Il tema della solitudine non è certamente nuovo nelle pagine di questo sito. Abbiamo già parlato della solitudine come aspetto interiorizzante e come elemento che nutre lo spirito. In questo scritto vorremmo focalizzarci sulla necessità di avere una profonda fiducia in sé stessi nel momento in cui scegliamo di valorizzare i nostri momenti di solitudine.
È facile, nel mondo, vivere secondo l’opinione del mondo;
è facile, in solitudine, vivere secondo noi stessi;
ma l’uomo grande è colui che in mezzo alla folla
conserva con perfetta serenità l’indipendenza della solitudine.
Ralph Waldo Emerson
Molti studi e ricerche dimostrano che oggi, nella vita e nel lavoro, la fiducia in se stessi e l’autostima sono gli elementi chiave del successo personale. Per questa ragione, molte persone cercano con ogni mezzo di poterle ostentare. Ciò naturalmente non significa che ne siano davvero in possesso. Una genuina fiducia in se stessi e nelle proprie qualità è una dote rara, perchè implica una profonda conoscenza di se stessi.
Trascorrere del tempo da soli, per la maggior parte delle persone, non è facile. La solitudine, per costoro, appare come un problema, qualcosa da evitare, un vuoto che deve essere riempito con qualsiasi mezzo. Per altri invece, all’estremo opposto, una certa disponibilità di tempo da dedicare esclusivamente a se stessi costituisce un’esigenza vitale. Ed è prevalentemente a queste persone che sono rivolte le riflessioni qui esposte.
Giorni e mesi corrono veloci
la strada è oscura e incerta
e temo di offuscarmi
non prestare orecchio alle menzogne
non farti soffocare dai maligni
non ti nutrire di invidie e gelosie
In silenzio soffro i danni del tempo
le aquile non volano a stormi
Franco Battiato
Solitudine e Trascendenza
La solitudine è tanto ardua, quanto irrinunciabile, almeno per alcuni. Per chi ha la necessità di sondare i più profondi misteri dell’esistenza, per chi anela a meditare sull’Infinito, sull’Eterno e sul Trascendente, la solitudine non può non essere una inevitabile compagna di viaggio. Il viaggio più prezioso, in ogni caso, è alla scoperta di se stessi, alla ricerca della nostra appartenenza più autentica.
Una citazione che su molti siti viene attribuita al noto cantante rock Jim Morrison, scomparso negli anni Settanta, dice testualmente:
“La solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno”.
Chi conosce quelle sensazioni, quegli stati d’animo, quella incomunicabilità e quel vuoto che la solitudine inevitabilmente comporta, si rende conto che, forse involontariamente, Jim Morrison ha espresso un concetto degno delle più alte vette dell’animo umano. Se consideriamo il termine “vento” secondo la sua più ampia accezione filosofica, esso è uno dei modi con cui, assieme al termine “respiro”, nell’ambito della tradizione Cristiana, si intendeva il concetto di “pneuma”. Pneuma, già a partire dai presocratici, indicava quell’elemento sottile connesso allo spirito, all’impalpabilità e invisibilità di ciò che è, semplicemente, vita.
Poeticamente intesa, questa affermazione potrebbe dunque essere parafrasata in modo da esprimere l’impossibilità comunicativa di coloro che sono in grado di ascoltare la voce del vento, o in un certo senso, del Sé. E’ sufficiente un solo iniziale avvicinamento alla consapevolezza interiore di un aspetto così elevato come quello di Sé superiore o Transpersonale per rendersi conto di ciò a cui si fa qui riferimento.
Anche un semplice barlume di consapevolezza basta a rendere conto della delicatezza della questione e della difficoltà a comunicare ad altri il senso del proprio cercare. La solitudine più intensa deriva proprio dal fatto di rendersi conto di non poter comunicare con le persone del proprio ambiente quelle prime intuizioni che fanno della nostra vita quella preziosa esperienza per la quale essere immensamente grati a tutto ciò che ci circonda.
Ci si rende conto che è difficile parlare di questioni che di norma alle persone non interessano. Ci si rende anche però conto di avere comunque la necessità e il piacere di interagire con le persone, di ascoltare le loro gioie e i loro tormenti. Ci si rende conto che questa solitudine è una questione di interiorizzazione, e mai deve divenire una tendenza al distacco. E’ un bisogno di spazio, non di lontananza, anche se non di rado questa ne consegue comunque. Per quanto possa apparire paradossale, la nostra solitudine interiore è tanto più nobile, quanto più siamo in grado di offrirne i frutti alle persone che ci circondano. Dovremmo sempre e comunque evitare di considerarci “diversi” e men che meno di mostrarci come tali.
Fiducia in sé stessi e rinuncia al distacco
La fiducia in sé stessi entra in gioco proprio a questo punto. Dobbiamo essere ragionevolmente consapevoli di poter attingere alle nostre risorse psicologiche più profonde ed efficaci. Dobbiamo aver fiducia nella nostra capacità di riuscire a trarre da questa esperienza solo il meglio per il nostro cuore e per quello delle persone che appartengono al nostro ambiente. Questa è una fiducia in se stessi del tutto autentica.
La misura della bontà del nostro impegno teso a valorizzare la solitudine ci viene data dal successo nell’applicare alla nostra quotidianità una semplice regola suggerita da Madre Teresa di Calcutta: “Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento“. Ben lungi dall’essere una semplice indicazione di tipo “religioso”, è piuttosto un momento di confronto con noi stessi. E’ la verifica della nostra capacità di fare della nostra solitudine interiorizzante una fucina per quell’energia dell’anima che rende le nostre vite degne di essere vissute e amate.