Dolore ed esperienze della vita
Un’esperienza che sembra impossibile cancellare dalla nostra esistenza, a discapito del grande avanzamento del moderno progresso, è quella del dolore. Anche questa, senza dubbio, fa parte più che altro di una riflessione più di tipo filosofico che psicologico, ma allo psicologo spetta comunque il non facile compito di suggerire le giuste soluzioni per superarlo. Difficilmente, infatti, una persona richiede un aiuto psicologico se il dolore non ha già bussato insistentemente alla sua porta.
Iniziamo con il dire che il dolore è quasi sempre la conseguenza di qualche particolare evento della vita che ha portato un cambiamento peggiorativo delle condizioni esistenziali. La perdita di una persona, le difficoltà economiche, la solitudine, la malattia, ecc. sono tutte condizioni che possono portare il dolore nel nostro cuore, modificando sensibilmente la qualità della nostra vita. A volte anche l’attesa di un life event può causare dolore. Secondo non pochi studiosi, addirittura, l’attesa di un evento temuto ha un impatto ancora più significativo rispetto al verificarsi effettivo dell’evento stesso.
Ma ogni psicologo sa che, alla fine, il vissuto interiore è talmente soggettivo che il medesimo evento oggettivo (temuto o immaginato) scatena nelle persone tante differenti reazioni quante sono le persone stesse. Ed è per questo che la prima qualità del professionista deve essere quella dell’ascolto e dell’accoglienza, perchè nulla dà più sollievo, nelle fasi iniziali del rapporto, che sentirsi realmente ascoltati e accolti nel momento del dolore.
I motivi autentici per cui una persona soffre, sono noti solo alla persona stessa, e spetta eventualmente allo psicologo accogliere empaticamente questo vissuto, affinchè possa schiudersi delicatamente anche nel suo cuore e poter offrire una sincera risonanza interiore a ciò che la persona vive.
Esperienza del dolore e libero arbitrio umano
Il dolore, dicevamo, ha sempre accompagnato l’umanità lungo le strade della propria esistenza. Non ne sappiamo abbastanza per poter affermare con sicurezza se l’esperienza del dolore sia o meno inevitabile. E, ritengo, non ne sappiamo abbastanza nemmeno da poter affermare se sarebbe poi davvero opportuno poterla evitare. In ogni caso, indipendentemente dagli eventi della vita che possono causare dolore, abbiamo uno straordinario potere di controllo sulle modalità con cui possiamo reagire ad esso. In altri termini, se non possiamo evitare il dolore, possiamo scegliere cosa farne in termini di vissuto interiore. Spesso proviamo illusoriamente a sfuggire alla sua presa, o tentiamo di affrontare la vita negando la sua presenza. Ma i più saggi sanno che esistono modi molto più evolutivi di guardare all’esperienza del dolore, anche se richiedono uno spirito coraggioso e una capacità di adattamento molto profonda.
Affrontare il dolore
Molti sono i modi in cui possiamo affrontare la sofferenza interiore e, in linea con i contenuti di questo sito, ne riportiamo alcuni che possono essere utili a chi aspira ad un benessere psicologico inteso come pienezza del proprio essere.
Se siamo persone con adeguate capacità di introversione, possiamo cercare il più possibile di mantenere una posizione di interiorizzazione, facendo attenzione a non scadere in qualche pericolosa forma di chiusura in se stessi e nel proprio dolore. Non esiste una persona di animo più nobile e dignitoso di quella che accetta il proprio dolore preoccupandosi di non influenzare le persone che fanno parte del proprio ambiente. Il suo stato di dolore può velatamente trasparire, ma il suo cuore forte e coraggioso appare senza dubbio in primo piano.
Un altro suggerimento è quello di leggere tanto. Lo straordinario numero di persone che hanno lasciato testimonianze sul modo sublime in cui hanno affrontato il loro dolore ci fa sentire molto meno soli. Il dolore spaventa solo fino a quando pensiamo che sia del tutto inutile, e che non abbia altra funzione se non quella di esperienza sensoriale fisiologica.
Si evitino accuratamente tutte quelle letture (molte!) che invitano all’autocommiserazione quale fattore redentivo e si scelgano invece quelle (altrettanto numerose) pagine scritte da chi ha saputo trascendere la propria sofferenza per realizzarsi quale individuo umanamente, emozionalmente e “spiritualmente” completo. La funzione del dolore non deve essere vista come fine a se stessa, ma come la voce di un amico prezioso che ha il coraggio di dirci con chiarezza che è necessario un cambio di rotta.
Il dolore non è dunque qualcosa di cui essere vittimisticamente orgogliosi; è una “inevitabile opportunità” che sta solo a noi saper cogliere nel modo più corretto ed evolutivo. Forse siamo davvero “destinati”, in qualche fase della nostra vita, a sperimentale la nostra “notte oscura dell’anima”. Ma possiamo senza dubbio affermare che il modo in cui possiamo reagire e l’insegnamento che possiamo trarre dall’esperienza del dolore non ha nulla a che fare con qualche ipotetico destino. Dipende unicamente dal potere che il nostro cuore detiene sulla nostra vita. Dipende dal grado di saggezza con cui abbiamo appreso ad interpretare gli eventi. Dipende da una nostra precisa scelta di saper trasformare la nostra vita in un miracolo per quella degli altri, se nella nostra manca il dono dell’assenza del dolore.
Sarà senz’altro utile poi trascorrere del tempo all’aria aperta, sforzandosi di osservare l’armonia della natura e dell’arte, fare lunghe passeggiate stando con se stessi e con la propria anima.
Cercare la compagnia di persone che hanno fatto pace con il loro dolore. Il loro cuore è un sole radiante e la promessa di quel futuro, più prossimo di quanto pensiamo, che attende anche noi al termine di questa tappa di crescita.
E’ anche possibile “parlare” al proprio dolore, facendo qualche semplice esercizio di immaginazione creativa. Possiamo immaginare di dialogare con un “vecchio saggio” che ci conosce in profondità e può rivelarci molto sulla funzione (personale e/o transpersonale) del nostro dolore. Si tratta di un lavoro simbolico che offre l’opportunità al nostro inconscio superiore di trasmetterci preziose informazioni in forma di immagini o suggerimenti diretti.
Ascoltare musica classica, quella dei grandi geni del suono, che alleggerisce, illumina e spazza via le cupe nubi del dolore. Abbiamo a disposizione un enorme patrimonio musicale, in cui c’è sicuramente qualcosa che si adatta alla nostra particolare situazione emozionale. Lasciamoci guidare dalla nostra sensibilità e dall’intuito del cuore.
Solo a titolo di banale esempio, alcune delle sonate per pianoforte di Beethoven evolvono dal tormento verso melodiose armonie di pace interiore.
Al dolore, se ben compreso, fa infatti seguito una pace che arricchisce più di ogni altra cosa. Una pace che per essere autentica necessita della concomitante preparazione di uno spazio anche per l’esperienza della gioia. La funzione paradossalmente benefica del dolore, come afferma Roberto Assagioli, è infatti quella di essere vissuto in funzione di ciò che porta al suo superamento.
Evitare la compagnia di persone che ci offrono la possibilità di rimuginare sul nostro dolore. Favoriscono la stagnazione di sentimenti disfunzionali e indicano la via verso soluzioni del tipo “mal comune, mezzo gaudio” che non aiutano invece nessuno e precludono alla mente la possibilità di osservare l’avanzare della nostra luce interiore, emergente dal Supercosciente.
Sforzarsi di offrire agli altri (in termini di comprensione, sentimenti ed emozioni) ciò che vorremmo venisse offerto a noi, a causa del momento difficile. Ricevere ascolto e comprensione allevia molto il nostro dolore, ma se sappiamo addirittura offrirlo, con animo sincero e consapevole, ogni miracolo è possibile.
Cercare di osservare tutto ciò che possiamo. Mantenere il più possibile l’attenzione a ciò che accade attorno a noi, ai piccoli gesti di attenzione che le persone ci offrono, alle piccole meraviglie che la vita costantemente ci offre e rispetto alle quali siamo sempre così distratti: la bellezza di un fiore, il suono della pioggia o del vento, il silenzio interiorizzante della sera, la sublime bellezza matematica delle costellazioni celesti durante una notte limpida e silenziosa…
Qualcuno le chiama “piccole cose della vita”, come se l’universo, nella sua immensità, si preoccupasse di offrire fenomeni naturali organizzati secondo una scala di valori che tengono conto del punto di vista umano. Tutto è movimento, tutto è arricchimento, basta imparare ad osservare. “Nessuno è nato sotto una cattiva stella” come osserva acutamente il Dalai Lama “esistono semmai uomini che guardano male il cielo”.
Risvegliare il nostro lato sensibile più raffinato è dunque la prima via da seguire quando non possiamo evitare il sentiero che passa per la valle del dolore. Se la vita ci offre un calice amaro, forse il suo contenuto cela qualcosa di così prezioso che solo un cuore trasformato potrà scoprire. La nostra vita, dopo l’esperienza del dolore, può svelare strade sconosciute e impensate, può tracciare un pentagramma sul quale la nostra accresciuta consapevolezza potrà scrivere note di elevata armonia.
Se ce la sentiamo, è di norma preferibile evitare di cercare di “risolvere il problema” nell’immediato, o quantomeno prima di averlo compreso nella sua essenza. L’arte della pazienza può rivelarsi un prezioso alleato. Così come il bruco deve “ritirarsi dal mondo” all’interno del suo bozzolo e lasciare che la sua stessa natura comnpia il “miracolo” che lo porterà a divenire una meravigliosa farfalla, anche noi possiamo accettare questo momento di trasformazione, limitandoci a prestare attenzione a ciò che accade dentro di noi.
Lo ripetiamo, non si tratta di isolarsi dagli altri, di chiudersi con orgoglio, masochismo o risentimento, all’interno del proprio dolore. Spesso è proprio quello che accade quando ci illudiamo di “aver già sistemato tutto”. Significa invece guardare proprio lì dove il dolore ci invita ad orientare lo sguardo. Ma questo può essere fatto solo quando il nostro cuore ha compreso la meraviglia della Vita.