Una delle più genuine manifestazioni della bellezza dell’animo umano è probabilmente la capacità di offrire atti di gentilezza in maniera spontanea e disinteressata alle persone attorno a noi. Riesce pertanto difficile rendersi conto dell’enorme numero di persone che in situazioni di questo tipo si sente in difficoltà o in imbarazzo, o che prova addirittura vergogna verso la gentilezza altrui.
In un recente articolo pubblicato su Psychcentral dal titolo “Healing the Shame That Blocks Receiving”, il dott.John Amodeo afferma che è proprio la presenza di un sentimento di vergogna alla base della difficoltà di molte persone nel saper ricevere i frutti della gentilezza altrui.
“Avere bisogno degli altri ci rende deboli”
“La società occidentale” afferma Amodeo, “sembra essere governata da un principio secondo il quale se non siamo indipendenti, ovvero se abbiamo bisogno degli altri, significa che c’è qualcosa che non va in noi“.
Ci comportiamo come se fossimo stati addestrati a mantenere una posizione di “individualismo evitante“, nel timore di essere considerati patetici o deboli qualora ci trovassimo ad ammettere di avere bisogno degli altri. E l’infelice esito di questo atteggiamento difensivo, secondo l’autore, sarebbe proprio la vergogna verso la gentilezza delle persone.
Personalmente, ho spesso notato questo atteggiamento anche in persone estremamente sensibili, abituate a non essere mai oggetto di attenzione o di interesse da parte degli altri. La vergogna potrebbe, in casi come questi, derivare proprio dalla convinzione di non meritare nulla. Queste persone tendono a sentirsi molto più a proprio agio nel dare che nel ricevere. La prima fase del percorso psicologico affrontato assieme a loro deve quindi necessariamente includere una presa di coscienza sull’eventuale presenza di convinzioni limitanti di questo tipo, e un conseguente lavoro di sviluppo di convinzioni più realistiche e funzionali.
Ho avuto modo di osservare questa caratteristica anche in persone con tratti di personalità narcisista, ma in via pressoché esclusiva nel tipo individuato da Khout, definito “narcisista ipervigile” (1). Questo individuo è di norma estremamente suscettibile nei confronti dei comportamenti altrui. Tende ad essere schivo ed evita in tutti i modi di essere al centro dell’attenzione. Anche l’essere destinatario di una gentilezza può dunque far sorgere in lui un sentimento di esposizione ad una potenziale situazione di vulnerabilità e/o di imbarazzo.
Abbiamo tutti vergogna verso la gentilezza?
Naturalmente no. Ci sono addirittura persone che vengono al mondo con la diametralmente opposta convinzione che tutto ruota attorno a loro, e che la gentilezza… la pretendono!
Proviamo vergogna verso la gentilezza altrui solo se siamo caratterizzati da determinati tratti di personalità e/o solamente in determinate circostanze. Se ci rendiamo conto di appartenere a questa casistica, forse le nostre relazioni sociali potrebbero fare un salto di qualità notevole semplicemente riflettendo sui meccanismi alla base di questo atteggiamento.
Anche questo aspetto, alla fine, ha probabilmente a che fare con la fiducia in sé stessi. Le persone sicure di sé tendono ad essere piuttosto equilibrate in situazioni di questo tipo. Sono in grado di ricevere senza vergogna, perché a loro volta sono capaci di donare spontaneamente. Accolgono la gentilezza altrui mostrando gratitudine e sincero interesse, nella consapevolezza che riconoscere il valore di un’offerta spontanea di gentilezza è un dono anche per il cuore di chi l’ha offerta.
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Bibliografia:
(1) Gabbard, G.O. – Psichiatria Psicodinamica – Raffaello Cortina Editore