Raramente la vita delle persone può dirsi del tutto priva di difficoltà o ostacoli. La crescente complessità del vivere moderno costringe ciascuno di noi ad adattarsi a situazioni sempre più impegnative, ma fa inevitabilmente emergere anche tutte le nostre fragilità.
Gli anni più recenti, con gli avvenimenti che li hanno caratterizzati, hanno messo molte persone alla prova, sotto diversi punti di vista, spingendoci a riflettere su come tutto ciò possa essere affrontato in maniera costruttiva.
In diverse pagine di questo sito abbiamo insistito sul fatto che un duraturo equilibrio psicologico non può generalmente prescindere da una parallela consapevolezza circa il senso della propria vita, e l’aver compreso appropriatamente la propria vocazione esistenziale.
Un secondo elemento, forse un po’ più complesso da comprendere, è l’acquisizione della capacità di togliere sé stessi dal centro del dramma della propria vita.
Il nostro punto di osservazione rispetto alla nostra stessa esistenza è inevitabilmente centrale. Osserviamo e percepiamo noi stessi al centro di un piccolo mondo attorno al quale si delineano le altre vite, le altre situazioni, ecc. In molte tradizioni, per lo più orientai, si insegna che l’ostinazione nel voler considerare sé stessi al centro di questo dramma costituisce un fattore di infelicità.
Quanto più siamo invece in grado di lasciare spazio a quel “senso più ampio” di esistenza a cui la nostra coscienza si può ispirare, tanto più sarà possibile alleviare la percezione della gravità dei nostri drammi esistenziali, ricavandone leggerezza.
Anche C.G.Jung affermava che dovremmo apprendere ad osservare le difficoltà della nostra vita allo stesso modo in cui si osserva un temporale nella valle dalla cima di una montagna. Le difficoltà, le crisi, i conflitti, le inquietudini e le perdite faranno sempre parte della nostra esistenza.
Alcuni tra questi aspetti sono paradossalmente funzionali al nostro sviluppo psichico, quando opportunamente rielaborati. Non sempre li potremo evitare, per quanto intenso possa essere il nostro impegno per riuscirci. Ma senza dubbio l’errore più grande sarebbe comunque quello di soffermarsi su di essi, trascorrendo il tempo ad autocommiserarsi per la propria condizione penosa.
Esistono situazioni di indiscutibile, grave ed oggettiva difficoltà, che richiedono evidentemente un approccio di tipo diverso. Ma nella maggior parte dei casi i cosiddetti “drammi” della nostra vita non sono più gravi di quanto non siamo noi stessi a definirli tali.
E’ un paradosso? Probabilmente si, ma quando siamo in grado di offrire respiro alla nostra “anima”, intrappolata nella morsa del dramma, la nostra vita può cambiare sensibilmente. Togliere sé stessi dal centro del dramma della propria esistenza può richiedere un serio impegno in termini di crescita interiore.
Ma in molti casi si tratta semplicemente di smettere di autocommiserarsi, o di smettere di parlare dei propri problemi con le altre persone nel tentativo di richiamare la loro attenzione, o di smettere di pensare che non saremo mai felici se non risolveremo il nostro problema in quel particolare modo, o che nessuno ci potrà mai comprendere nel nostro dolore particolare.
Forse potremo semplicemente lasciare spazio a quella nuova primavera emozionale e spirituale che tenta sempre di far ritorno nella nostra vita. Nel mio lavoro di psicologo ho avuto il privilegio di osservare tante volte il coraggio delle persone che hanno saputo creare questo spazio interiore, anche in presenza di drammi decisamente importanti. Ma ho soprattutto potuto osservare la bellezza che hanno creato nelle loro vite.