Senso di vuoto. Quando qualcosa in noi si spegne

Il senso di vuoto può nascere da condizioni affettive, ma anche emergere da un anelito dell'animo verso nuovi orizzonti di significato
Senso di vuoto. Quando qualcosa in noi si spegne
Senso di vuoto. Quando qualcosa in noi si spegne
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Come tutte le esperienze che toccano le proprie emozioni in profondità, anche il vissuto del senso di vuoto non è facile da tradurre in parole. Per qualcuno potrebbe semplicemente essere associabile ad uno stato di noia dovuto ad una momentanea assenza di esperienze stimolanti.

Per altri può invece rappresentare la presenza di un disagio psicologico molto più profondo e non di rado derivante da qualche condizione psicopatologica. Ne è un esempio la severa deflessione dell’umore che caratterizza gli stati depressivi, o che determinate angosce di separazione o di abbandono presenti in alcuni disturbi della personalità.

Ma è piuttosto frequente anche la condizione in cui il senso di vuoto si associa ad una più generale mancanza di senso nel vissuto quotidiano, che non di rado deriva dalla mancanza di una connessione profonda con se stessi, con gli altri e con il mondo.

L’esperienza di una sensazione di vuoto psicologico incolmabile può dunque emergere per motivi affettivi. Può però venire alla luce anche a causa di considerazioni di natura più ampia sul senso stesso dell’esistenza, altrettanto difficili da accogliere e comprendere.

Senso di vuoto e bisogno di legami autentici

L’essere umano per sua natura è costantemente alla ricerca di relazioni significative. La nostra stessa identità si costruisce socialmente. Abbiamo dunque bisogno di esprimerci, di amare, di essere amati e riconosciuti. E non è difficile immaginare quanto l’assenza o la perdita di questo tipo di connessioni possa condurci all’esperienza del senso di vuoto.

Come abbiamo già accennato in un altro articolo, viviamo in un’epoca in cui siano sempre più interconnessi ma anche sempre più soli. Oggi molte relazioni sono di tipo illusorio. Raramente offrono legami profondi, idonei a colmare i bisogni di un cuore che non trova un’autentica corresponsione.

Ma non mancano anche situazioni più difficili in cui il vuoto affettivo è una condizione forzata da un involontario isolamento o da cause esterne come condizioni di salute, perdita di persone care o la perdita di importanti punti di riferimento esistenziali. Il vuoto interiore in questi casi può associarsi alla perdita di fiducia nella vita, nel futuro o nelle altre persone, e fare spazio ad un senso di impotenza crescente.

Quando il senso di vuoto è un vuoto di senso

Questa condizione psicologica può essere tanto drammatica quanto ulteriormente difficile da descrivere, quando non se ne è fatta esperienza diretta. Presenta molti aspetti in comune con quella che poeticamente e spiritualmente è stata definita “la notte oscura dell’anima”.

Si tratta infatti di una condizione in cui l’anelito profondamente spirituale alla ricerca di un senso elevato della propria esistenza perturba significativamente il proprio equilibrio psicologico. Di norma non sono le condizioni esteriori a determinarlo.

La vita può scorrere in tranquillità o addirittura con un certo grado di successo per quanto riguarda gli ambiti del lavoro, delle amicizie, delle relazioni e della famiglia. Eppure percepiamo che dentro di noi qualcosa manca. Vi è un vuoto che nessuna esperienza esteriore, anche significativa, potrà mai colmare.

Il bisogno di connessione profonda

In molti casi per “risolvere” il problema è sufficiente ritrovare la fiducia in se stessi e nella possibilità di meritare esperienze di vita appaganti e connessioni significative con gli altri esseri umani. A volte il senso di vuoto è infatti solamente una condizione temporanea, che si risolve grazie alla pazienza e alla capacità di rimanere aperti al cambiamento.

La nostra maturità psicologica non può non derivare anche dalla crescente capacità di gestire situazioni di questo tipo, che assumono dunque addirittura un valore formativo. Forse addirittura possiamo scoprire qualcosa in più su noi stessi, sulle nostre capacità creative e sull’utilità che possiamo avere per le altre persone.

Quando sappiamo far tesoro di momentanee condizioni di vita come queste non di rado scopriamo nuovi aspetti di bellezza e motivi per cui essere grati.

C’è una solitudine dello spazio
una solitudine del mare
una solitudine della morte, ma
sono tutte compagnia
paragonate a quell’altro spazio più nel fondo,
quella privatezza polare:
un’anima sola con se stessa
finita infinità.

Emily Dickinson 1

Senso di vuoto e trascendenza

Vi sono però situazioni in cui nulla può cambiare, e la crisi sembra dirigersi verso orizzonti sempre più oscuri. E in questi casi sembra non ci sia altra scelta se non quella di portare la ricerca di un senso della propria vita ad un livello superiore.

Il miglioramento della nostra capacità di procurarci esperienze di vita più appaganti potrà attenuare solo minimamente il problema. Il senso di vuoto in una simile condizione non può essere semplicemente “riempito”.

E non posso non pensare alle parole di Roberto Assagioli, quando affermava che la vita non procede per riempimento di vuoti ma per conquiste di spazi interiori. E la necessità di conquista di nuovi spazi interiori, di nuovi orizzonti di significato, sembra proprio ciò che ci troviamo di fronte in quel punto esatto di quell’incerto cammino.

La prima tappa di questo percorso non può che essere la Serena accettazione delle condizioni che la vita ci offre in quel dato momento. Ma questo non significa rassegnazione. Il processo di accettazione è un atto di coraggio e di scelta consapevole. La scelta di accettare ciò che non può essere cambiato e soprattutto la scelta di interpretare in chiave evolutiva ciò che potrebbe apparire semplicemente come una condanna.

Di fronte alle condizioni che il destino sembra imporci, abbiamo sempre la possibilità di esercitare il nostro libero arbitrio nella scelta del modo in cui vogliamo reagire a questo tipo di realtà. E quando questa scelta ci porta a fare esperienza di una connessione più profonda con noi stessi e con quella parte di universo a cui sentiamo di appartenere, il senso di vuoto non è solamente “riempito”. Esso può invece definirsi “trasmutato”, elevato al rango di un’esperienza di valore inestimabile, e dunque incomunicabile.


NOTE BIBLIOGRAFICHE

1 – Citato in: Carotenuto A., I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione. Tascabili Bompiani

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