Trovare uno scopo in un mondo che non ne ha

E' possibile trovare un senso alla nostra realtà partendo semplicemente da una prospettiva scientifica meccanicista e casuale?
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Prendo spunto da uno scritto riportato sul sito “Psychology Today” ad opera del dott. Ralph Lewis, autore di un libro dal titolo “Finding Purpose in a Godless World: Why We Care Even If the Universe Doesn’t”. L’articolo riporta sinteticamente le osservazioni alla base delle sue riflessioni elaborate più ampiamente nel testo.

Le osservazioni proposte dall’autore sono sostanzialmente in linea con molte affermazioni che persone di cultura scientifica, in differenti ambiti, tendono a proporre oggi. Ovvero, che la vita non avrebbe un senso, ma che siamo sostanzialmente noi ad attribuirne uno.

Molte persone, afferma l’autore, affrontano la vita e le avversità credendo che le cose accadano per una ragione, o che esista un qualche tipo di piano superiore. Ma questo altro non sarebbe se non la dimostrazione dell’inaffidabilità della percezione umana.

Le cose, prosegue l’autore, semplicemente accadono, spontaneamente e senza alcuna guida, senza un piano e senza uno scopo. In alcuni ambiti della vita possiamo essere agenti intenzionali, per tutto il resto le cose semplicemente accadrebbero senza alcuna ragione, senza un piano prestabilito.

Molte persone sarebbero inoltre fuorviate dalla falsa credenza che se l’universo non ha uno scopo, allora nemmeno l’essere umano ne ha uno. E rimarrebbero dunque perplesse nel dover ammettere che tutta la complessità che ci circonda si è, sostanzialmente, generata senza uno scopo, attraverso processi del tutto casuali.

Secondo il dott. Ralph Lewis, molte persone sono perplesse di fronte al fatto che la nostra coscienza possa derivare semplicemente dalla materia, senza una volontà trascendente. Queste stesse persone si chiedono da dove potrebbero allora derivare aspetti di grande importanza, come i valori che ci guidano. Si interrogano sul senso che avrebbe un universo frutto semplicemente del caso.

La tesi che supporta l’autore è, in sintesi, che una profonda comprensione dei processi evolutivi spontanei e non guidati, e della complessità auto-organizzante entro un universo frutto del caso, possa essere sufficiente al fine di generare esseri umani individualizzati e consapevoli di sé, capaci di vivere esistenze di valore e di significato.

Possiamo quindi rinunciare ad un bisogno di trovare uno scopo più profondo?

Personalmente credo proprio di no. Per quanto coerenti, logiche e veritiere possano essere le affermazioni sostenute dal dott. Lewis, sono ancora troppi e troppo affascinanti i misteri della Vita per poterci accontentare di una spiegazione meccanicista e casuale della realtà.

Siamo senza dubbio in grado di trovare un senso che renda la nostra vita degna di essere vissuta persino in condizioni estreme. Ma questo non significa che a qualcuno possa non bastare una prospettiva secondo la quale niente ha un senso se non quello che siamo in grado di trovare noi stessi.

E questo qualcuno tende a non rinunciare facilmente al bisogno di cercare una profondità trascendente dell’esistenza. Non si rassegna a concepire la bellezza come un puro fatto estetico. Non accetta di ridurre ciò che è caratterizzato dal fascino dell’insondabile ad un mero prodotto della meccanica casualità dell’universo.

Credo che in ogni caso si possa concordare con il dott. Lewis sul fatto che di trovare un senso ne abbiamo tutti un grande bisogno. Le crisi di senso possono scatenare disagi psicologici anche di impatto significativo. Le persone cercano un senso per non avere l’agghiacciante impressione di aver vissuto inutilmente.

Come spieghiamo però il fatto che, ad esempio, l’essere umano è capace di amare a livelli che si spingono bel oltre ciò che le teorie evoluzioniste ritengono essere necessario per la perpetuazione del proprio patrimonio genetico? Perchè il lontano, l’infinito e il mistero ci affascinano ben oltre ciò che di essi ci riguarda ai fini del benessere personale? Perchè le espressioni artistiche più sublimi ci riempiono di “senso” ben più di quanto ci potrebbe essere materialmente utile?

Non posso sapere se la vita ha un senso collocabile ad un livello trascendente, ma posso essere testimone del fatto che moltissime persone lo cercano. Così come, senza una ragione logico-scientifica apparente, ricercano la bellezza e le arti più sublimi, compiono sacrifici, amano senza attaccamento o tornaconto personale, si impegnano in imprese che non hanno un fine narcisistico, si appassionano alla filosofia, si lasciano ispirare dalla poesia e dall’immensità dell’universo.

Quando il senso che possiamo attribuire alla nostra vita non è sufficientemente profondo ed elevato, non regge di fronte alle grandi prove che a volte l’esistenza ci riserva. E’ solo dedicando il nostro cuore ad una ricerca davvero autentica che possiamo intuire qualcosa in più su ciò a cui aneliamo davvero nella vita.

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