Il professor Irvin Yalom, psichiatra e scrittore di fama internazionale a cui abbiamo già fatto riferimento in alcuni precedenti articoli, in un suo interessante testo (1) espone quello che a suo avviso costituirebbe il “segreto di una buona terapia” psicologica.
Ho particolare piacere di condividere qualche spunto tratto dal suo pensiero su questo argomento perché trovo nelle sue parole molti degli aspetti che ho sempre considerato come elementi guida nel mio lavoro. Il primo tra questi elementi è il fatto che una buona terapia psicologica dovrebbe esere fondamentalmente “un viaggio avventuroso alla ricerca della verità”.
Il tipo di verità psicologica che si intende ricercare è, tanto inevitabilmente quanto poeticamente, soggettiva. La nostra verità personale è l’essenza più pura del nostro esistere quali individui umani, dotati della capacità di riflettere su noi stessi.
Molte persone si rivolgono ad uno psicologo perchè soffrono a seguito di precise situazioni di disagio. Ma non di rado le sofferenze più profonde emergono dai conflitti interiori o da un malcelato bisogno di ricerca della propria verità personale.
Un problema fondamentale a questo proposito, afferma Yalom, è quello dell’illusione. Spesso, senza rendercene conto, abbiamo tutto l’interesse a mantenere vive le nostre personalissime illusioni. Sono fonte di “rassicurazione e consolazione”. Naturalmente, una terapia psicologica finalizzata a far emergere la nostra personale verità, non può che avere come obiettivo quello di spezzare le illusioni, indipendentemente dal “prezioso” ruolo che hanno svolto nella nostra vita fino a quel momento.
Si tratta, naturalmente, di un passaggio fondamentale verso una fase di consapevolezza più ampia e più autentica. Abbandonare una raffinata illusione ha però generalmente un elevato prezzo da pagare. Esiste in questo processo un serio problema, facilmente intuibile.
Prima di aiutare una persona a rimuovere un’illusione è necessario valutare, come afferma il celebre psichiatra, “se abbiamo qualcosa da offrire al suo posto”. Una buona terapia psicologica non deve infatti esporre una persona all’impatto con una realtà che non sembra essere in grado di reggere, almeno fino al momento in cui non dimostra con chiarezza di essere pronta ad effettuare questo passaggio.
Per questo, certe illusioni come ad esempio le ideologie fanatiche o determinate forme di superstizione, sembrano essere così resistenti. Hanno lo scopo di impedire l’impatto con qualche tipo di verità che si cerca drammaticamente di evitare.
E’ però giusto non arrendersi di fronte a questo. Le persone meritano una verità, su loro stesse e sulla propria vita. E meritano che il loro psicologo operi nella maniera più attenta, delicata ed efficace per accompagnarle in questo viaggio.
quando sarai dinanzi al dolce raggio
Dante, “Inferno”, canto X, vv. 130-132
di quella il cui bell’occhio tutto vede,
da lei saprai di tua vita il viaggio
Dalle pagine di questo sito dovrebbe apparire evidente il mio interesse verso una psicologia che, assieme all’obiettivo della risoluzione del disagio, possa avere a cuore anche l’esigenza di sviluppo spirituale e di benessere interiore che sempre più persone oggi manifestano.
Le parole di Dante appena citate esprimono con straordinaria luminosità e bellezza quella che a mio avviso dovrebbe essere, almeno per alcune persone, il risultato di una buona terapia psicologica, anche se solo limitatamente ai casi in cui essa assume la natura di viaggio alla ricerca della propria verità psicologica e spirituale.
Ciò che Dante descrive poeticamente può forse essere parafrasato psicologicamente come quel prezioso istante in cui, dopo un sincero lavoro di superamento dei conflitti che intrappolano il nostro Io, ci siamo guadagnati il diritto ad entrare in contatto interiore con “quella il cui bell’occhio tutto vede”.
Questo simbolo si presta con facilità a rappresentare quel prezioso concetto (psicologico, non religioso) di anima, intendendo con essa la natura più autentica e profonda del nostro essere.
Ed è dunque la possibilità di stabilire un contatto interiore con la propria “anima”, ovvero con il proprio Sé Transpersonale (come lo definiva Roberto Assagioli), o più semplicemente di fare esperienza del Sé, come avrebbe detto Carl G. Jung, a fornire indicazioni sul senso e lo scopo del nostro personale viaggio.
Lo scopo della nostra vita, e il senso che possiamo attribuire ad essa, può quindi emergere con maggiore chiarezza quando sentiamo di essere entrati in profonda connessione con noi stessi, al di là delle nostre resistenze e delle nostre illusioni più confortevoli.
In un profondo momento di consapevolezza come quello appena descritto può avere inizio un nuovo viaggio, indipendentemente dalla situazione di vita in cui ci troviamo e persino dall’età che abbiamo. Può avere inizio una reinterpretazione del nostro passato e una nuova attribuzione di senso che ci può accompagnare verso un futuro più consapevole, più creativo e realizzativo.
E credo che questo contatto, questo momento di verità, possa essere, per le persone che mostrano questo tipo di interesse, uno dei segreti per una buona terapia psicologica.
NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Irvin Yalom (2015). Guarire d’amore – Storie di psicoterapia. Raffaello Cortina Editore