meno è sensibile a ciò che è l’essenziale, tanto meno soddisfacente è la sua vita: si sentirà limitato, perché limitati sono i suoi scopi, e il risultato sarà l’invidia e la gelosia. Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l’infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano. In ultima analisi, contiamo qualcosa solo grazie a ciò che di essenziale possediamo e se non lo possediamo la vita è sprecata.
“… il compito dell’uomo è […] diventare cosciente di ciò che preme dall’interno, dall’inconscio, invece di rimanere inconsapevole o di identificarsi con esso. In entrambi i casi viene meno al suo destino, che è quello di creare coscienza. Per quanto ci è dato conoscere, l’unico significato dell’esistenza umana è di accendere una luce nelle tenebre del puro essere…”
NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Carl Gustav Jung – Ricordi, Sogni, Riflessioni – BUR