La solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno…
Jim Morrison
Siamo spesso abituati a pensare alla solitudine in termini di isolamento. Nel mio lavoro di psicologo mi trovo davvero spesso a raccogliere testimonianze di esperienze di solitudine, anche intense e drammatiche.
L’essere umano non viene certamente al mondo per trascorrere la sua esistenza in solitudine. Relazione, socializzazione, scambio e condivisione sono infatti alcuni tra gli elementi fondamentali della nostra esistenza, anche ai fini di un sano equilibrio psicologico.
Jim Morrison è stato un artista passato alla storia più per i suoi eccessi e le sue folli trasgressioni che per qualche forma di saggezza. Ma in questa sua espressione si cela una profonda verità, e non sappiamo fino a che punto egli stesso abbia potuto effettivamente viverla.
La solitudine non si declina unicamente in termini di distacco o separazione. Essa può semplicemente essere sinonimo di incomunicabilità, e non di rado i suoi effetti possono essere addirittura peggiori, in quanto porta con se una sensazione di impossibilità di soluzione.
L’incomunicabilità può senza dubbio avere una base “narcisistica“, qualora dovesse dipendere dalla sensazione di essere talmente speciali da non poter essere compresi da nessuno. Può avere persino una base psicotica, qualora “l’ascolto del vento” si traduca nell’esperienza dell’allucinazione e del dlirio.
Ma il significato più autentico e spiritualmente più genuino di questa espressione sta probabilmente nell’esperienza di consapevolezza di chi sa cogliere profondità di significato e di verità esistenziali rispetto alle quali non sente di avere molte possibilità di confronto genuino e di condivisione con le altre persone.
Prerequisito a questa condizione è naturalmente una grande maturità psicologica e un amorevole senso di connessione con gli altri esseri umani e con il mondo in generale. Ma nonostante questo, rimane la consapevolezza di non poter condividere molto di ciò che interiormente appare invece come qualcosa di profondamente vero.
E’ una condizione che molto probabilmente appartiene ed è appartenuta a molti pensatori ed artisti. La capacità di “udire il vento”, ovvero di saper tendere l’orecchio verso gli aspetti più sottili e più velati della realtà, non sarà mai un ostacolo al sentimento di “partecipazione” verso tutto ciò che appartiene al proprio ambiente.
Ma implica comunque al consapevolezza di dover accettare quella forma di solitudine interiorizzante che ne deriva, facendone comunque tesoro e motivo di ulteriore elevazione del proprio animo.